venerdì 20 maggio 2011

Domani Benedetto XVI in collegamento con la Stazione spaziale internazionale (Radio Vaticana)

Domani Benedetto XVI in collegamento con la Stazione spaziale internazionale

Domani Benedetto XVI si collegherà con la Stazione spaziale internazionale in occasione dell’ultima missione dello Shuttle Endeavour.
Il collegamento via satellite avverrà a partire dalle 13.11 e sarà trasmesso in diretta televisiva, grazie alla Nasa e all’Agenzia Spaziale Europea, ed in streaming nel sito Internet della Radio Vaticana (www.radiovaticana.org) e del Centro Televisivo Vaticano. Il Papa si rivolgerà agli astronauti presenti nella Stazione spaziale, tra cui i due italiani Paolo Nespoli e Roberto Vittori, che ha portato con sé la medaglia d’argento, dono di Benedetto XVI. Ascoltiamo l’ingegnere Enrico Saggese, presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, al microfono di Fabio Colagrande:


R. – La medaglia d’argento con la creazione dell’uomo di Michelangelo viaggerà per sedici giorni sulla Stazione spaziale e poi verrà riportata al Papa perché la conservi come un ricordo anche di questa storica trasmissione, che speriamo veramente allarghi i cuori dei nostri astronauti, e di questo colloquio del Papa con almeno nove dei dodici astronauti: tre, purtroppo, dovranno rimanere al lavoro per gestire la Stazione spaziale, ma gli altri nove si collegheranno con il Papa.

D. – Benedetto XVI avrà dunque un collegamento satellitare audio-video con la Stazione spaziale…

R. – La Stazione spaziale è ad un’altezza di circa 400 km sopra la Terra, quindi percorre un’orbita intorno alla Terra in circa 90 minuti. Il collegamento con la Stazione spaziale avviene tramite dei satelliti di rilancio dati, il Tdrss americano, un satellite in orbita geostazionaria che si collega con la Stazione spaziale mentre questa viaggia nel cielo e poi il segnale rinviato a terra viene portato fino in Vaticano. Quindi, in Vaticano ci sarà la possibilità di vedere gli astronauti, di vedere le loro azioni in assenza di gravità e di essere poi ascoltati da parte degli astronauti. Quindi, il messaggio che il Papa manderà verrà ricevuto dagli astronauti stessi che si riuniranno appunto per ascoltarlo. Il collegamento, quindi, sarà un collegamento audio e video e consentirà poi una sua diffusione sulla rete della Nasa in maniera che questo collegamento sia noto a livello mondiale. Esiste un collegamento che si chiama Nasa-tv che trasmette in tempo reale tutte le immagini della Stazione spaziale e che chiunque sia interessato alla Stazione spaziale può ricevere via internet. Quindi questo messaggio raggiungerà non solo gli astronauti ma tutti coloro che hanno amore per lo spazio e che sono interessati all’avventura dell’uomo nello spazio.

D. – Quanto durerà all’incirca questo collegamento?

R. – Pensiamo di farlo durare 20 minuti: quindi, ci saranno sicuramente messaggi che gli astronauti vorranno affidare al Santo Padre; c’è il tempo che il Santo Padre utilizzerà, probabilmente, per informarsi, per dare, speriamo!, la sua benedizione agli astronauti e magari per piccole domande e risposte tra gli astronauti e il Santo Padre.

D. – Quindi è prevista anche una sorta di dialogo?

R. – Per quello che riguarda l’evoluzione del suo messaggio, è tutto nelle mani del Santo Padre: come vorrà veicolarlo e che tipo di colloquio intenderà instaurare, sapendo che dall’altra parte abbiamo persone che viaggiano intorno alla Terra, la vedono dall’esterno, vedono l’assenza di confini, vedono quello che l’uomo provoca sulla Terra e vedono tutti i fenomeni naturali. Per cui, forse per questi aspetti sono più vicini di noi ad una visione “cosmica” della Terra, oltre che per quelli religiosi come noi, ad una visione religiosa dell’evento stesso.

D. – Da Giovanni XXIII in poi, i Pontefici si sono sempre interessati alle missioni spaziali. Per lei, come presidente dell’Agenzia spaziale italiana, che significato assume questo collegamento di Benedetto XVI con la Stazione spaziale internazionale, in cui si trovano anche due astronauti italiani?

R. – Per me, personalmente, ha un significato enorme perché io sono credente e quindi avere la possibilità di questo collegamento con due italiani, in questo momento storico è una cosa che mi emoziona moltissimo. Io seguirò il collegamento e spero di riceverne un messaggio positivo anche per il prosieguo delle nostre attività. Da un punto di vista tecnico, devo dire che è importante anche che avvenga in questo momento, perché vi è uno strumento che è stato sviluppato da 600 scienziati nel mondo e che è l'Alpha Magnetic Spectrometer, che va a vedere la presenza di antimateria nell’Universo, a studiarne la composizione e l’origine. Quindi, si tratta di un collegamento proprio nel momento in cui si monta uno strumento – uno strumento enorme, grande come una stanza e che pesa più di otto tonnellate – che consentirà di comprendere meglio l’origine dell’Universo, è un collegamento che in qualche modo unisce gli aspetti tecnologici con gli aspetti religiosi. Quindi, sicuramente è foriero di tutta una serie di interessanti evoluzioni per il futuro. (gf)

L’Alpha Magnetic Spectrometer, portato sulla Stazione Spaziale Internazionale dallo Shuttle Endeavour, alla sua ultima missione, è entrato in funzione ieri: si tratta di uno strumento straordinario creato da un equipe internazionale coordinata dal Dipartimento dell'Energia statunitense. L’Italia ha contribuito per il 25% al progetto attraverso l’Agenzia Spaziale Italiana e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Sul funzionamento del rivelatore, in grado di cercare nel cosmo l'antimateria e la materia oscura, sentiamo Roberto Battiston, astrofisico dell’Università di Perugia, responsabile scientifico italiano per il cacciatore di antimateria Ams. L’intervista è di Fabio Colagrande:

R. – Raccoglierà i dati ad un ritmo fenomenale: sarà cento, mille volte più rapido di qualsiasi esperimento della stessa categoria che abbia mai operato nello spazio. Le particelle arriveranno ad un ritmo di migliaia e migliaia al secondo, senza sosta, giorno e notte, per i prossimi 20 anni. Il nostro obiettivo – ne abbiamo parecchi di obiettivi scientifici, ma quello più affascinante, che maggiormente cattura l’immaginario pubblico - è cercare, in questi miliardi e miliardi di particelle, quelle che rappresentano le nuove forme di materia, che sono accertate dalle teorie ma non riproducibili in laboratori. E’ come se noi, sopra Roma, avessimo un grandissimo acquazzone e, una volta ogni dieci miliardi di gocce, ne cadesse una rossa e io sapessi coglierla al volo, identificarla ed evidenziare, con questo, un fenomeno diverso dagli altri. Questo è ciò che Ams farà nei prossimi anni, aspettando queste particelle rarissime ma importantissime.

D. – Come mai l’attesa per i risultati di questo esperimento legato all’Ams è così grande in tutto il mondo?

R. – Sappiamo che per ogni particella esiste la sua anti-particella, ma dobbiamo anche ammettere che non capiamo come mai il mondo a noi vicino è fatto solamente di materia. All’inizio dei tempi il Big Bang ha formato una parte di materia ed una corrispondente parte simmetrica di antimateria. Che fine abbia fatto quest’antimateria non lo sappiamo. Quello che sappiamo è che tutti i nuclei di cui siamo fatti – il carbonio, l’ossigeno ed anche l’elio – vengono dalla fusione all’interno delle stelle. Il Big Bang non ha costruito il ferro, non ha creato il carbonio e l’ossigeno. Ha creato perlopiù idrogeno, che poi, nelle prime stelle primordiali ha via via creato, per fusione, come il nostro Sole, i nuclei più pesanti fino al carbonio, all’ossigeno, fino a quello di cui siamo fatti noi oggi. Ora, se trovassimo degli ampi nuclei di ossigeno e di carbonio cosa vorrebbe dire? Basta vederne uno e si ha la dimostrazione che, da qualche parte nell’universo, esistono delle anti-stelle, degli anti-pianeti, delle quantità enormi di antimateria e ristabiliremmo quella simmetria che a livello microscopico osserviamo quotidianamente al Cern o a Frascati o nei grandi generatori di particelle, ma che a livello di universo sembra sparita.

D. – Da queste ricerche, quindi, quali importanti risultati potrebbero trarsi?

R. – I risultati sono principalmente di carattere scientifico. Noi siamo letteralmente immersi e attraversati - anche nella stanza in cui lei si trova - da particelle di materia oscura che sappiamo esistere ma non sappiamo come siano fatte e che cerchiamo di rilevare in tutti i modi possibili, ad esempio, con esperimenti nel grande laboratorio del Gran Sasso – creato da Antonino Zichichi -, nello spazio, al Cern di Ginevra. In condizioni diverse, cerchiamo di capire di cosa è fatta questa materia oscura che, ricordiamo, è sei volte più abbondante della materia di cui siamo fatti. Noi, quindi, siamo costituiti da una materia minoritaria. Se riuscissimo a capire, con Ams, da alcuni segnali che ci aspettiamo dallo spazio, di cosa è fatta la materia oscura, avremmo fatto un passo avanti gigantesco. Naturalmente questi sono gli obiettivi scientifici che hanno motivato la collaborazione internazionale di 600 persone, ma ci sono tantissime applicazioni e ricadute. Pensiamo solamente a tutte le applicazioni nell’utilizzo dei campi magnetici nello spazio oppure dell’elettronica che resiste alla radiazione all’esterno dell’atmosfera, o a cose più futuristiche e avveniristiche: stiamo studiando la possibilità di creare degli scambi magnetici per proteggere gli astronauti dalle particelle cosmiche – le stesse che studiamo con Ams – per permettere loro di poter stare a lungo nello spazio. E’ un problema attualmente irrisolto ma che dev’essere risolto se vogliamo veramente andare su Marte o sulla Luna. (vv)

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