Benedetto XVI ad Aquileia e Venezia. Mons. De Antoni: abbiamo bisogno di essere rafforzati nella fede
Tutto è pronto ad Aquileia, Venezia e Mestre per l’attesa visita di Benedetto XVI, il 22.mo viaggio del Papa in Italia in sei anni di Pontificato. Oggi pomeriggio il Santo Padre sarà ad Aquileia, quindi - dopo le 18 - si trasferirà a Venezia per incontrare la cittadinanza in Piazza San Marco. Domani celebrerà la Santa Messa nel Parco San Giuliano a Mestre, per poi far ritorno a Venezia. Il rientro è previsto in serata a Roma-Ciampino. Sul clima di attesa in queste aree del Nordest d’Italia, il servizio del nostro inviato Luca Collodi:
Benedetto XVI inizia oggi la visita nel ricco Nordest italiano, partendo dal Friuli. Trova una regione più povera per la crisi economica. Una terra dove si parla l’Italiano, lo sloveno e il tedesco e che nonostante la fatica del vivere quotidiano non ha perso le ragioni della speranza accogliendo alla vigilia della visita papale un gruppo di migranti somali di Mogadiscio in un piccolo paese della vallata.
Benedetto XVI visita il Friuli a 35 anni dal terremoto del maggio 1976 che rase al suolo buona parte della regione. Arriva in un territorio che ha dato alla Chiesa tre Papi, Pio X, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo I, a testimonianza, sottolinea il patriarca di Venezia, Angelo Scola, “del rapporto storico tra il Papato e il Nordest”. Nel pomeriggio, sarà ad Aquileia, diocesi di Gorizia e antica sede del Patriarcato che ricorda popoli diversi riuniti da radici cristiane, dopo un tragitto di circa 18 chilometri dall'aeroporto di Trieste, uno dei più lunghi effettuato in papamobile. Darà il via alla fase preparatoria del secondo Convegno ecclesiale del Triveneto su evangelizzazione e missionarietà in programma, proprio ad Aquileia, l’anno prossimo. Benedetto XVI sarà accolto anche da rappresentanti delle Chiese ortodosse di Grecia e Romania. Lungo le strade e nella piazza del Capitolo della Basilica sono attese almeno 100mila persone in arrivo anche da Slovenia, Austria, Croazia e Baviera.
In una stagione di forti cambiamenti sociali, i vescovi del Triveneto attendono dal Papa una luce per il cammino della Chiesa locale perché possa “reggere di fronte alle sfide e alle tempeste della storia”. Un messaggio che nella tradizione di questa terra, superi i confini italiani e promuova un “risveglio religioso” tra regioni e popoli perché sappiano collaborare insieme - alla luce della fede cristiana – nella soluzione dei problemi sociali ed economici in un quadro mutato di pluralismo culturale. In serata, il Papa lascerà in elicottero Aquileia per Piazza San Marco a Venezia, dove su una piccola papamobile elettrica guidata da un vigile urbano del Comune veneto saluterà i fedeli prima di entrare in Basilica e raccogliersi in preghiera davanti alle reliquie di San Marco evangelista. Domani, il Papa raggiungerà in mattinata la terraferma, a Mestre, dove celebrerà la Messa e reciterà il Regina Coeli nel parco di San Giuliano. Sempre domani, ma nel pomeriggio, l’atteso incontro in laguna con i rappresentanti della società civile veneta e in serata il ritorno a Roma. (Da Venezia, Luca Collodi, Radio Vaticana)
Sulla visita del Papa nel Nordest d’Italia e in particolare ad Aquileia, ascoltiamo l’arcivescovo di Gorizia Dino De Antoni. Luca Collodi gli ha chiesto come stia cambiando la fede in questa terra:
R. – Noi dobbiamo confessare con umiltà che anche nelle regioni del Nordest dell’Italia i cristiani hanno bisogno di essere confermati nella fedeltà a Gesù, al suo Vangelo, alla grande tradizione cristiana che ha generato la nostra civiltà. Io penso che il Papa verrà anche per ricordare il ruolo importante che per il Nordest, e per la stessa Chiesa universale, ha avuto Aquileia: qui Ambrogio ed Attanasio combatterono fortemente contro l’eresia ariana in difesa della fede cattolica; da qui partì l’evangelizzazione di tutto il Nordest per arrivare fino al Nord della Slovenia, all’Austria fino ad alcune zone della Bassa Germania. Il Papa verrà a ricordarci queste cose, dunque. Però è vero che verrà anche a risvegliare il Nordest sui valori cristiani, dal momento che anche per noi è in atto un processo di secolarizzazione, ossia la pretesa di gestire la propria vita indipendentemente da Dio. Io credo che solleciterà anche una domanda di orientamento e di speranza, perché la collocazione geografica del nostro territorio si offre come un’opportunità per coltivare nuove relazioni non soltanto tra Est ed Ovest, ma anche tra Nord e Sud, visto che – per esempio – qui da noi già nel 2001 e per cinque anni abbiamo ospitato migliaia di profughi clandestini che venivano, anche in mancanza di attenzione da parte della realtà amministrativa locale.
D. – Una diocesi plurilingue, una diocesi di confine, una diocesi – ad esempio – con parrocchie e un centro culturale di lingua e tradizione slovena …
R. – Va ricordato che, prima del 1947, la maggioranza delle parrocchie dell’arcidiocesi di Gorizia era di lingua slovena. La diocesi si estendeva per qualche decina di chilometri da Lubiana: il territorio era tre volte l’attuale, oltre 3 mila chilometri quadrati contro i mille attuali. E la maggioranza della popolazione era di lingua slovena. Di quelle molteplici parrocchie di lingua slovena, ne sono rimaste oggi soltanto una decina, entro i confini dello Stato italiano. Di queste dieci parrocchie, non tutte però sono esclusivamente di lingua slovena, però la presenza slovena dà una nota sua particolare per la tradizione di un cristianesimo di vera devozione, di tradizione antica che ha il popolo sloveno; di un cristianesimo che magari non è molto aggregato alla maniera italiana delle parrocchie, ma che ha per esempio i gruppi dei cantori, ha centri culturali all’interno dei quali, in quanto minoranza, si ritrovano tutti coloro che appartengono alla lingua slovena. E hanno una vivacità e una forza che nel territorio viene apprezzata. (gf)
La visita di Benedetto XVI è anche un’occasione per riunire le Chiese dell’antico Patriarcato di Aquileia. E’ quanto sottolinea al microfono di Luca Collodi il giornalista Juri Paljk, direttore del settimanale cattolico “Novi Glas”, rivolto alla comunità linguistica slovena del Friuli Venezia Giulia:
R. – Il Papa viene a confermare la nostra fede. Viene ad Aquileia, nella terra che fu dell’evangelista Marco. Siamo molto contenti che venga da noi, come sono contenti i nostri amici sloveni, croati, ungheresi, i fedeli austriaci e chiaramente i fedeli che vivono in Italia: tutti i popoli con Chiese locali – quasi 60 – appartenenti al glorioso Patriarcato di Aquileia.
D. – Aquileia ricorda popoli diversi uniti dalle radici cristiane. Oggi è ancora così?
R. – Sì, è così. Anche nella vicina Slovenia saranno in tanti ad andare ad Aquileia e il giorno dopo al Parco di San Giuliano a Venezia. La vicina Slovenia comprende solo quelle zone che una volta erano all’interno del Patriarcato di Aquileia. Questo vuol dire che, nel corso dei secoli, la Chiesa locale del Patriarcato sapeva parlare del Vangelo nel modo migliore, nelle lingue dei popoli che confluivano in essa.
D. – Quali, invece, i problemi che potrebbero tenere lontane le vecchie Chiese di Aquileia. Penso ad esempio alla crisi dell’ex Jugoslavia...
R. – Io credo e spero che le crisi siano superate e vorrei soffermarmi solo sull’attuale Unione Europea che non è nient’altro che un rifacimento dello spirito di Aquileia. Purtroppo – dico io – si dimenticano spesso nella nuova Europa le radici cristiane, anche se nel Patriarcato di Aquileia c’era già tutto quello che cerchiamo di costruire nella nuova Europa. Riscoprendo lo spirito di Aquileia, si riescono a superare anche i vecchi rancori, le vecchie diatribe, perché lo spirito di Aquileia, della Chiesa da cui abbiamo ricevuto tutti la verità del Vangelo, è ancora vivo oggi. (ap)
Dal 12 al 15 aprile 2012 avrà dunque luogo ad Aquileia il secondo Convegno ecclesiale delle Chiese del Nordest, sul tema “In ascolto di ciò che lo Spirito dice alle Chiese del Nordest”. Un evento che giunge a ventidue anni dal primo grande convegno di Aquileia, tenutosi nel 1990. Ce ne parla il segretario del Comitato preparatorio di Aquileia 2, mons. Renato Marangoni, intervistato da Luca Collodi:
R. - Si tratta innanzitutto di un’esigenza molto sentita di incontro tra le nostre Chiese: sono 15 diocesi, che hanno camminato in questi anni; ci sono stati cambiamenti dal punto di vista socioculturale, ma anche ecclesiale. Per cui ci si incontra anzitutto per mettere insieme l’esperienza di questi anni.
D. - Benedetto XVI apre la seconda fase di preparazione di questo convegno, in vista dell’anno prossimo…
R. - Benedetto XVI viene in un momento anche molto importante e decisivo per questa preparazione di due anni. Benedetto XVI si inserisce in questo momento in cui noi apriamo il secondo anno di preparazione e in cui vorremmo cogliere, dal vissuto ecclesiale di questo territorio, le sfide pastorali.
D. - Si può paragonare “Aquileia 2” ad un Sinodo delle Chiese del Nordest?
R. - Non abbiamo utilizzato questa categoria del Sinodo, perché dal punto di vista del diritto canonico definisce un evento particolare. Il nostro è un convenire sinodale, dove emerge il fatto di riconoscersi vicendevolmente tra Chiese locali, perché condividiamo uno stesso territorio. Prendiamo allora l’anima di un Sinodo e cioè il metodo di convenire insieme, di metterci insieme, in ascolto della volontà di Dio, ma anche nel tentativo di cogliere insieme quello che è importante ed essenziale oggi.
D. - Da vent’anni a questa parte, come sono cambiate le Chiese nel Nordest?
R. - Sono cambiate, ma è una lettura non facile: mi pare che dalle diocesi viene una grande domanda sui giovani, sulle nuove generazioni, sul rapporto con il mondo del lavoro, dell’imprenditoria e con questi mondi vitali che sono molto cambiati oggi. La preoccupazione è quella di chiederci: come Chiesa dove siamo collocati?
D. - Guardando ad Aquileia, alcune problematiche vanno oltre i confini delle Chiese del Nordest…
R. - Noi, in questo contesto del Nordest, siamo stati cambiati essenzialmente dal fenomeno dell’immigrazione. La presenza di tante persone che sono venute da altre terre, da altri popoli, da altre culture, da altri religioni è proprio interna e ci ha portato il mondo dentro; ma anche il contesto del Nordest, la sua intraprendenza anche lavorativa, ci ha portato all’esterno. E’ qualcosa ormai di strutturale nel nostro contesto quello che è avvenuto con l’immigrazione, con questa trasformazione, anche dei nostri rapporti interni a questo territorio così chiamato Nordest. (mg)
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