venerdì 6 maggio 2011

Fede e cultura ad Aquileia si guardavano negli occhi (Fabrizio Bisconti)

Naturale punto d'incontro tra oriente e occidente agli albori del medioevo

Fede e cultura ad Aquileia si guardavano negli occhi

di Fabrizio Bisconti

Fondata per iniziativa del senato romano nel 181 prima dell'era cristiana, la città di Aquileia, che derivava presumibilmente la denominazione dall'Akylis, il fiume Natisone -- il cui bacino confluiva allora nel Natissa che collegava la città adriatica al mare -- divenne il centro di diversi vici (come Gemona, San Canzian d'Isonzo, Fons Timani e Grado) e mansiones (come Forum Iulii, poi Cividale, Iulium Carnicum, poi Zuglio, Concordia Sagittaria e Tergeste, attuale Trieste).
Da Aquileia si irradiavano diverse strade per l'Occidente (via Postumia, via Annia) e per l'Oriente (via Gemina) assurgendo a nodo strategico di smistamento commerciale e di cerniera politica, divenendo il capoluogo della decima regione Venetia et Histria e ottenendo la cittadinanza romana, in quanto municipium, sin dall'anno 89 antecedente l'era cristiana, con una articolazione etnica assai ricca di indigeni, veneti, celti, illiri, etruschi; ma anche greci, siriani, egiziani, cirenei, galli. Tutte queste componenti produssero una varietà di attività professionali relative alla lavorazione dei metalli, del legname, dei tessuti, della terracotta, della ceramica, delle pietre preziose, delle gemme. Per quanto attiene la religione, il ricco pantheon locale, dal quale emergono il dio Beleno di presumibile origine gallo-carnica e la divinità legata alla fonte di Timano, fu allargato per abbracciare i culti orientali di Iside e Serapide e, quello particolarmente fortunato di Mitra.
Aquileia divenne presto una città ricca, con una borghesia dall'alto potenziale economico, che viveva tranquilla, finché nel 238, non accaddero gravi fatti bellici, in seguito all'avanzata di Massimino il Trace, che assediò la prestigiosa città alto adriatica. La città si difese strenuamente, tanto che gli stessi soldati di Massimino si sollevarono, uccidendo il loro condottiero e il figlio Massimo. Aquileia, nonostante i gravi danni subiti, si risollevò ben presto, anche perché Diocleziano stesso si preoccupò di ricostruirla, mentre Costantino ridefinì l'assetto urbano, affidando nuovo impulso alla città che, secondo Ausonio, era diventata la nona città dell'impero. Molti imperatori legarono il loro nome alla «perla» dell'Adriatico: da Gallieno (260-268) a Claudio ii (268), che cacciarono gli Alemanni; da Diocleziano a Massimiano che vi soggiornarono tra il 303 e il 304, durante l'ultima, sanguinosa, persecuzione contro i cristiani. Costantino fu più volte ad Aquileia e qui si sposò con Fausta, figlia di Massimiano (307), in uno splendido palazzo, oggi perduto, mentre Costantino ii vi trovò la morte nel 339 e Giuliano l'Apostata fu sconfitto dagli aquileiesi, fedeli a Costanzo. Negli anni Novanta del iv secolo gli imperatori soggiornarono nella città, a cominciare da Valentiniano ii e Giustina, e già nel 381 Graziano vi aveva convocato un concilio per trattare il delicato problema ariano, che aveva trovato nelle terre che gravitavano attorno al centro lagunare gli ultimi violenti focolai.
Per quanto attiene la diffusione del cristianesimo ad Aquileia e nel territorio circostante, dobbiamo pensare a una comunità che si formò precocemente, come dimostrano i ritrovamenti archeologici e la cronotassi episcopale, dalla quale emerge Teodoro, vescovo tra il 308 e il 319, che firma gli atti del concilio di Arles del 314.
Ebbene, proprio durante il suo episcopato fu eretta la basilica a tripla aula, quasi completamente interessata da mosaici pavimentali, che trattano argomenti iconografici di genere, ma anche la storia di Giona e la parabola della pecorella smarrita. Questi ultimi due temi, presenti nell'aula meridionale del complesso teodoriano, documentano l'introduzione della grande materia salvifica cristiana in un ambiente consacrato, presumibilmente, alla catechesi, mentre l'altra aula parallela, doveva essere riservata alla sinassi eucaristica. L'ambiente di raccordo, privo di mosaici pavimentali, era forse destinato al sacramento della confermazione, mentre al centro del complesso è emerso dagli scavi un piccolo battistero ellittico. Il grande organismo architettonico si presenta come una domus ecclesiae amplificata e organizzata come un'insula episcopalis, tra le più antiche del mondo cristiano.
La comunità cristiana aquileiese diviene punto irrinunciabile di riferimento per il pensiero patristico, come dimostrano, nel iv secolo, l'attività letteraria di Cromazio e di Rufino e la presenza del vescovo Atanasio di Alessandria almeno nel 345. Per quanto attiene i martiri aquileiesi sono ben documentati i culti dei santi Canzio, Canziano, Canzianella e Proto, sepolti alle Aquae Gradatae, in corrispondenza dell'attuale San Canzian d'Isonzo. Ma molta devozione fu rivolta, fin dal iv secolo, anche ai santi Felice e Fortunato, come documentano alcuni sermoni di Cromazio e una basilica, innalzata agli esordi del v secolo, nell'area sud-orientale della città. Il cristianesimo aquileiese si diffuse in maniera esponenziale tra il iv e il v secolo, diventando, come si diceva, luogo di incontro di fede e cultura, tra le due partes dell'impero, come suggerisce emblematicamente la splendida scultura che vede i principi degli apostoli abbracciarsi, in un suggestivo «faccia a faccia» che vuole manifestare l'unità della chiesa ex gentibus e della chiesa ex circumcisione, alla fine del iv secolo, in perfetta coerenza con il pensiero religioso del tempo, che tende a stemperare gli scontri dovuti all'affaire ariano e poco prima degli attacchi dei barbari e, segnatamente, di quelli del 401-402 e del 408 da parte di Alarico e di quello, ben più grave, del 452, quando la città fu colpita dall'assedio degli Unni di Attila.

(©L'Osservatore Romano 7 maggio 2011)

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