IL PAPA NEL NORDEST
Andare controcorrente
Alla basilica di san Marco e al Polo della Salute
Oggi pomeriggio Benedetto XVI, prima di ripartire per il Vaticano, ha partecipato all’Assemblea per la chiusura della visita pastorale diocesana nella basilica di San Marco a Venezia e ha incontrato il mondo della cultura e dell'economia nella basilica della Salute, sempre a Venezia.
Vincere il relativismo. Intervenendo all’Assemblea conclusiva della visita pastorale diocesana nella basilica di San Marco, il Papa ha invitato l’"amata Chiesa" che è in Venezia ad aiutare "l’uomo di oggi a superare gli ostacoli dell’individualismo, del relativismo". "Come successore dell’Apostolo Pietro, visitando in questi giorni la vostra terra – ha sostenuto il Pontefice -, ripeto a ciascuno di voi: non abbiate paura di andare controcorrente per incontrare Gesù, di puntare verso l’alto per incrociare il suo sguardo". "Avanzate fiduciosi nel sentiero della nuova evangelizzazione, nel servizio amorevole dei poveri e nella testimonianza coraggiosa all’interno delle varie realtà sociali – ha continuato -. Siate consapevoli d’essere portatori di un messaggio che è per ogni uomo e per tutto l’uomo; un messaggio di fede, di speranza e di carità". Un invito rivolto a sacerdoti, persone consacrate, fedeli laici. "La Chiesa – ha sottolineato il Santo Padre - ha bisogno dei vostri doni e del vostro entusiasmo. Sappiate dire ‘sì’ a Cristo che vi chiama ad essere suoi discepoli, ad essere santi. Vorrei ricordare, ancora una volta, che la ‘santità’ non vuol dire fare cose straordinarie, ma seguire ogni giorno la volontà di Dio, vivere veramente bene la propria vocazione, con l’aiuto della preghiera, della Parola di Dio, dei sacramenti e con lo sforzo quotidiano della coerenza. Sì, ci vogliono fedeli laici affascinati dall’ideale della ‘santità’, per costruire una società degna dell’uomo, una civiltà dell’amore". Benedetto XVI ha ricordato la necessità di "rilanciare l’evangelizzazione e la catechesi degli adulti e delle nuove generazioni", di "dedicare particolare cura alla formazione cristiana dei bambini, degli adolescenti e dei giovani", "di un sempre maggiore impegno nella carità" e di "manifestare con chiarezza il volto missionario della parrocchia".
Tre parole. Sono state tre le parole chiave del saluto del Papa al mondo della cultura, dell’arte, dell’economia. "Tre parole – ha spiegato - legate a Venezia e, in particolare, al luogo in cui ci troviamo: la prima parola è acqua; la seconda è Salute, la terza è Serenissima". Venezia è detta la "Città d’acqua" e questo "fa pensare ad un celebre sociologo contemporaneo, che ha definito ‘liquida’ la nostra società, e così la cultura europea: una cultura ‘liquida’, per esprimere la sua ‘fluidità’, la sua poca stabilità o forse la sua assenza di stabilità, la mutevolezza, l’inconsistenza che a volte sembra caratterizzarla". Di qui la proposta del Pontefice: Venezia non come città "liquida", ma come città "della vita e della bellezza". "Si tratta di scegliere – ha precisato - tra una città ‘liquida’, patria di una cultura che appare sempre più quella del relativo e dell’effimero, e una città che rinnova costantemente la sua bellezza attingendo dalle sorgenti benefiche dell’arte, del sapere, delle relazioni tra gli uomini e tra i popoli". Per quanto riguarda la seconda parola, la "salute" è "una realtà onnicomprensiva, integrale: va dallo ‘stare bene’" fino "alla salus animae, da cui dipende il nostro destino eterno. Dio si prende cura di tutto ciò, senza escludere nulla. Si prende cura della nostra salute in senso pieno". Infine, "Serenissima", il nome della Repubblica Veneta. "Un titolo – ha ammesso il Santo Padre - davvero stupendo, si direbbe utopico, rispetto alla realtà terrena, e tuttavia capace di suscitare non solo memorie di glorie passate, ma anche ideali trainanti nella progettazione dell’oggi e del domani, in questa grande regione". "Serenissima" in senso pieno è "solamente la Città celeste", eppure "il Cristianesimo concepisce questa Città santa, completamente trasfigurata dalla gloria di Dio, come una meta che muove i cuori degli uomini e spinge i loro passi, che anima l’impegno faticoso e paziente per migliorare la città terrena". Oggi "si è esaurita la forza delle utopie ideologiche e non solo l’ottimismo è oscurato, ma anche la speranza è in crisi". C’è, però, la "fede cristiana, che anima la speranza al tempo stesso grande e paziente, aperta sul futuro e attenta alle situazioni storiche". In questa prospettiva il nome "Serenissima" ci parla "di una civiltà della pace, fondata sul mutuo rispetto, sulla reciproca conoscenza, sulle relazioni di amicizia. Venezia ha una lunga storia e un ricco patrimonio umano, spirituale e artistico per essere capace anche oggi di offrire un prezioso contributo nell’aiutare gli uomini a credere in un futuro migliore e ad impegnarsi a costruirlo". Ma per questo "non deve avere paura di un altro elemento emblematico, contenuto nello stemma di San Marco: il Vangelo. Il Vangelo è la più grande forza di trasformazione del mondo, ma non è un’utopia, né un’ideologia". Benedetto XVI ha concluso il suo intervento ringraziando il patriarca di Venezia, salutando la Comunità ebraica di Venezia e rivolgendo un pensiero anche ai musulmani che vivono in questa città.
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