Benvenuto Papa, aspettiamo un grande messaggio
La storica visita in Veneto di Benedetto XVI in un momento cruciale per la società
di Antonello Francica
VENEZIA. Benvenuto, Papa Benedetto XVI. Benvenuto nel Nordest, terra di miracoli
economici e di «prove» di futuro; e benvenuto a Venezia, città da sempre aperta al mondo e da sempre abituata al confronto, al mescolamento di razze e culture, al meticciato di usi e costumi, e per questo forse già assimilabile all'idea di società plurale cara al Patriarca Angelo Scola. Forse non c'è davvero posto migliore di questo per piantare le radici di un progetto di società nuova, capace di trasmettere l'energia giusta perché il domani appaia meno conflittuale e meno isterico di quel che oggi viviamo.
Cristianamente si potrebbe parlare di speranza; ma, su un piano più prosaico, il viaggio del Papa ad Aquileia e a Venezia, dove un Pontefice torna per la prima volta a distanza di oltre un quarto di secolo, assume un carattere intensamente educativo, da non confinare alla sfera dei credenti, anche se non va ovviamente messa in secondo piano la sua essenza religiosa.
Perché è proprio qui, in quest'area macroeconomica bastione del quarto capitalismo e della resistenza alla crisi, che oggi si intrecciano in modo più evidente che altrove le asperità del mondo contemporaneo, con la terribile riduzione delle offerte di lavoro e la contestuale, disperata crescita della domanda da parte dei giovani, dei precari, degli operai e delle loro famiglie; e - non ultimo - degli immigrati che bussano alle nostre porte per dare una svolta alle loro vite di persone affamate di libertà, di benessere e di rispetto.
Quale occasione migliore, allora, per proiettare nuovi fasci di luce su questo mondo ferito? Benedetto XVI ha sempre dedicato grande attenzione al lavoro, alla famiglia, al welfare, fattori che in questa delicatissima fase storica hanno bisogno di respiro, di aria fresca. E per fare un salto deciso verso orizzonti meno tristi degli attuali, questa società frantumata («mucillagine», la definì anni fa il sociologo Giuseppe De Rita) avrebbe bisogno di indirizzi chiari e di una forte scossa capace di rianimarla e di spronarla.
Se il viaggio di Ratzinger trae spunto dal secondo convegno ecclesiale di Aquilea, che si svolgerà nell'aprile 2012, pensare ad un grande messaggio è forse lecito. Da Aquileia, «luogo di nascita» delle chiese del Nordest, come puntualizza il Patriarcato, partì e si diffuse il primo annuncio della fede cristiana ad opera dell'evangelista Marco, patrono di Venezia e ricordato da Ratzinger proprio il 25 aprile per annunciare il suo imminente arrivo in laguna. Un accenno, quello del Papa, che sembrava «nascondere» una certa ansia di arrivare a Venezia, come volesse anticipare qualcosa di importante. Importante, in primo luogo, è il suo arrivo ed importante è il fatto che il Patriarcato sia riuscito ad assicurarsi la presenza del Papa a Venezia e nel Nordest («un dono», secondo l'interpretazione
del Cardinal Angelo Scola).
Centinaia di migliaia di persone domenica accorerranno nel parco di S.Giuliano a Mestre per ascoltare le parole che Benedetto XVI rivolgerà al Veneto e a tutto il Nordest. Perché, come avvenuto con Marco, non poter pensare ad una tappa storica? Lo sarà di sicuro per i fedeli, ma potrebbe esserlo anche per l'intera società e soprattutto per chi, in questo momento, ha la responsabilità di guidarla, cioè la classe politica dirigente e non solo. Ma, c'è da aggiungere, a quella categoria di cui parlava Dharendorf rivendicando il diritto dei cittadini alla «buona politica». Benvenuto, Papa Ratzinger.
© Copyright La Nuova Venezia, 6 maggio 2011 consultabile online anche qui.
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