martedì 8 febbraio 2011

L’ira di Englaro contro le suore di Lecco. Crudele e ingiusta. Il commento di Lucia Bellaspiga

La città di Lecco
Su segnalazione di Alice leggiamo:

L’ira di Englaro contro le suore di Lecco

Crudele e ingiusta

Lucia Bellaspiga

Me l’hanno violentata per quindici anni».
Lo disse subito, Beppino Englaro, non appena da Udine gli arrivò la telefonata che Eluana era morta, il 9 febbraio di due anni fa.
A violentarla – intendeva – non era stato chi le aveva tolto la vita, ma le suore Misericordine di Lecco, cui lui stesso l’aveva affidata due anni dopo l’incidente, nel 1994, quando ormai il futuro di sua figlia si presentava come un’immensa incognita senza spazi e soprattutto senza tempi prevedibili. Un anno? Dieci? Venti? Quanto sarebbe durata la grande incognita? Nella sua mente – ormai lo sappiamo, ce lo ha raccontato decine di volte in conferenze e convegni, e lo ha scritto nei suoi libri – c’era già la determinazione a spegnere quella vita disabile, così diversa dalla sua bellissima figlia, ma nel frattempo chi si sarebbe preso cura di lei?
Lo ricorda lo stesso Englaro, nella lunga intervista apparsa sul "Corriere" di domenica: «Ce la lasci, ce ne occupiamo noi», gli avevano subito aperto le braccia le suore di Lecco. Ma persino questo nelle sue parole ha il tono aspro dell’accusa. Come se quel «ce la lasci» non fosse stato un gesto affettuoso di accoglienza, come se quella figlia le suore gliel’avessero presa con la forza, per assisterla – anche per tutta la vita – al posto suo.
Non racconta, Englaro, che in quella clinica di Lecco l’aveva condotta lui stesso, dopo due anni di ricovero a Sondrio, che non è dietro l’angolo, ma dove quotidianamente sua moglie si recava pur di stare con Eluana.
E lì, per la seconda volta, la vita fragile della sua unica figlia veniva raccolta dalle stesse mani: perché proprio alla "Talamoni" ventun anni prima Eluana era venuta al mondo. Ora al mondo continuavano a tenercela, con amore infinito, finalmente a due passi da casa, consentendo a mamma Saturna di poter accudire la sua creatura come lei sapeva e voleva fare.
Ma così la racconta Englaro dalle pagine del "Corriere": «Le suore avevano visto consumarsi anche la mamma di Eluana accanto al suo letto. Volendola lì con loro, erano state un po’ crudeli con Eluana e con sua madre. E io invece dovevo difendere mia figlia e mia moglie».
Crudele – è ora di dirlo – è la pervicacia con cui Englaro all’amore risponde col disprezzo, continuando a riversare sulle Misericordine una rabbia incomprensibile.
Descrivere come crudeli quelle mani è sconvolgente e ingiusto. Sarebbero state crudeli con la madre e con la figlia: obbligando l’una a una tenerezza di mamma che lui non capiva più, e l’altra a un attaccamento di figlia, forse la sola forza ancora in grado di tenere acceso il lumino di una coscienza ben nascosta, ma che a volte faceva capolino (i neurologi conoscono bene il fenomeno e lo chiamano appunto "effetto mamma"). Lo scrissero chiaro i medici di Sondrio osservando l’andamento della giovane paziente: se a stimolarla era la madre, Eluana sembrava «rispondere», obbediva cioè «a ordini semplici».
Una notte, appuntano, pronunciò più volte e in modo inconfondibile la parola «mamma»… È vero, finché grazie alle Misericordine ne ha avuto la forza, mamma Saturna ha potuto restare accanto a sua figlia, senza che nessuno la costringesse.
È vero, le suore le hanno dato tutto, assolutamente tutto ciò che in genere manca ad altre persone in stato vegetativo a causa dei costi economici, e ad ammetterlo è ancora Englaro nella sua intervista, quando dice che «Eluana ha avuto le cure migliori», anche se poi cade nella sua contraddizione: tutto era «inutile». Come la vita di Eluana, inutile perché ormai imperfetta. «Dipendeva in tutto da mani altrui», specifica, di nuovo con orrore per quelle mani, ben diverse dalle sue, mani di un padre che per «rispettarla» avevano scelto di «non toccarla con un dito». Mai.
E invece sono ancora i neurologi a dircelo: toccateli, accarezzateli, parlate con loro, non sappiamo quanto ci ascoltano, sappiamo però che poco o tanto ci percepiscono. E allora, almeno in questo, ha detto bene Englaro, spiegando al giornalista perché a differenza di sua moglie lui con Eluana non parlava più: «Sapevo di parlare a me stesso». Sua figlia è morta, spiega, da quando non ha più potuto «percepirla». Lui.

© Copyright Avvenire, 8 febbraio 2011 consultabile online anche qui.

6 commenti:

laura ha detto...

Se ne è parlato fin troppo. lasciamola riposare in pace e preghiamo per questo "padre" esasperato dal dolore oppure obnubilato. Purtroppo, vivo a contatto con la sofferenza per il mio lavoro e speso ascolto affermazioni che fanno inorrifdidre, ma non oso commentare perchè c ison situazioni terribili che richiedo grande fede, forza e sepranza nella misericordia di Dio

gemma ha detto...

condivido, laura

Anonimo ha detto...

OT.
Bill Donohue risponde al NYT, che ha equiparato Cattolici e Fratelli Musulmani.

http://www.catholicleague.org/release.php?id=2075

Alberto

Titta ha detto...

c'è il rispetto per il dolore altrui, ma è innegabile che da questa vicenda vengono fuori delle contraddizioni macroscopiche: se sul primo aspetto è impossibile confrontarsi proprio per l'intimità della vicenda, è altrettanto difficile evitare considerazioni su tutto ciò che Englaro esterna, perché per l'ennesima volta siamo a "dialogare" con sue affermazioni

Maria R. ha detto...

Condivido quello che dice Laura, ma penso che in un certo modo, e senza finalità speculative, continuare a parlarne sia giusto.
Non per accanimento, ma perché, finita la "bagarre" il mondo (specialmente quello politico che pensa ai propri teatrini) si è dimenticato di tutte le "Eluana" che ci sono ancora e che un domani, potrebbero avere la sua stessa sorte.

Fabiola ha detto...

Mi dispiace. Io non giudico la coscienza di Englaro, ma giudico le sue parole e le sue azioni. E' un diritto e, insieme, un dovere il farlo.
E' stato lui a voler fare del dramma suo e di sua figlia argomento di dibattito, di polemica e di pressione sull'opinione pubblica per sostenere una tesi ideologica fino a pretendere di creare un precedente che aprisse una breccia nel chiarissimo "favor vitae" della nostra legislazione.
Questi sono fatti. E di fronte ai fatti nessuno può invocare il silenzio di una parte sola. Le suore di Lecco hanno taciuto, accudito e pregato, ne hanno avuto, in cambio, ostilità ed insulti. Non si può non dirlo, forte e chiaro.