domenica 11 settembre 2011

A colloquio con l'arcivescovo di Ancona-Osimo, monsignor Edoardo Menichelli (O.R.)

A colloquio con l'arcivescovo di Ancona-Osimo, monsignor Edoardo Menichelli

Chiave di lettura del quotidiano

L'Eucaristia è il «Dio con noi» che cammina insieme con i suoi figli ogni giorno. E offre delle chiavi di lettura del momento presente con le sue gioie e le sue sofferenze. Parte da questa considerazione monsignor Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona-Osimo, per spiegare al nostro giornale cosa abbia significato per la sua Chiesa ospitare il Congresso eucaristico nazionale.

Qual è il senso di un Congresso sull'Eucaristia in una realtà come quella marchigiana, nella quale il quotidiano è alle prese con problemi di sussistenza?

Indubbiamente, il sacramento dell'Eucaristia offre, se lo si capisce e se lo si vuole vivere, alcune indicazioni che, calate nella vita quotidiana, danno una chiave di lettura diversa alle sofferenze del momento e alle difficoltà quotidiane. Se prendiamo il capitolo vi di san Giovanni troviamo il problema della folla da sfamare. Gesù che cosa fa? Sollecita gli apostoli a dare loro stessi da mangiare, quindi, l'impegno. Cristo, poi, consapevole che gli apostoli non avevano pressoché nulla, accetta il piccolo dono di cinque pani e due pesci. Quelle cose nelle sue mani diventano benedizione per tutti. Ecco un secondo aspetto da considerare: si parte dall'impegno e dalla partecipazione e si arriva alla collaborazione e alla solidarietà. Ancora, nell'annunciare l'Eucaristia e nel celebrarla, l'evangelista dice che Gesù prese il pane, lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli. Questo spezzarsi del Signore, questo donarsi, questo consegnarsi, è un altro elemento sul quale si può riflettere. Nell'ambito dell'Ultima cena, Gesù lavò i piedi agli apostoli per dare l'esempio, perché anche noi facessimo altrettanto. Il lavare i piedi non è solo un gesto simbolico, ma un gesto da imitare. Se vogliamo concludere questo tracciato evangelico possiamo dire che parteciperemo al banchetto glorioso dei cieli se saremo riconosciuti figli di Dio, che hanno esercitato la fraternità.

Ancona ha sempre vissuto in simbiosi con i suoi cantieri navali. La crisi della città e quella dei cantieri determinano una situazione di scoraggiamento tra la gente. Come può la Chiesa mostrare la sua vicinanza al popolo?

C'è una situazione di difficoltà, di carenza di lavoro, di crisi. Personalmente, custodisco buone speranze che si possa risolvere per il meglio e che possa avverarsi quel miracolo che attendiamo e per il quale stiamo lavorando. La Chiesa non ha strumenti personali per risolvere queste difficoltà. La Chiesa non è chiamata a risolvere i problemi del lavoro, non è questo il compito, tuttavia si mostra sensibile, attenta e, aggiungo, materna. Da questo punto di vista è significativo il gesto che noi faremo di invitare al pranzo con il Papa alcuni operai che hanno perso il lavoro. Anche questo è un segno di vicinanza e di attenta sensibilità.

Ne risente la vita pastorale della diocesi, la gente nutre ancora fiducia e speranza nel sostegno della Chiesa?

In un tempo in cui c'è un grigiore nebbioso sui valori etici, la Chiesa pur consapevole della sua fragilità e anch'essa segnata dal peccato, come ci ricorda Benedetto XVI, è altrettanto serena e forte. Nella sua maternità è capace di offrire alle persone che si rivolgono a lei le parole di speranza che si attendono. Quindi sono convinto e consapevole che nei confronti della Chiesa si nutre molta fiducia.

Il gesto che compie il Papa sedendo alla stessa mensa dei poveri vuole essere un segno di questa vicinanza?

Sicuramente, come dicevo prima, la Chiesa è accanto a quanti hanno perso il lavoro, a quanti vivono un disagio umano e rischiano di perdere l'identità sociale. È importante, a questo proposito, l'abbinamento dei senza lavoro che partecipano al pranzo del Papa con dei poveri assistiti dalla Caritas, dalle associazioni caritative e dalle suore che qui vengono chiamate «di padre Guido», in memoria del frate minore francescano che avviò quella mensa.

La situazione delle famiglie nelle Marche, ad Ancona in particolare, sta lentamente degradandosi. È anche questo un frutto del contesto economico o di crisi spirituale?

Quando si parla della famiglia e dei suoi problemi, bisogna stare molto attenti, non si deve dare troppo retta ai numeri. Sicuramente le cifre fanno impressione. Personalmente sono più abituato a guardare agli aspetti positivi e alla speranza che la famiglia custodisce e di cui è portatrice che non alle difficoltà. Credo che questa situazione particolare ci debba impegnare in una sorta di evangelizzazione nuova. Nuova non vuol dire rinnovare l'evangelo della famiglia, tutt'altro, ma rinnovare l'evangelizzazione nel senso di una Chiesa vicina, accompagnatrice, madre, che educa. Se assumiamo questo atteggiamento la gente ci capisce e accetta anche la parola come dire «dura» del Vangelo, che spesso in certe situazioni familiari può sembrare anche escludente. È per questo che abbiamo pensato a due incontri singolari con il Papa. Uno riservato agli sposi e ai sacerdoti insieme per recuperare un'identità vocazionale, per ricapire il comune impegno educativo. E poi un altro incontro ancora più significativo: quello con i fidanzati per manifestare loro la vicinanza della Chiesa. Mi auguro che il Pontefice offra a tutti un progetto sponsale alla luce dell'Eucaristia. (nicola gori)

(©L'Osservatore Romano 11 settembre 2011)

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