lunedì 9 maggio 2011

Venezia saluta il Papa con l'alzaremi. In cinquantamila sulle rive, il tradizionale omaggio della voga. Il racconto della giornata dal punto di vista dei Veneziani (Vanzan)

Riceviamo via mail e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:

E Venezia saluta con l'alzaremi

In cinquantamila sulle rive, il tradizionale omaggio della voga
Una battuta ai quattro gondolieri: «Grazie, mi sono divertito»


Alda Vanzan

Non una gondola qualsiasi, ma la Dogaressa, quella dei dogi e delle grandi occasioni, bianca splendente, le forcole tinte con la porporina dorata. E i gondolieri, quattro campioni del remo, che per Benedetto XVI la smettono di litigare sul chi deve stare a poppa e chi a prua, e che dopo averlo aiutato a salire a bordo, confesseranno: che emozione. Sono stati bravi e il Papa si compiace: «Grazie, mi sono divertito», dice loro dopo il breve tragitto che da San Marco lo porta alla Basilica della Salute.
Venezia non ha la folla oceanica del parco di San Giuliano. Non ha le centinaia di migliaia di fedeli che partecipano in silenzio orante alla santa messa. Ma ha le rive stracolme di persone - cinquantamila, secondo gli organizzatori - che fin dalla mattina aspettano il ritorno del Pontefice dalla terraferma e sventolano bandiere e sono pure capaci di imputarsi davanti alle forze dell’ordine per poter srotolare uno striscione da un ponte.
È la Venezia d’acqua che porge il saluto nella sua tradizione, con un alzaremi in Canal Grande che emoziona e che fa dimenticare le polemiche da bottega di qualche commerciante che alla vigilia della visita contestava l’ordinanza di chiusura dei negozi per motivi di sicurezza.
È, anche, la Venezia di piazza San Marco con i fedeli che finita la celebrazione in basilica non prendono la strada di casa: stanno davanti ai maxischermi a guardare il Papa che in gondola raggiunge la Salute, e fotografano i pixel delle immagini televisive, applaudendo come applaudono dall’altra parte del Canale. È la Venezia che quando il Papa se ne va si preoccupa, perché Benedetto XVI appare molto stanco, anche se continua a sorridere.
Chiunque, al suo posto, sarebbe stato affaticato. Per il Santo Padre è stata una lunga giornata. La sera prima, dopo il saluto in Piazza San Marco, aveva cenato in Patriarcato e un sacrestano aveva confidato a monsignor Antonio Meneguolo di ricordarlo bene: dieci anni prima il cardinale Joseph Ratzinger era stato a Venezia ed era pure entrato in sacrestia. La mattina una colazione leggera, tè e biscotti. Poi la partenza in motoscafo per San Giuliano.
Il rientro verso le 13, il tragitto lungo il rio di Cannaregio, il passaggio a Rialto e a San Tomà dove dai balconi dell’Università di Ca’ Foscari c’è chi si sbraccia per salutarlo, poi sotto il ponte dell’Accademia dove per motivi di sicurezza il traffico pedonale viene interrotto, fino all’arrivo in bacino di San Marco con l’omaggio delle remiere che alzano le pale al cielo.
In Patriarcato il pranzo con i vescovi - iniziato con il segno della croce, ma anche con il più classico degli auguri: «Buon appetito» - e un fitto parlare con il cardinale Angelo Scola e il suo predecessore, Marco Cè, seduti entrambi accanto. Una sosta per il riposo e alle 17 di nuovo in Basilica di San Marco per l’assemblea ecclesiale che chiude la visita pastorale nella diocesi di Venezia.
Fuori, la gente aspetta. C’è chi ha disdegnato Mestre per Venezia perché «qui è più raccolto», come dicono Giovanni Crepaldi e Roberta Biolcati di Adria. Chi ha fatto il bis, a San Giuliano e a San Marco, come racconta una donna di Agrigento. E chi a Venezia era in vacanza, come una giovane slovena che, saputo della visita del Papa, si è messa in prima fila davanti al molo. Tutti aspettano e intanto i gondolieri si vestono: divise nuove di zecca, bianche con la fascia gialla, e dei bottoni che paiono un rompicapo. Ma non avevano baruffato i nemici storici del remo Igor Vignotto e Gianpaolo D’Este? Non avevano, i fratelli Bruno e Franco Dei Rossi, scatenato l’invidia dei colleghi per essere stati prescelti a condurre la Dogaressa, come il loro padre, Albino, aveva fatto con Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II? I quattro scuotono la testa: «Macché, ci siamo messi d’accordo in un attimo». Da crederci o no, sul pontile costruito in una settimana continuano a sistemarsi le giacche per poi provare la gondola: la forcola, dove si appoggia il remo, non è ben salda, Vignotto cerca un martello e con dei cunei di legno la sistema. È l’ultima ora di attesa: poco prima delle 18 il Pontefice esce dalla Basilica, sale sulla "papa-mobile" e tra due ali di folla attraversa la piazza fino al molo. Quando scende, lo salutano le forze dell’ordine, gli artificieri della polizia e i cinofili dei carabinieri.
È qui che gli viene presentato Alesì, cinque anni: da dove viene?, domanda il Papa. Dalla Germania, è un pastore tedesco, addestrato a fiutare armi ed esplosivi, gli spiega l’agente. Che poi racconterà: «Il Papa mi ha detto di amare gli animali».
Poi tocca ai gondolieri: altro che ruvidi e bruschi, sembrano quasi impacciati e timorosi, è il cardinale Scola a invitarli a farsi avanti per un saluto. Il corteo è un’altra cartolina: la Dogaressa e sette gondole raggiungono la Salute, la scalinata è piena di gente, l’applauso all’ingresso in Basilica interminabile. Qui c’è la Venezia della cultura e dell’industria, dell’economia e della politica. Anche del lavoro che si sgretola e di chi lotta per lo stipendio: con Nicoletta Zago, l’operaia simbolo della fabbrica di Marghera Vinyls, non c’è solo la stretta di mano, è l’unica tra le trenta persone scelte per un breve incontro con il Papa ad avere anche un abbraccio.
Mentre il sole cala e da est si alza la bora, il Pontefice visita in forma privata l’istituto culturale Marcianum. Poi sale in motoscafo alla volta di Tessera per tornare in aereo in Vaticano. Alla città lascia messaggi forti: ha chiesto alla Serenissima di essere modello di «pace» e «convivenza», di avere rapporti fondati su «amicizia e rispetto», di continuare a essere terra che accoglie e che non ha paura di chi viene da lontano. Una città d’acqua, unica, ma non per esprimere una cultura «liquida» con scelte effimere. I veneziani l’hanno ascoltato e applaudito. Il Papa è stato contento dell’accoglienza, soddisfatto - informa una nota del Patriarcato - dell'entusiasmo manifestato lungo il Canal Grande durante il corteo acqueo. E il cardinale Scola è convinto: «Il Nordest vuol bene al Papa, vuol bene a questo Papa».

© Copyright Il Gazzettino, 9 maggio 2011

1 commento:

laura ha detto...

L'ultima frase di quest'articolo è la più bella:«Il Nordest vuol bene al Papa, vuol bene a questo Papa» pronuinciata dal patriarca Scola e che sia vro se sono accorti tutti. Come si fa a non volerGli bene, tanto, tantissimo?