domenica 15 maggio 2011

Benedetto XVI regala una lezione di teologia del corpo, che parte dall'esempio dei nudi di Michelangelo e arriva ai giorni nostri (Gagliarducci)

«Il sesso non sia solo emotività»

Andrea Gargliarducci

Metà Cinquecento. Paolo Veronese è chiamato davanti all'Inquisizione.
Lo accusano di aver dipinto figure inappropriate intorno all'Ultima Cena. Il pittore replica: "Ma anche nella Cappella Sistina sono dipinte figure inappropriate". Ma l'inquisitore non è d'accordo. "Non sai che in queste figure non vi è cosa se non di spirito", replica.
È Benedetto XVI a raccontare questo episodio durante l'udienza data ai partecipanti del convegno organizzato per il XXX dell'Istituto della Famiglia. C'è una coincidenza curiosa. Esattamente 30 anni fa, il 13 maggio 1981, Giovanni Paolo II, dopo l'udienza del mercoledì doveva andare proprio ad inaugurare il Pontificio Istituto della Famiglia. Non ci andrà mai, perché sarà colpito in piazza San Pietro dalle pallottole di Alì Agcà.
Benedetto XVI omaggia il suo predecessore, ne ricorda l'attentato. Ma soprattutto, regala una lezione di teologia del corpo, che parte dall'esempio dei nudi di Michelangelo e arriva ai giorni nostri. Una lezione con la quale fa un altro nodo al filo rosso che lo lega all'«amato predecessore».
Polonia, anni Sessanta. Sotto il regime comunista, Karol Wojtyla porta i suoi giovani in gita sui Monti Tatra, o verso i laghi Masuri. Non veste da prete, si fa chiamare zio. E parla con loro anche di amore e sessualità. La chiama "teologia del corpo". Da quelli incontri scaturirà un libro, "Amore e responsabilità".
È una traccia seguita anche da Benedetto XVI, e inizia parlando dell'affermazione dell'inquisitore sui nudi della Sistina.
«Da moderni - dice - facciamo fatica a capire queste parole, perché il corpo ci appare come materia inerte, pesante, opposta alla conoscenza e alla libertà proprie dello spirito. Ma i corpi dipinti da Michelangelo sono abitati da luce, vita, splendore. Voleva mostrare così che i nostri corpi nascondono un mistero. In essi lo spirito si manifesta e opera. Sono chiamati ad essere corpi spirituali, come dice san Paolo».
Ma che cosa è il corpo? «Il corpo - risponde Ratzinger - è il posto dove lo spirito può abitare». È una riflessione strettamente connessa con l'essere figli di Dio. «Possiamo affermare - afferma il Papa - che il corpo, nel rivelarci l'Origine, porta in sé un significato filiale, perché ci ricorda la nostra generazione, che attinge, tramite i nostri genitori che ci hanno trasmesso la vita, a Dio Creatore. Solo quando riconosce l'amore originario che gli ha dato la vita, l'uomo può accettare se stesso, può riconciliarsi con la natura e con il mondo». Adamo ed Eva vivono anche l'amore fisico, il continuo donarsi l'uno all'altro. E questo donarsi è una nuova creazione, rappresenta un amore continuamente ri-creato.
La sessualità non è vista negativamente, ma è un dono. «Il vero fascino della sessualità - dice Benedetto XVI - nasce dalla grandezza di questo orizzonte che schiude: la bellezza integrale, l'universo dell'altra persona e del "noi" che nasce nell'unione, la promessa di comunione che vi si nasconde, la fecondità nuova, il cammino che l'amore apre verso Dio, fonte dell'amore. L'unione in una sola carne si fa allora unione di tutta la vita, finché uomo e donna diventano anche un solo spirito. Si apre così un cammino in cui il corpo ci insegna il valore del tempo, della lenta maturazione nell'amore. In questa luce, la virtù della castità riceve nuovo senso». Il senso è quello di un cammino fatto insieme verso la pienezza. Lo sottolinea Benedetto XVI: non è un no alla sessualità, ma un sì alla gioia di donarsi in piena consapevolezza.
Di fronte alle accuse di essere la "Chiesa dei no" e della repressione sessuale, Ratzinger contrappone una sessualità vista nella dimensione trascendente. Una dimensione che riscopre il valore della famiglia, che scopre la gioia di ri-creare la vita.
Ed è qui che si torna al tema sempre presente nella teologia di Benedetto XVI: se si perde la bussola fornita dall'essere credenti, se non si crede in Dio, tutto si perde. Non credere che è nel corpo che abita l'anima porta al linguaggio negativo del corpo, alla violenza, l'oppressione, la repressione. «Quando lo si stacca dal suo senso filiale - spiega il Papa - dalla sua connessione con il Creatore, il corpo si ribella contro l'uomo, perde la sua capacità di far trasparire la comunione e diventa terreno di appropriazione dell'altro. Non è forse questo il dramma della sessualità, che oggi rimane rinchiusa nel cerchio ristretto del proprio corpo e nell'emotività, ma che in realtà può compiersi solo nella chiamata a qualcosa di più grande?».

© Copyright La Sicilia, 14 maggio 2011

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