giovedì 24 febbraio 2011

Se l’inglese poco conciliare del nuovo Messale fa litigare il clero inglese (Rodari)

Se l’inglese poco conciliare del nuovo Messale fa litigare il clero inglese

Paolo Rodari

La nuova traduzione inglese del Messale – entrerà in vigore per volere del Papa il prossimo settembre – spacca in due il cuore della chiesa cattolica di lingua inglese. Sono le anime più liberal ad accusare il Vaticano di aver voluto una traduzione di parte, un testo fedele ai voleri della chiesa più tradizionalista. Vox Clara, il comitato di vigilanza che ha sovrinteso ai lavori di traduzione, è accusato di aver favorito una stesura troppo dissonante rispetto al testo usato dopo il Vaticano II, una traduzione che segue “in modo pedissequamente letterale” il testo latino, con una sintassi “involuta” ed espressioni “elitarie” difficilmente comprensibili dai fedeli.
Cassa di risonanza delle proteste sono diversi media cattolici. Tra questi la rivista The Tablet che nell’ultimo numero ha pubblicato la lettera del benedettino Antony Ruff indirizzata ai vescovi degli Stati Uniti. Ruff, dell’abbazia di Saint John a Collegeville in Minnesota, era fino a poco tempo fa a capo della divisione musica per la traduzione del Messale.
Nella lettera annuncia il suo ritiro da ogni impegno di promozione del Messale, perché “sono convinto che i vescovi vogliono un oratore che sappia mettere in luce positiva il nuovo Messale, ma ciò richiederebbe per me fare delle affermazioni che non condivido”. Oltre a quello di Ruff, altri pareri negativi: un prete di Collegeville aveva chiesto tempo fa al suo vescovo cosa pensasse della traduzione. Risposta: “Credo proprio che sarà un disastro”. Scrive The Tablet: “Ai cristiani cattolici viene richiesta l’obbedienza ai loro vescovi, ma quando i membri della chiesa sono costretti ad accettare ciò che non vogliono, è necessario che sappiano almeno che tutto ciò viene da un luogo ricolmo di Spirito Santo”. Se questo luogo non c’è occorre che ricolmi di Spirito Santo siano almeno “i nostri superiori”. Solo “una leadership di questo tipo può permetterci di crescere e cambiare attraverso la scomodità. In sua assenza, l’obbedienza dei cristiani potrebbe degenerare verso uno stadio di immaturità e di non responsabilità”.
Qualche mese fa il comitato Vox Clara è stato ricevuto dal Papa.
Poco dopo ha diramato un comunicato in cui esprime “soddisfazione per l’accoglienza che il completamento della nuova traduzione del Messale ha ricevuto in tutto il mondo di lingua inglese”.
Anche secondo The Catholic Herald le autorità della chiesa in Inghilterra e Galles “non si aspettano resistenze alla nuova traduzione del Messale”. E, infatti, è stato il segretario in qualità di rappresentante della commissione liturgica dei vescovi a dire: “Ci sono persone che lo apprezzano e altre no e alcune che non ne sono sicure. Ma io sono convinto che tutto il clero sia un gruppo di persone abbastanza pragmatico alla fine”. Sulla pragmaticità degli inglesi e della chiesa inglese tutti sono pronti a scommettere. Ma di certo la battaglia sul testo è destinata a continuare anche oltre il prossimo mese di settembre.

Pubblicato sul Foglio giovedì 24 febbraio 2011

© Copyright Il Foglio, 24 febbraio 2011 consultabile online anche qui, sul blog di Rodari.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma cos'ha di così brutto questa nuova traduzione del Messale da far litigare il clero inglese? Qualcuno sa spiegarmelo?
Sonia

Anonimo ha detto...

@Sonia

da quanto ho capito io, si tratta di una traduzione che riprende elementi linguistici arcaici: thou invece di you ad esempio; dovrebbe essere più fedele al testo latino.
Forse questo post di padre Z ti può aiutare:
http://wdtprs.com/blog/2009/06/his-hermeneuticalness-on-the-upcoming-new-icel-translation/

Naturalmente la polemica è solo pretestuosa: non è andata giù che a decidere sia stata Roma.

Forse avrebbero preferito un linguaggio più moderno, come quello di un libro che vidi in una libreria delle Paoline, il quale mi scandalizzò parecchio: dal giorno non entro più dalle Paoline.

http://www.ibs.it/code/9788831527040/lasconi-tonino/gesu-grande-laquo;rompi.html

Jacu

Anonimo ha detto...

commento cancellato?

Jacu

Anonimo ha detto...

Ma sinceramente che siano arrabbiati perchè a decidere a Roma o meno, anche io non vorrei in italia un messale con un italiano arcaico ... vorrei vedere in quanti sarebbe felici di leggere il Vangelo con la lingua di Dante. Ma per piacere!!

Anonimo ha detto...

Non conosco i motivi delle proteste. Ma forse questo articolo può chiarire qualche aspetto delle traduzioni.
Testo tratto da G. Boselli, Le traduzioni liturgiche al servizio di un’ermeneutica del mistero celebrato, in “Rivista Liturgica”(2010), pp.396-397: "L’esigenza di una traduzione fedele al latino non esclude un’altra esigenza altrettanto decisiva: la necessità in certi casi di una traduzione correttiva. La richiesta di una maggiore fedeltà al testo latino non può essere infatti un valore assoluto e incondizionato. La traduzione liturgica non è solo un atto linguistico ma è anche un autentico atto teologico, nella misura in cui è atto di tradere ossia di trasmette la fede contenuta ed espressa nei testi, per questo i traduttori dei testi liturgici non possono essere teologicamente neutrali e acritici. Si può costare come nella traduzione del messale di Paolo VI nelle principali lingue europee si sia optato, in alcuni casi, per una traduzione correttiva, operando così un discernimento nei confronti della editio typica e contribuendo in modo puntuale alla trasmissione della fede. L’esempio che propongo, tra altri possibili, è la traduzione della formula con la quale l’orante domanda a Dio di accettare l’offerta, definendo l’offerta del sacrificio eucaristico come sacrificium placationis, ossia un sacrificio propiziatorio che ha come scopo quello di placare la giustizia di Dio. Questa teoria medioevale della soddisfazione per la quale Gesù è morto in croce per placare la collera divina causata dal peccato dell’uomo, è espressa nel messale latino con formule quali “perfecta placatio”, “hostia placationis”, “placatus intende”, ecc. Ci basti qui soffermarci sulla traduzione dell’epiclesi sui comunicandi della preghiera eucaristica III che recita: “Agnoscens Hostiam, cuius evoluisti immolatione placari”[1]. Il messale italiano traduce: “Riconosci nell’offerta della tua Chiesa, la vittima immolata per la nostra redenzione”[2]. Se il testo latino dell’anafora fosse stato tradotto integre et fideliter, l’orante pregherebbe il Padre dicendo: “Riconosci nell’offerta della tua Chiesa la vittima della quale tu stesso hai voluto l’immolazione per essere placato”. Nella versione italiana prega invece perché riconosca nell’offerta della Chiesa “la vittima immolata per la nostra redenzione”. Oltre all’italiano anche nei messali inglese, tedesco e portoghese l’espressione “voluisti immolatione placari” è stata tradotta ricorrendo al concetto di riconciliazione[3], in quello spagnolo di amicizia[4], mentre il francese utilizza l’idea del ristabilire l’alleanza[5]. In questo modo, i messali romani nelle principali lingue europee correggono il testo latino sostituendo i concetti teologici di soddisfazione e di placatio con le nozioni bibliche di riconciliazione, redenzione e ristabilimento dell’alleanza e amicizia con Dio. Attraverso la traduzione correttiva del testo latino, la liturgia fa proprie le acquisizioni della soteriologia contemporanea che, ritornando alle fonti bibliche e patristiche, ha definitivamente superato la teologia medioevale della placatio. La traduzione correttiva adottata dai
questi messali non è dunque questione di inculturazione della fede, ma di autenticità della fede, e in fondo sia un modo di salvaguardare il principio lex orandi lex credendi. Nella sua liturgia la Chiesa non può pregare ciò che non crede, e nel caso specifico della dottrina della placatio Dei non può pregare ancora ciò che a livello magisteriale non insegna più."
Scusate per eventuali errori di trascrizione. go

Anonimo ha detto...

Grazie e tutti per le risposte.
Sonia