“Basta precari Lo sviluppo guardi all’uomo”
Monito del Papa contro la dittatura dell’economia Serve lavoro, ma “ha dato pietre al posto del pane”
GIACOMO GALEAZZI
INVIATO AD ANCONA
Nel cantiere navale paralizzato dalla crisi economica, Benedetto XVI invoca «impegno contro la disoccupazione e il precariato». Davanti ai centomila pellegrini del Congresso eucaristico e a tanti operai cassintegrati e allo loro famiglie, il Papa si concentra sui problemi concreti, sollecita stili di vita e di consumo più sobri, mette in guardia dall'individualismo e dalla dittatura della tecnica e del profitto. E scandisce: «Hanno dato agli uomini pietre al posto di pane».
Il porto di Ancona, un tempo operoso snodo di un fiorente sistema produttivo, è da tempo una cittadella fantasma. Spesso, evidenzia il Papa, la libertà viene confusa con l'assenza di vincoli, con la convinzione di poter fare da soli, senza Dio, visto come un limite. Un' illusione che si trasforma in delusione, generando inquietudine e paura e portando, paradossalmente, a rimpiangere le catene del passato.
Benedetto XVI ha pranzato con i poveri della Caritas e una rappresentanza di operai in cassaintegrazione, tra cui un gruppo di Fincantieri e uno di Merloni. Per la prima volta in una sua visita, ha incontrato i fidanzati dopo aver riconosciuto nella cattedrale di San Ciriaco i limiti dell'azione pastorale del clero e l'urgenza di una maggiore misericordia e accoglienza verso i separati. Però è la preoccupazione per il lavoro ad ispirare a Joseph Ratzinger i momenti più toccanti del viaggio. A lungo e fuori programma, Joseph Ratzinger ha ascoltato e incoraggiato gli operai che hanno perso il posto di lavoro. Il tessuto solidale regge se società e istituzioni collaborano. Accompagnato dal presidente della Cei Bagnasco, ha salutato i commensali: cassintegrati, ex detenuti e poveri. Ha voluto conoscere le loro vicende e la situazione in cui versano. «La Chiesa non vi abbandona», ha assicurato Benedetto XVI mentre in cielo le le Frecce Tricolori celebrano insieme la sua visita e i 150 anni dell'unità d'Italia.
Piuttosto che come una spirale di produzione e consumo, la vita economica deve essere un esercizio di responsabilità umana, orientato alla promozione della dignità della persona, alla ricerca del bene comune e allo sviluppo integrale. Il bene comune implica la responsabilità per le generazioni future.
Serve un modello di sviluppo per restituire dignità al lavoro e superare il precariato. Nel giorno in cui ricorda l'11 settembre per condannare «sempre la violenza come soluzione dei problemi», il Papa invoca «uno sviluppo sociale positivo che ha al centro la persona, specie quella povera, malata o disagiata».
L'uomo cade spesso nell'illusione di poter trasformare le pietre in pane, ma non si possono mettere da parte Dio, i valori, l'etica, confinandoli al privato. Hano fallito «certe ideologie» hanno tentato di farlo, cercando solo di assicurare «a tutti sviluppo» e «benessere materiale».
Tra gli impegni imprescindibili dei cristiani c'è quello di ridare dignità al lavoro superando disoccupazione e precariato.
Occorre rafforzare le procedure di governo dell'economia globale, secondo il principio di sussidiarietà. Tutte le decisioni e le politiche economiche, ad ogni modo devono essere orientate alla carità nella verità. Per questo la Chiesa non si sottrae a contribuire a un discernimento più profondo delle gravi sfide sociali ed economiche del nostro mondo e a indicare la strada per affrontare tali sfide con spirito di saggezza, giustizia e umanità autentica. La priorità è promuovere le condizioni di fiducia e le reciproche responsabilità che il mercato esige anche per svolgere le sue specifiche funzioni economiche.
Nella visione del Papa teologo e pastore l’attività economica deve basarsi su un esercizio di responsabilità umana, perciò i contraccolpi negativi della globalizzazione vanno affrontati con un approccio etico integrale e riscoprendo il senso di condivisione e la cooperazione sociale.
© Copyright La Stampa, 12 settembre 2011
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