Tra i ragazzini assistiti dalle suore missionarie fondate da madre Teresa di Calcutta
Nella casa della carità
Dal nostro inviato Mario Ponzi
E alla fine, curiosi ma contenti per l'insolito dono, rigiravano tra le loro manine la coroncina del rosario che il Papa aveva appena regalato loro. Un dono semplice ma prezioso, quello lasciato da Benedetto XVI ai duecento bambini incontrati nella parrocchia di Santa Rita a Cotonou, sabato pomeriggio, prima di concludere un'intensa giornata attorno alla tavola con i vescovi della regione, in nunziatura.
Il Pontefice ha lasciato uno «strumento», come lo ha definito, per aiutare i bambini a pregare. E per convincere anche i genitori a farlo. A pregare per il Papa, come ha chiesto loro, per la Chiesa e per tutte le cose importanti di cui hanno bisogno. La preghiera sembra essere l'unica ancora di salvezza per tanti, tantissimi di loro.
Lo è sicuramente per quei bambini che non condividono la sorte di quello sparuto gruppo di più fortunati tra loro che hanno trovato, con l'accoglienza, l'amore e l'assistenza delle missionarie della Carità nel Foyer Pace e gioia. Il Papa è andato a trovarli prima di recarsi nella parrocchia di Santa Rita. La commozione è stata forte. Si è trovato dinnanzi bimbi sfigurati nei volti e storpiati nei corpi dalla malattia, abbandonati a se stessi se non fosse per queste suore dal cuore immenso.
Già venerdì sera, poco dopo l'arrivo in Benin, nella basilica di Notre Dame di Cotonou, il Papa aveva salutato un piccolo gruppo di bambini colpiti dalla lebbra. Proprio in momenti come questi si mostra una delle piaghe più grandi dell'Africa, la sofferenza degli innocenti.
Benedetto XVI si è trovato in mezzo ai piccoli riuniti nel cortile della casa delle religiose di madre Teresa di Calcutta. Lo stavano aspettando da ore, vestiti a festa.
I più piccini all'occidentale, con tanto di camicia nuovissima, come le scarpe e la cravatta. I più grandicelli invece indossavano abiti tradizionali, più consoni alle coreografie che hanno eseguito per il Papa.
Entrato nel Foyer gli è stata presentata Benedicta, di appena quindici giorni. L'ha guardata con grande tenerezza e ha segnato la sua fronte con la croce. Poi si è messo ad ascoltare le canzoni dei bimbi e assistere ai loro balletti. Il volto era sorridente, ma gli occhi chiaramente velati dalla tristezza. È riuscito a mascherarla fino a quando lo hanno circondato di nuovo per accompagnarlo nella parrocchia dove lo attendevano gli altri. In dono ha lasciato un mosaico raffigurante la Madonna zingarella. È un'immagine molto cara a questi bambini. Ne custodivano una simile all'ingresso della casa. La chiamano zingarella perché è un'immagine che ha fatto il giro del mondo prima di finire nel foyer. Durante il sopralluogo compiuto lo scorso anno da Alberto Gasbarri e Paolo Corvini per la definizione di alcuni aspetti logistici della visita, era stata notata questa immagine, ormai rovinata dal tempo. E così si è pensato di riprodurla in un mosaico. Sono stati felicissimi di riceverla.
Nella chiesa parrocchiale il Papa è stato accolto dal canto guidato dal coro dell'Infanzia missionaria. Poi, dopo il discorso degli adulti -- il vescovo di Porto Novo, capitale del Benin, monsignor René-Marie Ehouzou, responsabile della Pastorale per i bambini -- Aïcha Hounsounou, una ragazzina di nove anni con una voce argentina, gli ha parlato di loro e del loro Paese. Parole forse anche troppo importanti per una bambina, che tuttavia non hanno illustrato a pieno la realtà del dramma che pesa sulle loro gracili spalle. Forse Aïcha non sa che ancora oggi almeno quattrocentomila bambini beninesi sono vittime di loschi traffici; che gli ospedali del Paese sono sovraffollati di piccoli ricoverati in gravi condizioni perché denutriti; seimila nel 2010 quelli assistiti nell'ospedale dei Fatebenefratelli a Tanguìeta. «Solo nell'ultimo anno -- ha detto fra' Luca Beato, vice presidente di una onlus che da quindici anni sostiene gli ospedali dei fatebenefratelli in Benin e in Togo -- a causa dell'aggravarsi della crisi economica che colpisce il Paese, i bambini ricoverati per denutrizione sono raddoppiati, da tremila a seimila». E la situazione non accenna a diminuire. Gli ospedali scoppiano; i piccoli pazienti vengono adagiati anche lungo i corridoi su misere stuoie. «Il personale assistente -- spiega -- fa fatica persino a passare».
Ma è la storia stessa del Paese a essere deturpata dalle violenze perpetrate nei confronti dei bambini.
Ne è testimone padre Pierre Bio-Sanou, missionario che vive tra i Bariba del nord del Benin, in stragrande maggioranza animisti e ossessionati dalla credenza nel potere degli stregoni. «Un'antica usanza -- racconta -- vuole che sia dichiarato stregone, e come tale debba morire appena uscito dal grembo della madre, ogni bambino che nasce con parto podalico, o prematuro di otto mesi e nato a faccia in giù. Viene abbandonato appena nato, senza nessuna assistenza. Poi passano i carnefici che lo portano in un luogo da cui non torna mai più. Quando attraversano il villaggio con il neonato si crea il vuoto attorno». Ne racconta altre di storie padre Pierre. Estremamente drammatiche. «Chi nasce con un dente o inizia la dentizione dall'arcata superiore a otto mesi -- aggiunge -- viene sottoposto a inaudita violenza sino alla morte». Molti genitori ormai tengono nascosti i figli che nascono con questi difetti e mantengono il segreto. È difficile dire se e quanto ancora oggi sia seguita questa infame usanza. Padre Auguste, un cappuccino locale, lotta da anni insieme a una suora dell'istituto figlie di Padre Pio, contro questa piaga, e ha denunciato l'infanticidio in tutte le sedi nazionali e internazionali. Lui si dice «certo che in alcune regioni ancora si pratica questa barbarie, condannata peraltro anche in sede istituzionale. Ma è difficile o quasi inesistente il controllo». Anche se non lo sanno i bambini di Santa Rita, pregheranno anche per questo.
La Chiesa locale è molto impegnata nel soccorrere i più disagiati. Sono realizzate diverse strutture nelle quali è possibile assisterli. Peraltro l'ospedale pediatrico del Papa, il Bambino Gesù, proprio in concomitanza con la visita in Benin ha sottoscritto un accordo con l'Ospedale San Padre Pio di N'Dali, area rurale proprio nel nord dello Stato. L'accordo, prevede la formazione di personale medico per fronteggiare la malnutrizione. L'ospedale è gestito dalla Congregazione beninese delle figlie di San Padre Pio e dai frati cappuccini. Ora grazie alla collaborazione siglata con il presidente Profiti e il dottor Borghese, della sezione internazionale del Bambino Gesù, sarà in grado di garantire assistenza e cure a una popolazione di oltre 500.000 abitanti. La festa nella parrocchia di Santa Rita è andata avanti per un bel po'. Il Papa, per nulla affaticato dal tour de force che ha caratterizzato la giornata di sabato, era felice di trovarsi in quel luogo, di ascoltare quei bambini, di fermarsi con loro nonostante la pesantezza di un clima soffocante, per l'umidità al 97 per cento.
Uscito dalla chiesa si è ritrovato ancora una volta immerso in una folla gigantesca, colorata quanto festosa. Con molte difficoltà il corteo è riuscito a procedere. Cantavano tutti, muovendosi ritmicamente e anche pericolosamente perché ballavano anche le tante donne con i loro carichi appoggiati sulla testa. Portano di tutto: da ceste di pane a frigo portatili con le bibite, a cesti pieni di sigarette. Ce ne era addirittura una con un vecchio televisore caricato sulla testa, di quelli piccolini con ancora il tubo catodico. Sono loro il mercato mobile di Cotonou. Ce n'è una succursale in ogni strada ed è possibile acquistare di tutto, dai generi alimentari, ai vestiti a suppellettili varie. Eppure nonostante il peso anche queste donne coraggiose non hanno voluto far mancare il loro apporto a una festa che tutta la città ha vissuto con una gioia intensa.
(©L'Osservatore Romano 21-22 novembre 2011)
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento