mercoledì 4 maggio 2011

Chi comanda alla «Cattolica»? L'analisi di Giacomo Galeazzi

Il salotto buono della finanza bianca tra opere pie e veline

GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO

Chi comanda alla «Cattolica»?
La domanda riecheggia nei Sacri Palazzi con periodica ricorrenza. Da quasi un secolo è nel prestigioso cenacolo di padre Agostino Gemelli che si giocano delicate partite di potere nella Chiesa.
Da sempre la Curia ambrosiana e la Conferenza episcopale italiana vogliono che ad avere l’ultima parola sia l’episcopato invece che la Santa Sede. Stavolta ad aggravare la tensione si staglia, sullo sfondo, la battaglia per la designazione del nuovo arcivescovo di Milano, ma di tentati blitz, guerre di dossier e rivalità sotterranee sui nomi dei consiglieri di amministrazione è costellata la storia del «Toniolo», sensibilissimo barometro dell’atmosfera nelle gerarchie ecclesiastiche e nel laicato. E’ in questo ambiente particolarissimo che nell’estate 2009 è stata confezionata la «velina» anonima, poi pubblicata dal «Giornale», che infangava e costringeva alle dimissioni il direttore di «Avvenire», Dino Boffo (membro del comitato del «Toniolo») coinvolgendo vecchia e nuova gestione della Cei e della Segreteria di Stato in una drammatica bufera. L’estensore del falso documento voleva screditare l’uomo di fiducia di Ruini per mutare i delicati assetti interni del «salotto buono».
L’istituto che fondò e gestisce l’università di padre Gemelli è uno degli snodi fondamentali del potere ecclesiale in Italia. Nell’attuale cda c’è il «numero due» della Cei Mariano Crociata che dovrebbe garantire gli equilibri creati al Toniolo da Tettamanzi quando Giovanni Paolo II gli affidò l’ente per ridare un’impronta ecclesiale ai progetti della Cattolica. «Sul controllo del “Toniolo” si confrontano da sempre la Curia romana e i vescovi italiani e lombardi», spiegano in Vaticano. Prima Sodano e adesso Bertone tentano di prendere le redini del «cenacolo» attorno al quale ruotano banche e istituzioni lombarde. Entro breve sarà l’ex accademico Benedetto XVI, ascoltato il nuovo arcivescovo di Milano, a sciogliere il nodo-Toniolo. Negli anni in cui gli scandali dello Ior di Marcinkus e dei «banchieri di Dio» Sindona e Calvi turbavano la Santa Sede, quello del «Toniolo» era considerato un modello virtuoso, tant’è che Papa Giovanni Paolo II scelse alla Cattolica Angelo Caloia al posto di Marcinkus. I più bei nomi dell’accademia e della finanza bianca gravitano da decenni attorno all’ente che si contraddistingue come una roccaforte ecclesiale di assoluto rilievo. Quando nel 2003 Tettamanzi prese il suo posto, Emilio Colombo fece fuoco e fiamme rivendicando «il pieno riconoscimento nelle più alte sedi dell’opera da me svolta» e negando la rimozione. «Mi sono dimesso in applicazione di una modifica statutaria proprio da me proposta che trasformava il “mandato a vita”, previsto dai fondatori in “mandato a termine”», dichiarò. In realtà, allora come adesso, dietro le quinte si combatteva lo scontro tra la Segreteria di Stato vaticana e l’episcopato italiano e lombardo.

© Copyright La Stampa, 4 maggio 2011 consultabile online anche qui.

1 commento:

Anonimo ha detto...

oggi si parla del toniolo, quando è scoppiato l'affaire boffo nessuno lo considerava. Se non per un articolo, che solo blograffaella aveva ripreso: http://paparatzinger3-blograffaella.blogspot.com/2010/02/boffo-incastrato-nei-giochi-di-potere.html

Che cosa è successo perchè improssivamente i grandi giornalisti hanno messo in luce la questione, dopo aver fatto finta di nulla per oltre un anno?