Papa: Giovanni Paolo II è beato per la sua fede, forte e generosa, apostolica
Con una cerimonia a cui hanno partecipato centinaia di migliaia - forse un milione – di fedeli, cardinali, patriarchi, delegazioni internazionali, Benedetto XVI ha proclamato beato Karol Wjtyla. È l’uomo devoto a Maria, che ha traghettato la Chiesa nel terzo Millennio, attuando la ricchezza del Concilio Vaticano II. Egli ha aperto a Cristo “la società, la cultura, i sistemi politici ed economici”, invertendo la tendenza ad emarginare la fede. Nei confronti di marxismo e ideologia del progresso ha rivendicato la forza della speranza cristiana, aiutando “i cristiani di tutto il mondo a non avere paura di dirsi cristiani, di appartenere alla Chiesa, di parlare del Vangelo. In una parola: ci ha aiutato a non avere paura della verità, perché la verità è garanzia di libertà”.
Città del Vaticano (AsiaNews)
Dalle 10.40 di oggi, 1° maggio 2011, Festa della Divina misericordia, Giovanni Paolo II è beato: lo ha proclamato il suo successore Benedetto XVI davanti a una folla sterminata di fedeli che occupano la piazza san Pietro, tutta via della Conciliazione e buona parte di via Vittorio Emanuele II. Altre decine di migliaia di pellegrini sono radunati in alcune aeree della città (il circo Massimo, sant’Anastasia,…..) in collegamento televisivo con la piazza.
Oltre al “popolo del papa”, sono presenti in piazza san Pietro centinaia fra cardinali, patriarchi, vescovi, migliaia di sacerdoti e almeno 90 delegazioni di ambasciatori e rappresentanti di Stati mondiali.
Dopo il racconto della vita di Karol Wojtyla, da parte del card. Agostino Vallini, vicario del papa per la città di Roma, Benedetto XVI ha recitato la formula con cui si proclama beato Giovani Paolo II fissando per il 22 ottobre (la data dell’inizio del suo pontificato) il giorno della sua memoria liturgica. Subito dopo è stato scoperto il grande arazzo con la figura sorridente del papa polacco, sospesa sulla loggia centrale della basilica. Quindi due suore – una dell’ospedale Bambin Gesù, l’altra sr. Marie, guarita dal Parkinson per l’intercessione di Wojtyla – hanno consegnato a Benedetto XVI una reliquia del nuovo beato, un’ampolla contenente sangue del papa polacco conservata per tutto questo tempo. Subito dopo le due suore lo hanno posto con solennità affianco all’altare.
La folla è andata in visibilio fra pianti di commozione, preghiere, applausi, sventolii di bandiere da tutte le nazioni: anzitutto polacche, dal Canada, dall’Australia, dagli Stati Uniti, dal Brasile,… Molti anche gli striscioni di gruppi e movimenti con frasi del grande papa. Un lungo striscione a firma di Comunione e Liberazione, svolto lungo il colonnato del Bernini, porta scritto “Non abbiate paura: spalancate le porte a Cristo!”; altri esprimono l’amore verso papa Wojtyla, altri ancora riportano il nome delle città di provenienza dei gruppi.
Nella sua omelia, Benedetto XVI, ha ricordato “il dolore” e “la grazia” del giorno dei funerali di Giovanni Paolo II e “la discreta celerità” (“perché così è piaciuto al Signore”) della sua causa di beatificazione.
Il papa fa notare che questa beatificazione avviene nel giorno della Festa della Divina misericordia (voluta da Wojtyla e legata alle rivelazioni della santa polacca Faustina Kowalska), nella cui vigilia di sei anni fa Giovanni Paolo II è spirato. È anche il primo giorno del mese di maggio, mese dedicato alla devozione a Maria, e di san Giuseppe lavoratore.
“Giovanni Paolo II - ha detto il pontefice - è beato per la sua fede, forte e generosa, apostolica….
La beatitudine eterna di Giovanni Paolo II, che oggi la Chiesa ha la gioia di proclamare, sta tutta dentro queste parole di Cristo: ‘Beato sei tu, Simone’ e ‘Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!’. La beatitudine della fede, che anche Giovanni Paolo II ha ricevuto in dono da Dio Padre, per l’edificazione della Chiesa di Cristo”.
“La beatitudine della fede – ha continuato - ha il suo modello in Maria, e tutti siamo lieti che la beatificazione di Giovanni Paolo II avvenga nel primo giorno del mese mariano, sotto lo sguardo materno di Colei che, con la sua fede, sostenne la fede degli Apostoli, e continuamente sostiene la fede dei loro successori, specialmente di quelli che sono chiamati a sedere sulla cattedra di Pietro”.
Molta parte dell’omelia è dedicata proprio al legame fra Wojtyla e la Vergine Maria: “Karol Wojtyła, prima come Vescovo Ausiliare e poi come Arcivescovo di Cracovia, ha partecipato al Concilio Vaticano II e sapeva bene che dedicare a Maria l’ultimo capitolo del Documento sulla Chiesa significava porre la Madre del Redentore quale immagine e modello di santità per ogni cristiano e per la Chiesa intera”.
Tale legame è riassunto “nello stemma episcopale e poi papale di Karol Wojtyła: una croce d’oro, una ‘emme’ in basso a destra, e il motto ‘Totus tuus’, che corrisponde alla celebre espressione di san Luigi Maria Grignion de Montfort, nella quale Karol Wojtyła ha trovato un principio fondamentale per la sua vita: ‘Totus tutus ego sum et omnia mea tua sunt. Accipio Te in mea omnia. Praebe mihi cor tuum, Maria – Sono tutto tuo e tutto ciò che è mio è tuo. Ti prendo per ogni mio bene. Dammi il tuo cuore, o Maria’ (Trattato della vera devozione alla Santa Vergine, n. 266)”.
Citando poi il testamento dello stesso Wojtyla, Benedetto XVI ha sottolineato che egli è il papa che ha introdotto “la Chiesa nel Terzo Millennio”, portando a frutto il Concilio Vaticano II. “Sono convinto – cita il papa dal testamento - che ancora a lungo sarà dato alle nuove generazioni di attingere alle ricchezze che questo Concilio del XX secolo ci ha elargito. Come vescovo che ha partecipato all’evento conciliare dal primo all’ultimo giorno, desidero affidare questo grande patrimonio a tutti coloro che sono e saranno in futuro chiamati a realizzarlo. Per parte mia ringrazio l’eterno Pastore che mi ha permesso di servire questa grandissima causa nel corso di tutti gli anni del mio pontificato”.
Questa “causa” è “la stessa che Giovanni Paolo II ha enunciato nella sua prima Messa solenne in Piazza San Pietro, con le memorabili parole: ‘Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!’. Quello che il neo-eletto Papa chiedeva a tutti, egli stesso lo ha fatto per primo: ha aperto a Cristo la società, la cultura, i sistemi politici ed economici, invertendo con la forza di un gigante – forza che gli veniva da Dio – una tendenza che poteva sembrare irreversibile”.
Passando alla lingua polacca, egli ha aggiunto: “Con la sua testimonianza di fede, di amore e di coraggio apostolico, accompagnata da una grande carica umana, questo esemplare figlio della Nazione polacca ha aiutato i cristiani di tutto il mondo a non avere paura di dirsi cristiani, di appartenere alla Chiesa, di parlare del Vangelo. In una parola: ci ha aiutato a non avere paura della verità, perché la verità è garanzia di libertà”.
E ritornando alla lingua italiana: “ci ha ridato la forza di credere in Cristo, perché Cristo è Redemptor hominis, Redentore dell’uomo: il tema della sua prima Enciclica e il filo conduttore di tutte le altre”.
“Karol Wojtyła - ha spiegato il papa - salì al soglio di Pietro portando con sé la sua profonda riflessione sul confronto tra il marxismo e il cristianesimo, incentrato sull’uomo. Il suo messaggio è stato questo: l’uomo è la via della Chiesa, e Cristo è la via dell’uomo. Con questo messaggio, che è la grande eredità del Concilio Vaticano II e del suo ‘timoniere’ il Servo di Dio Papa Paolo VI, Giovanni Paolo II ha guidato il Popolo di Dio a varcare la soglia del Terzo Millennio, che proprio grazie a Cristo egli ha potuto chiamare ‘soglia della speranza’. Sì, attraverso il lungo cammino di preparazione al Grande Giubileo, egli ha dato al Cristianesimo un rinnovato orientamento al futuro, il futuro di Dio, trascendente rispetto alla storia, ma che pure incide sulla storia. Quella carica di speranza che era stata ceduta in qualche modo al marxismo e all’ideologia del progresso, egli l’ha legittimamente rivendicata al Cristianesimo, restituendole la fisionomia autentica della speranza, da vivere nella storia con uno spirito di ‘avvento’, in un’esistenza personale e comunitaria orientata a Cristo, pienezza dell’uomo e compimento delle sue attese di giustizia e di pace”.
A conclusione dell’omelia, Benedetto XVI – che si è sempre rivolto a Wojtyla definendolo “amato predecessore”, “amato e venerato” – ricorda la sua personale esperienza di vicinanza a Giovanni Paolo II: “Già prima avevo avuto modo di conoscerlo e di stimarlo, ma dal 1982, quando mi chiamò a Roma come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, per 23 anni ho potuto stargli vicino e venerare sempre più la sua persona. Il mio servizio è stato sostenuto dalla sua profondità spirituale, dalla ricchezza delle sue intuizioni. L’esempio della sua preghiera mi ha sempre colpito ed edificato: egli si immergeva nell’incontro con Dio, pur in mezzo alle molteplici incombenze del suo ministero. E poi la sua testimonianza nella sofferenza: il Signore lo ha spogliato pian piano di tutto, ma egli è rimasto sempre una ‘roccia’, come Cristo lo ha voluto. La sua profonda umiltà, radicata nell’intima unione con Cristo, gli ha permesso di continuare a guidare la Chiesa e a dare al mondo un messaggio ancora più eloquente proprio nel tempo in cui le forze fisiche gli venivano meno. Così egli ha realizzato in modo straordinario la vocazione di ogni sacerdote e vescovo: diventare un tutt’uno con quel Gesù, che quotidianamente riceve e offre nell’Eucaristia”.
Ricordando poi tutte le volte che papa Wojtyla ha benedetto i pellegrini dalla finestra del suo studio, Benedetto XVI ha concluso: “Beato te, amato Papa Giovanni Paolo II, perché hai creduto! Continua – ti preghiamo – a sostenere dal Cielo la fede del Popolo di Dio. Amen”.
Alla fine della messa e dopo il Regina Caeli – in cui il papa ha ringraziato i partecipanti con saluti in varie lingue – il corteo papale si è recato ad onorare la salma di papa Wojtyla, esposta davanti all’altare della confessione nella basilica di san Pietro. La bara con le spoglie del nuovo beato sarà esposta alla venerazione dei fedeli anche per tutt la notte, fino ad esaurimento delle visite dei pellegrini qui a Roma, poi sarà posta sotto l’altare di san Sebastiano nella basilica.
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