Il senso più alto (e nobile) della comunicazione
di Bruno Mastroianni,
Tempi, 3 febbraio 2011
Mentre sui giornali si grida, in televisione si litiga e su internet ci si affronta (non solo in Italia: il metodo dei leaks e degli scandali sta diventando una specie di nuovo stile infromativo mondiale) zitto zitto Benedetto XVI ha in tasca la chiave per disinnescare la bomba a orologeria che sembra installata di default su ogni questione.
Ce lo ricordiamo all’indomani dello scoppio del caos pedofilia, dove non si capiva più quando e quanti casi, dove e perché, di chi la colpa? Avrebbe avuto mano facile a mettersi a controbattere punto per punto, lui che prima e meglio degli altri era intervenuto a tempo debito (non come certi strilloni che ci sono arrivati con 10 anni di ritardo). Ebbene il Pontefice decise di non cedere alla polemica ma di rammaricarsi per il male emerso e auspicare penitenza per la Chiesa, senza calcolare le conseguenze mediatiche.
È proprio questo il trucco (se così si può definire), da lui delinato nel recente discorso per la giornata della comunicazioni sociali in cui ha parlato di una «forma rispettosa e discreta di comunicazione, che stimola il cuore e muove la coscienza; una forma che richiama lo stile di Gesù risorto». Di fronte all’abitudine mediatica di tirare fuori da ciascuno il peggio, serve a poco indignarsi o abbandonarsi al teatrino delle azioni-reazioni. Piuttosto ci vuole qualcuno che, con pace di animo, umanità e sostanza, si metta condividere con gli altri ciò che veramente conta. Ricordando a tutti qual’e il senso più alto (e nobile) della comunicazione.
© Copyright Tempi, 3 febbraio 2011 consultabile online anche qui, sul blog di Bruno Mastroianni.
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