La sfida alla società civile
Il richiamo alla Salute: «Venezia si rinnova nelle relazioni tra i popoli»
È una sfida molto ambiziosa, quella che il Papa ha lanciato nel suo intervento conclusivo, nella Basilica della Salute, alla società civile del Nordest. Una sfida che inevitabilmente si estende all’intera società occidentale, di cui Venezia diventa trasparente metafora.
Erano in 900 a sentirlo, fra i massimi esponenti della politica, dell’economia, della cultura e delle arti (oltre alle autorità politiche, c’erano anche Giovanni Bazoli, Antoine Bernheim, Giuliano Segre), invitati dallo Studium Generale Marcianum, il cui Rettore Brian Ferme ha accolto Benedetto XVI con un saluto.
Il Papa ha incentrato il suo discorso su una rilettura di tre parole chiave della storia di Venezia: Acqua, Salute e Serenissima. Acqua uguale "società liquida", ha detto Papa Ratzinger citando il sociologo Baumann, cioè «fluidità, assenza di stabilità, mutevolezza, inconsistenza». Ma Venezia è anche la città che pur partendo dalla sua "liquidità" ha saputo superare l’effimero per «rinnovare costantemente la sua bellezza attingendo alle sorgenti benefiche dell’arte, del sapere, delle relazioni tra gli uomini e i popoli».
Salute: Dio guarisce l’uomo «dalla durezza di cuore, dalla chiusura egocentrica e gli fa gustare la possibilità di trovare veramente se stesso».
Serenissima: un titolo che evoca la capacità «di suscitare non solo memorie di glorie passate, ma anche ideali trainanti nella progettazione dell’oggi e del domani»; perchè non si guarda solo alla "Città celeste", l’unica vera "Serenissima", bensì alla città terrena, che va migliorata nell’impegno quotidiano, restituendole in primo luogo la speranza che si è esaurita nella crisi delle ideologie, e arricchendola con la pace, il mutuo rispetto, reciproca conoscenza, amicizia, «carità nella verità».
«Con un discorso poeticamente efficace e politicamente significativo ha assegnato a Venezia un compito molto impegnativo - ha commentato a caldo il presidente della Biennale Paolo Baratta - aprendo orizzonti e nuove prospettive: non a caso è ri-partito da Aquileia, luogo del dialogo con l’est slavo e musulmano. E contro i pericoli dell’egoismo dilagante ha riletto Venezia, città degli scambi delle cose, come città degli scambi di amicizia».
Non a caso nel finale del suo discorso Ratzinger ha voluto salutare anche i musulmani che vivono in città, e soprattutto la Comunità ebraica, col cui presidente, Amos Luzzatto, si è intrattenuto a lungo nella carrellata (una trentina) di incontri personali che ha avuto sull’altare: incontri selezionati dal Cardinal Scola (con autorità civili ed economiche, alcuni artisti, i due rettori, giovani collaboratori del Patriarcato) fra i quali è spiccato per la sofferta partecipazione, culminata con un abbraccio, quello con Nicoletta Zago, l’operaia che è l’anima e il volto della protesta degli operai della Vinyls in crisi. «Personalmente sono commossa - ha detto lei alla fine della cermonia - e come cristiana molto contenta. Gli ho chiesto di pregare per noi e le nostre famiglie, e lui mi ha detto "Coraggio, non perdete le speranze"».
Per il mondo imprenditoriale il presidente degli industriali del Veneto Andrea Tomat ha comentato che «il richiamo del Papa ai valori etici è importante in questa fase di crisi, in cui c’è bisogno di basi solide su cui ricostruire». Il sociologo e assessore Gianfranco Bettin lo ha definito «un discorso alto, che non ha voluto cancellare la dimensione fluida della modernità individuata da Bauman, ma ha cercato di darle una forma organizzata che la renda gestibile e vivibile». Per l’assessora e critica letteraria Tiziana Agostini «le sue parole sono come semi che attecchiscono progressivamente ma sono destinate a dare buoni frutti». E il rettore di Ca’ Foscari Carlo Carraro ha apprezzato soprattutto «il richiamo a Venezia incrocio di culture e luogo della reciproca conoscenza: e questo significa crescita spirituale per lui, mentre per me significa anche sviluppo».
© Copyright Il Gazzettino, 9 maggio 2011
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