L'invocazione del Papa perché torni la pace
Roma Per la prima volta da quando sono esplose le proteste di piazza e a circa un mese dall'incidente diplomatico tra il Cairo e Santa Sede, il Papa prende la parola per chiedere che l'Egitto ritorni alla «pacifica convivenza».
Lo ha fatto ieri subito dopo l'Angelus, con un appello in cui si è rivolto direttamente a Dio, senza in nessun modo chiamare in causa o far riferimento a chi, nel Paese, ha responsabilità politiche.
«In questi giorni seguo con attenzione la delicata situazione della cara Nazione egiziana», ha detto il Pontefice. Poi un'invocazione: «Chiedo a Dio che quella Terra, benedetta dalla presenza della Santa Famiglia, ritrovi la tranquillità e la pacifica convivenza, nell'impegno condiviso per il bene comune».
Le parole del Papa acquistano particolare significato soprattutto se lette alla luce delle recenti frizioni diplomatiche tra Egitto e Santa Sede. L'11 gennaio scorso, infatti, il governo di Mubarak ha deciso di richiamare in patria per consultazioni l'ambasciatrice egiziana presso la Santa Sede, Lamia Aly Hamada Mekhemar. Il Cairo non aveva gradito i richiami arrivati dal Vaticano dopo l'attentato della notte di Capodanno contro una chiesa cristiano-copta ad Alessandria d'Egitto, in cui morirono 22 persone. Erano state interpretare come un'ingerenza le parole del Papa che parlando al Corpo diplomatico il 10 gennaio – il giorno, quindi, prima dell'incidente diplomatico – aveva chiesto alle autorità dei Paesi mediorientali e ai capi religiosi musulmani di garantire ai «concittadini cristiani di poter vivere in sicurezza». Poco più di una settimana dopo, il 20 gennaio, anche l'Accademia delle Ricerche islamiche di Al Azhar ha congelato sine die il dialogo con il Vaticano.
© Copyright Gazzetta del sud, 7 febbraio 2011
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