Benedetto XVI ai giornalisti sul volo papale: i cristiani siano uniti nel rispondere alle sfide del nostro tempo
La sfida della secolarizzazione, lo scandalo della pedofilia, l’impegno per l’ecumenismo, la gioia della visita nella sua terra natale: sono alcuni dei temi forti affrontati da Benedetto XVI sull’aereo papale in volo verso Berlino, nella tradizionale conversazione con i giornalisti al seguito. Ce ne parla Alessandro Gisotti:
“Vado con gioia nella mia Germania”, felice “di portare il messaggio di Cristo nella mia terra”: è quanto confidato da Benedetto XVI ai giornalisti sul volo papale, rispondendo alle domande in tedesco e in italiano. Il Papa ha affrontato il tema dello scandalo degli abusi su minori da parte di membri del clero, che ha portato in Germania all’“uscita” di molti fedeli dalla Chiesa:
“Io posso capire che, alla luce di tali informazioni, soprattutto se sono vicine a persone proprie, uno può dire: ‘Questa non è più la mia Chiesa’”.
E tuttavia, ha soggiunto, questa dolorosa realtà è una “situazione specifica”. E’ allora importante riflettere sul “perché” siamo nella Chiesa:
“Io direi, è importante riconoscere che, stare nella Chiesa, non vuol dire fare parte di un’associazione ma essere nella rete del Signore, che pesca pesci buoni e cattivi dalle acque della morte alle terre della vita. Può darsi che in questa rete sono proprio vicino a pesci cattivi e sento questo, ma rimane vero che non ci sto per questi o questi altri, ma sono perché è la rete del Signore che è una cosa diversa da tutte le associazioni umane, una rete che tocca il fondamento del mio essere”.
Ecco allora le ragioni dello stare “nella Chiesa, anche se ci sono scandali e umanità terribili”. E così rinnovare la “consapevolezza della specificità di questo essere Chiesa del popolo da tutti i popoli, che è popolo di Dio”, e così “imparare a sopportare anche gli scandali e lavorare contro questi scandali proprio essendo in questa grande rete del Signore”. A proposito di alcune manifestazioni di dissenso nei confronti della visita, il Papa ha risposto che “è una cosa normale” in una società libera e ancor più “in un tempo secolarizzato”. Ed ha ribadito che “è giusto” che si possa esprimere questa “contrarietà”:
“Fa parte della nostra libertà e dobbiamo prendere atto che il secolarismo e anche proprio l’opposizione al cattolicesimo nelle nostre società è forte. Quando queste opposizioni si manifestano in modo civile, non c’è nulla da dire contro”.
D’altra parte, ha proseguito, “è anche vero che c’è tanta aspettativa e tanto amore per il Papa”, nonostante la “vecchia opposizione tra cultura germanica e romanica” e “i contrasti della storia”. C’è, ha detto poi il Papa, “anche un grande consenso alla fede cattolica, una crescente convinzione che abbiamo bisogno” di “una forza morale". Abbiamo bisogno di “una presenza di Dio in questo nostro tempo”:
“Così insieme all’opposizione, che trovo naturale e da aspettarsi, c’è tanta gente che mi aspetta con gioia, che aspetta una festa della fede, un essere insieme e aspetta la gioia di conoscere Dio e di vivere insieme nel futuro, che Dio ci tiene per mano e ci mostra la strada”.
Il Papa si è così soffermato sulla visita ad Erfurt, all’antico convento di Martin Lutero, dove incontrerà e pregherà con gli evangelici:
“Quando ho accettato l’invito di questo viaggio era per me evidente che l’ecumenismo con i nostri amici evangelici dovesse essere un punto forte e un punto centrale di questo viaggio”.
In questo tempo di secolarismo, ha sottolineato, i cristiani hanno la missione “di rendere presente il messaggio di Dio”, di “rendere possibile credere”. E perciò cattolici ed evangelici, insieme, sono “un elemento fondamentale per il nostro tempo, anche se istituzionalmente” non sono “perfettamente uniti”. Il Papa ha rinnovato la sua gratitudine ai “fratelli e sorelle, protestanti”, che hanno reso possibile questo “segno molto significativo: l’incontro nel monastero dove Lutero ha iniziato il suo cammino teologico”:
“Sono molto felice di poter mostrare così questa unità fondamentale, che siamo fratelli e sorelle e lavoriamo insieme per il bene dell’umanità, annunciando il lieto messaggio di Cristo, del Dio che ha un volto umano e che parla con noi”.
Parlando in tedesco, il Papa ha quindi spiegato quanto sia importante per lui essere nato in Germania. “La radice non può essere, né deve essere tagliata”, ha detto ed ha aggiunto scherzosamente: “Purtroppo devo ammettere che continuo ancora a leggere più libri tedeschi che in altre lingue”. Nel "mio modo di essere", ha poi affermato, "l’essere tedesco è molto forte”:
“Aber bei einem Christen…”
“Per un cristiano, però – ha evidenziato – si aggiunge dell’altro; con il Battesimo egli nasce di nuovo, nasce in un nuovo popolo che è composto da tutti i popoli”. Quando poi si assume una “responsabilità suprema” in questo nuovo popolo, ha confidato, “ci si immedesima sempre più in esso”. La radice, ha concluso il Papa, diventa un albero e il fatto “di appartenere a questa grande comunità della Chiesa cattolica” forgia “tutta l’esistenza”.
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