venerdì 13 maggio 2011

I vescovi debbono una “generosa accoglienza” ai sacerdoti e ai fedeli che chiedono di usufruire della possibilita’ di celebrare con il messale precedente alla riforma liturgica, accordata dal Papa con il Motu proprio “Summorum Pontificum” (Izzo)

MESSA IN LATINO: S.SEDE, VESCOVI DEBBONO GENEROSA ACCOGLIENZA

Salvatore Izzo

(AGI) – CdV, 13 apr. -

I vescovi debbono una “generosa accoglienza” ai sacerdoti e ai fedeli che chiedono di usufruire della possibilita’ di celebrare con il messale precedente alla riforma liturgica, accordata dal Papa con il Motu proprio “Summorum Pontificum” del 7 luglio 2007. Lo raccomanda una Istruzione della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei”, l’organismo al quale compete di vigilare sull’osservanza e l’applicazione del Motu proprio. A testimoniare che sia questo lo spirito delle nuove norme – ed a smentire il timore dei tradizionalisti che fosse invece in arrivo un ‘dietro front’ rispetto all’apertura del 2007 – in particolare e’ la precisazione contenuta nella nuova Istruzione che il “gruppo stabile” dei fedeli necessario a che il parroco conceda il rito “non deve essere necessariamente costituito da costituito da persone appartenenti a una sola parrocchia, ma puo’ risultare da persone che confluiscono da diverse parrocchie o addirittura da diverse diocesi”. Ma, soprattutto, il documento pubblicato oggi ribadisce il principio fondamentale che la liberalizzazione dell’uso del messale antico su richiesta di un gruppo stabile di fedeli prevede la convivenza di “due forme della Liturgia Romana, definite rispettivamente ordinaria e extraordinaria: si tratta di due usi dell’unico Rito romano, che si pongono uno accanto all’altro”. “L’una e l’altra forma – si legge nel testo – sono espressione della stessa ‘lex orandi’ della Chiesa”. La Santa Sede riafferma inoltre esplicitamente che “per il suo uso venerabile e antico, la forma extraordinaria deve essere conservata con il debito onore” e chiarisce in modo definitivo che il Motu proprio era stato emanato “per offrire a tutti i fedeli la Liturgia Romana nell’uso piu’ antico, considerata tesoro prezioso da conservare, per garantire e assicurare realmente, a quanti lo domandano, l’uso della forma extraordinaria, e per favorire la riconciliazione in seno alla Chiesa”.
Il documento, articolato in 23 punti, e’ stato approvato personalmente da Benedetto XVI ed e’ firmato dal cardinale Joseph William Levada, attuale prefetto della Congregazione della dottrina della fede e presidente della Ecclesia Dei. La normativa, precisa una nota della Sala Stampa della Santa Sede, e’ stata emanata “con l’animo di garantire la corretta interpretazione e la retta applicazione” del Motu proprio. La nota afferma che “era naturale che alla legge seguisse l’Istruzione sulla sua applicazione”. In merito, la Sala Stampa ricorda che nel luglio del 2007, pubblicando il Motu proprio, Papa Ratzinger si era impegnato con una lettera ai vescovi di tutto il mondo ad una verifica della sua applicazione “tre anni dopo l’entrata in vigore” assicurando che “se veramente fossero venute alla luce serie difficolta’”, si sarebbero “cercate vie per trovare rimedio”. “L’Istruzione – dunque – porta in se’ anche il frutto della verifica triennale dell’applicazione della legge, che era stata prevista fin dall’inizio”.
L’Istruzione ricorda i compiti e i poteri della Commissione “Ecclesia Dei”, a cui il Papa “ha conferito potesta’ ordinaria vicaria” nella materia. Cio’ significa che essa puo’ decidere sui ricorsi che le vengano presentati contro eventuali provvedimenti di vescovi o altri ordinari, che sembrino in contrasto con le disposizioni del Motu proprio, ferma restando la possibilita’ di impugnare ulteriormente le decisioni della Commissione stessa presso il Tribunale supremo della Segnatura Apostolica. Inoltre, spetta alla Commissione, con l’approvazione della Congregazione per il Culto Divino, curare l’eventuale edizione dei testi liturgici per la forma extraordinaria del Rito romano (nel seguito del documento si auspica, ad esempio, l’inserimento di nuovi santi e di nuovi prefazi). L’Istruzione poi ribadisce anche la competenza dei vescovi diocesani per l’attuazione del Motu proprio, che dunque non sono esclusi dalla applicazione delle norme del 2007, come poteva sembrare per il fatto che a concedere l’uso del rito straordinario basta il parroco. Ma resta stabilito che “in caso di controversia circa la celebrazione nella forma extraordinaria giudichera’ la Commissione Ecclesia Dei”. E’ chiarito esplicitamente anche che i fedeli richiedenti la celebrazione in forma extraordinaria “non devono in alcun modo sostenere o appartenere a gruppi che si manifestino contrari alla validita’ o legittimita’ della forma ordinaria” e/o all’autorita’ del Papa come Pastore Supremo della Chiesa universale. “Cio’ – spiega la Sala Stampa – sarebbe infatti in palese contraddizione con la finalita’ di ‘riconciliazione’ del Motu proprio stesso”. Importanti precisazioni riguardano il “sacerdote idoneo” alla celebrazione in forma extraordinaria che “non deve avere impedimenti dal punto di vista canonico” e “deve conoscere sufficientemente bene il latino e il rito da celebrare”. “Si incoraggiano percio’ i vescovi – spiega la nota – a rendere possibile nei seminari una formazione adeguata a tal fine, e si indica la possibilita’ di ricorrere, se mancano altri sacerdoti idonei, alla collaborazione dei sacerdoti degli Istituti eretti dalla Commissione Ecclesia Dei”, ad esempio la Fraternita’ San Pietro e i francescani dell’Immacolata che usano normalmente la forma extraordinaria. L’Istruzione ribadisce anche che ogni sacerdote sia secolare sia religioso ha il diritto di celebrare la messa “senza popolo” nella forma extraordinaria se lo desidera. Percio’, se non si tratta di celebrazioni con il popolo, “i singoli religiosi non hanno bisogno del permesso dei superiori”.

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