Rinviato il testo Ue sulla libertà religiosa. Cardia: paura di pronunciare la parola "cristiani"
I ministri degli Esteri dell’Unione Europea non sono riusciti ieri pomeriggio a trovare un accordo sul testo sulla libertà religiosa, pertanto hanno deciso di rinviare la questione. La bozza originaria non faceva riferimento né a cristiani né a Paesi in particolare. Il rinvio sarebbe stato chiesto da Italia e Francia. Il 7 gennaio scorso il ministro italiano Frattini aveva inviato all'Alto rappresentante Ue per la politica estera, Catherine Ashton, una lettera co-firmata dai ministri degli Esteri francese, Alliot-Marie, polacco Sikorski, e ungherese Martonyi, per chiedere che la questione venisse iscritta all'ordine del giorno della riunione di ieri. Ricordiamo che nella sua ultima sessione, il 20 gennaio, il Parlamento Europeo ha votato una Risoluzione che condanna espressamente le persecuzioni contro i cristiani e difende il principio di libertà religiosa. Dunque il Parlamento, espressione diretta del popolo, si è spinto dove i ministri degli Esteri sembra non riescano ad arrivare. Fausta Speranza ha chiesto una riflessione al giurista prof. Carlo Cardia:
R. - Anzitutto la fatica che si è dovuta fare per arrivare a questo documento. Quando, da tempo, le persecuzioni nei confronti dei cristiani, in diverse parti del mondo, sono note a tutti, con una loro specificità. Denota debolezza dell’Europa, come d’altra parte è debole su tante altre questioni relative ai diritti umani. Il secondo profilo di riflessione è che mentre noi abbiamo avuto le posizioni limpide da parte del Parlamento europeo, quando si va al livello del Consiglio dei Ministri, assistiamo ad un’altalena che francamente da una parte non si comprende - anche perché il Consiglio dei Ministri dovrebbe essere, non dico un esecutore, ma certo fedele a quelli che sono stati i pronunciamenti del Parlamento - però, oltre a questo, quest’altalena indica una debolezza nella stessa presa di posizione, quasi una paura, quasi un timore.
D. - Professor Cardia, è sicuramente una mancanza di forza politica, ma è anche una strisciante diffidenza nei confronti delle questioni che hanno questo termine: “cristiani”, è così?
R. - Se uno pone l’attenzione ad altri fatti precedenti relativi alla famosa questione delle radici cristiane, ad altri documenti dove si parla dell’esigenza di tutela di certi valori cristiani, non c’è dubbio che quando compare questa parola, che ha una tradizione fortissima in Europa e nel mondo, si assiste a questa debolezza, si assiste a questa incertezza, quasi ad aver paura di pronunciare la parola. Quindi è qualche cosa che viene da lontano quello che sta accadendo in questi giorni, proprio quando si era riusciti finalmente ad arrivare ad un approdo positivo.
D. - Che idea si è fatto di questa diffidenza, di questo timore di sbilanciarsi su valori poi, come quelli cristiani, che promuovono solidarietà, pace e che dovrebbero essere del tutto in linea con i principi basilari dell’Unione Europea?
R. - Io ho due impressioni. Una è molto netta: che non vi è convinzione su quelli che sono i nostri valori fondamentali, tale da portarli avanti, difenderli in ogni parte del mondo, in ogni momento in cui questo è necessario, con la dovuta chiarezza. Questa è la prima impressione, però ne ho un’altra che sarebbe più grave, più seria, se fosse fondata: il documento del Parlamento europeo non era generico, impegnava anche gli Stati ad avere o non avere certi atteggiamenti nei confronti dei Paesi in cui avvengono queste persecuzioni. Gli Stati s’impegnavano a non fare accordi commerciali, a non dare aiuti, a non sostenere quei Paesi i cui Governi non sono fermi nella tutela dei cristiani e naturalmente di tutti i credenti. Io non vorrei che questa debolezza, questa incertezza, questa che - se dovesse passare la linea di non mettere la parola “cristiani” - è ignavia, fosse propedeutica ad un’altra cosa, che quegli impegni poi diventano generici e corrono il rischio di non essere mantenuti.
D. - Dunque, in sostanza, gli interessi commerciali prevarrebbero su altri temi?
R. - Ho questa preoccupazione. Speriamo che non sia vera!
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2 commenti:
O vi piaccia o no questi sono anche i frutti del Concilio vaticano II. I frutti di Assisi 1986.
Ormai siamo destinati ad essere una minoranza ceativa al prezzo del sangue.Piaccia o no ai monsignori e letterati cattolici sociali, catto progressisti, che cercano di trovare del bene dapertuto. ( forse ci sarà) L'indottrinamento che viene dato ai nostri giovani nelle scuole ( e ne parlo per esperienza diretta) dai cosidetti prof di religione cattolica è fondato sul principio che tute le religioni sono giuste, che la nostra è una delle tante,, che soloil crimine contro gli ebrei è da ritenersi "la vergogna" dell'umanità. , chje la Turchia deve entrare in Europa, etccccc. ........Di cosa dunque si meravigliano MOns Fisichella e il Ministro Frattini?
La realtà, che molti non voglio ammettere, è che la difesa della fede cattolica, in buona sostanza, non interessa, in pratica, ad alcun governo europeo. I Paesi che per ora si sono timidamente mossi:Italia, Francia, Germania, Ungheria, Polonia?, lo fanno soprattutto perché tirati per i vestiti dal Papa e dal Vaticano, ma senza troppa convinzione. Gli altri Paesi se ne fregano. Tutti quanti, chi più, chi meno, non vogliono "indisporre", con affermazioni pregnanti (sul cristianesimo) i turbolenti paesi islamici, produttori di petrolio e afflitti da nichilismo ideologico iper-distruttivo, di sè e degli altri.
Dunque, quand'anche ne uscisse qualche pronunciamento, a beneficio dei richiami al cristianesimo, nella scia dei desiderata della Chiesa, nulla cambierà nella sostanza, perché saranno dichiarazioni di "pura circostanza", senza sostanziale seguito. La realtà è molto semplice: in questa epoca fortemente "incredula nel trascedente" i governanti (e buona parte dei governati) non provano alcun bisogno di "difendere i valori cristiani". Se talvolta fanno dichiarazioni in tal senso, ciò avviene per pura opportunità politica od elettorale. Nulla di più. il motto è semoplice: Quieta, non movere". Meglio il petrolio della fede in un Dio che il materialismo ideologico, tipico di molti politici europei, fatica ad introiettare.
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