giovedì 10 febbraio 2011

Mons. Tobin: la vita consacrata è viva e fiorisce, è una scelta che vale la pena fare (Radio Vaticana)

Mons. Tobin: la vita consacrata è viva e fiorisce, è una scelta che vale la pena fare

Offrite alla società una testimonianza cristiana “luminosa e coerente” mostrando al mondo che la verità è “bellezza”. E’ l’invito lanciato dal Papa ai consacrati il 2 febbraio scorso nella Festa della Presentazione del Signore al Tempio. Ed è un appello accolto in modo particolare dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. A questo proposito Romilda Ferrauto ha chiesto al segretario del dicastero vaticano, mons. Joseph William Tobin, in cosa consista la vita consacrata:

R. – Un esempio che propongo spesso quando la gente mi domanda in cosa consista la vita consacrata è quello di una selva esotica con molte varietà di piante e fiori - alcuni appena nati, altri di una certa età e altri ancora che hanno bisogno di una cura particolare - ma una selva che, nell’insieme, dà respiro, dà ossigeno a tutta la Chiesa. Speriamo che il nostro servizio, il nostro accompagnamento della vita consacrata, aiuti questa varietà di bellezza.

D. – Dall’esterno, in particolare noi giornalisti, raramente vediamo i “fiori”, generalmente vediamo i problemi. Quando si parla di questi ultimi mesi si pensa a delle questioni sensibili e difficili, lei come le vede e che cosa auspica per risolvere i punti che sono più delicati?

R. – Non c’è dubbio che ci siano sfide, anche spinose, di fronte alla vita consacrata oggi, ma bisogna partire dalla vita. La vita consacrata non è un problema, è una vita, e la vita come tale ha problemi, ma ha anche gioie, successi e sconfitte. Quindi, credo che la tentazione dei giornalisti sia anche la nostra tentazione, perché ciò che arriva spesso al dicastero sono i problemi, le difficoltà, le sfide, le incoerenze. Il pericolo è permettere che questa ottica volta ai problemi diventi l’ottica con la quale si capisce la vita consacrata. Questo sarebbe, secondo il mio umile parere, un grande sbaglio. Io ho forse il vantaggio di aver vissuto dodici anni come superiore generale della mia Congregazione, i Missionari Redentoristi, e quindi come superiore generale ho dovuto affrontare alcuni problemi, ma anche vedere le meraviglie che Dio compie ancora, tramite tanti consacrati, nella mia famiglia religiosa. Adesso io ho la gioia di vedere quanto bene fa Dio attraverso la vita consacrata.

D. – La vita consacrata offre un ventaglio di carismi molto vasti. Allora è vero che a volte si ha paura degli estremi, dell’eccesso forse di una certa conservazione, ma anche di progressismo eccessivo. Si pensa ancora, dopo tanti anni, sempre, alla confusione che ci può essere tra opzione preferenziale per i poveri e tutte le polemiche attorno alla teologia della liberazione. Queste questioni sono ancora vive oggi nella vita consacrata e se sì a che punto siamo?

R. – Non credo che le tensioni siano così evidenti, palesi come in passato. Bisogna dire che un’opzione per i poveri sia stata parte della vita consacrata sin dall’inizio, perché è parte della vocazione di Cristo. Cristo al momento di definire la sua missione nella Sinagoga di Nazareth ha citato il profeta Isaia e ha detto: “Lo spirito è su di me e mi ha unto, per portare un lieto messaggio ai poveri”. E parte, nucleo, elemento essenziale della vita consacrata è la sequela di Cristo, di Cristo in tutta la sua ricchezza, senza ridurre l’opzione per i poveri, il nostro desiderio di seguire Cristo povero ad una teoria politica, perché non è così: è piuttosto una risposta evangelica ad una realtà che è sempre presente. Credo che oggi noi religiosi e religiose ci impegniamo a promuovere i valori della solidarietà, della condivisione, della giustizia, sempre in sintonia con i pastori, con la tradizione ricchissima della nostra Chiesa.

D. – 22 anni dopo la caduta del muro di Berlino e dei regimi comunisti, è ancora necessario oggi, nella vita religiosa, distinguere bene l’opzione preferenziale per i poveri, che è un’attenzione naturale di ogni cristiano, in particolare di ogni religioso, e i rischi di manipolazione ideologica e politica. E’ ancora necessario, secondo lei, oggi?

R. – Sì, credo che il vero nemico della vita consacrata non sia una riduzione numerica, ma piuttosto la mediocrità del cercare una vita facile. Quindi, la vita consacrata si sforza di rispondere ad un mondo dove ci sono ancora ingiustizie e oppressione dei poveri, cercando di agire sempre come membri della Chiesa e non come un’avanguardia staccata dalla Chiesa. Credo che in questo senso la Chiesa ci aiuti, perché il Venerabile, fra poco Beato, Giovanni Paolo II, 25 anni fa ha pubblicato un’Istruzione per aiutarci a capire bene in che consiste la teologia della liberazione, compresa come risposta evangelica. Quindi, lei ha ragione, la sfida c’è e non è sempre facile, ma abbiamo anche la luce del Vangelo e il magistero della Chiesa nostra madre.

D. – La sfida è soprattutto in America Latina, in altri continenti c’è meno...

R. – No, c’è dappertutto, anche qui a Roma. Roma è una città bellissima, ma come abbiamo visto domenica scorsa, con la tragedia di questo incendio in cui sono morti quattro fratellini rom, ci sono ancora delle incoerenze in questa società opulenta. Noi religiosi allora quando sentiamo notizie come questa tragedia, cerchiamo nel nostro cuore la risposta evangelica dei poveri, che è sempre con noi.

D. – C’è qualcosa che vorrebbe aggiungere?

R. – Vorrei dire che la vita consacrata è viva e fiorisce e dire ai giovani che è una scelta di vita che vale la pena fare. (ap)

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1 commento:

Anonimo ha detto...

Mons. Muller, come noto, non si lascia intimidire dai media.

La Corte federale di Amburgo condanna lo Spiegel a cessare ogni diffamazione della Diocesi di Ratisbona (aveva insinuato un tentativo di insabbiamento)

http://eponymousflower.blogspot.com/2011/01/diocese-of-regensburg-wins-case-with.html

Alberto