All’udienza generale il Papa parla del Salmo 3
Un Dio che risponde al grido dell'uomo
Quando l’uomo chiede aiuto, Dio risponde. In questo «intrecciarsi di grido umano e risposta divina» sta «la dialettica della preghiera e la chiave di lettura di tutta la storia della salvezza». Lo ha spiegato Benedetto XVI commentando il Salmo 3 durante l’udienza generale di mercoledì 7 settembre, in piazza San Pietro.
Giunto in elicottero da Castel Gandolfo, il Pontefice ha proposto ai numerosi fedeli presenti all’incontro la prima di una serie di riflessioni dedicata al libro dei Salmi, il «libro di preghiera per eccellenza», come lui stesso lo aveva definito nella catechesi del 22 giugno scorso. Soffermandosi sul testo che la tradizione ebraica attribuisce a Davide nel momento in cui fugge dal figlio Assalonne, il Papa ha ricordato che il Signore si manifesta come «aiuto, difesa, salvezza; come scudo protegge chi si affida a Lui, e gli fa sollevare la testa, nel gesto di trionfo e di vittoria». L’uomo, dunque, «non è più solo, i nemici non sono imbattibili come sembravano, perché il Signore ascolta il grido dell’oppresso e risponde dal luogo della sua presenza, dal suo monte santo. L’uomo grida, nell’angoscia, nel pericolo, nel dolore; l’uomo chiede aiuto, e Dio risponde».
In questa prospettiva, il grido «esprime il bisogno di aiuto e si appella alla fedeltà dell’altro». Gridare — ha puntualizzato il Pontefice — vuol dire «porre un gesto di fede nella vicinanza e nella disponibilità all’ascolto di Dio». Perciò la preghiera «esprime la certezza di una presenza divina già sperimentata e creduta, che nella risposta salvifica di Dio si manifesta in pienezza».
Così le parole del Salmo aprono il cuore «alla certezza confortante della fede», soprattutto quando l’uomo si trova «nel dolore, nel pericolo, nell’amarezza dell’incomprensione e dell’offesa». Anche «nelle difficoltà, nei problemi, nelle oscurità della vita» — ha assicurato Benedetto XVI — Dio «è sempre vicino»: egli «ascolta, risponde e salva». Ma — ha aggiunto — «bisogna saper riconoscere la sua presenza e accettare le sue vie».
«Che il Signore — ha auspicato in conclusione — ci doni fede, venga in aiuto della nostra debolezza e ci renda capaci di credere e di pregare in ogni angoscia, nelle notti dolorose del dubbio e nei lunghi giorni del dolore, abbandonandoci con fiducia a Lui, che è nostro “scudo” e nostra “gloria”».
(©L'Osservatore Romano 7 settembre 2011)
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