giovedì 19 maggio 2011

"Gesù di Nazaret" di J. Ratzinger-Benedetto XVI, Caccia: Nonostante sia scritto da un grande teologo e studioso, il saggio si presenta come un libro semplice per i semplici, azzardando lo si potrebbe definire un Vangelo per il popolo

Una lettura personale e intima

Ermanno Caccia

In poche settimane dalla sua uscita nelle librerie, risulta essere già un best seller e, d'altronde, non potrebbe essere diversamente in virtù del fatto che a scriverlo sia stato Joseph Ratzinger, al secolo Benedetto XVI. Parliamo di "Gesù di Nazareth. Dall'ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione" (Libreria Editrice Vaticana, 348 pagine, 20 euro), tradotto e distribuito in tutto il mondo.
Dopo il primo volume dell'aprile 2007, nel suo secondo volume ci viene consegnata la "storia" completa di Gesù, vista e commentata dal Papa teologo. Un opera che, senza pretesa alcuna, viene consegnata ai lettori e agli studiosi quale contributo personale alle varie questioni storiche ed esegetiche poste dalla figura del Nazareno.
Un libro che conduce in nove passi-capitoli all'incontro personale con quel Gesù, con quella storia, con quella umanità-divinità singolare che è all'origine del Cristianesimo. A lettura terminata del saggio del Papa teologo, ritorna alla mente un monito dello stesso Gesù di Nazareth: "Andate per tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura". (Mc.16,15)
Nonostante sia scritto da un grande teologo e studioso, il saggio si presenta come un libro semplice per i semplici, azzardando lo si potrebbe definire un Vangelo per il popolo, volutamente "popolare", come dal resto i testi canonici cui si ispira e commenta e che, come quelli, non richiede necessariamente un continuum di lettura. Un saggio su quel Cristo che stupisce per la semplicità che, non raramente, fa nascere emozioni.
In un momento nel quale si parla molto della necessità di ritornare alle nostre radici cristiane della millenaria tradizione italiana ed europea, si deve registrare contestualmente che si sente molto meno la necessità che queste radici cristiane diano sempre nuovi frutti, correndo il rischio che queste radici si secchino e l'albero muoia; ecco perché questo saggio dovrebbe essere letto da cristiani e non.
Il saggio non ha la pretesa di sostituir e/o confutare i corposi e numerosi trattati teologici ed esegetici presenti negli scaffali di biblioteche, ma ha certamente l'intenzione di consegnarci delle istantanee, delle fotografie nitide dell'uomo Gesù, che può dire ancora qualcosa di interessante a uomini immersi nella tecnologia e nel raziocinio contemporaneo.
L'amore di Benedetto XVI per la Sacra scrittura è ben conosciuta e ben conosciute sono le sue opinioni su un certo modo di fare esegesi, che non di rado ci consegnano un Gesù e le sue vicende in un modo talmente tagliuzzato e legato a questioni storiche ed ermeneutiche che di fatto si fa fatica, talvolta, a riconoscerlo come reale umano-divino.
Ed è questo amore all'originalità e singolarità di questo personaggio che spingono il Papa teologo a ribadire concetti per altro sottolineati nella sua esortazione post-sinodale, "Verbum Domini": la grande importanza che rivestono le Scritture non deve far dimenticare che esse traggono la loro forza da Gesù Cristo, il Verbo incarnato, che è la parola del Dio vivente che ha assunto una natura umana. Per questo motivo il Cristianesimo non può essere considerato fra le "religioni del libro" (come avviene per l'ebraismo con la Torah o l'islam con il Corano) perché per il cristiano il cuore della fede è Cristo vivo, cioè una persona. Per quanto sia grande e importante la Scrittura, per i cristiani essa non è altro che un veicolo che ci conduce a Cristo vivo, il Verbo che si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi.
E da queste premesse che viene rivolto un invito velato a tutti i cristiani, un invito alla stessa Chiesa a comprendere tutta la bellezza e la grandezza che ci proviene della Sacra scrittura.
Benedetto XVI coglie le questioni essenziali, che stanno alla base della conoscenza concreta e reale di Gesù, nella sua trattazione invita costantemente ad evitare sterili questioni procedurali e dispute accademiche al fine di ri-trovare il Gesù dei vangeli, accogliendolo nella comunità dei suoi seguaci del terzo millennio.
L'interpretazione della Sacra scrittura è da sempre una questione spigolosa e di difficile soluzione. Il grande Concilio, il Vaticano II, pose chiaramente tre fondamentali criteri per questo discernimento interpretativo e su questa linea Benedetto XVI mostra chiaramente come nella figura di Gesù si possa fare sintesi: tenere unita la Sacra scrittura nella continuità della tradizione della Chiesa e che sia necessario un uso diligente dell'analogia della fede.
Nella lettura dei novi capitoli del saggio di Benedetto XVI vengono tracciati, e in qualche modo definiti e portati alla conclusione, grandi questioni cruciali. Il fondamento storico di Gesù, il suo messianismo, la sua morte per espiazione dei peccati e la sua risurrezione in rapporto alla sua corporeità.
Trattando il volume l'esistenza di Gesù nel suo scorcio finale e trattando, in definitiva, ciò che dà ragione all'esistenza stessa del cristianesimo, la Risurrezione, appare evidente che le questioni interpretative ed ermeneutiche sono tutt'altro che semplici e di facile soluzione. Il Papa teologo utilizza, per questo suo racconto, un esegesi ponderata che interpreta i fatti, guidata dall'ermeneutica della fede che non dimentichi la storia e di cui questa stessa fede è colma. È l'esegesi storica-critica, con l'accortezza di tenere sempre e comunque presente che quanto narrato dal Nuovo testamento è spiegabile grazie all'Antico testamento e viceversa.

Non ha paura Benedetto XVI a ribadire, tra le righe, che esiste un legame tra cristianesimo e ebraismo, l'interpretazione che il Papa fa della grande preghiera sacerdotale del cap.17 del quarto Vangelo, alla luce della tradizione ebraica dello Yom Kippur, ci dice quanto questo legame sia fecondo anche e soprattutto a livello esegetico.
Il Gesù di Ratzinger non è il messia rivoluzionario che tanta letteratura ci vorrebbe presentare, esso è sì il Messia, ma un Messia religioso, con una dimensione propria rappresentata dai munera regale e sacerdotale propri e unici, che ha come scopo quello di instaurare un culto nuovo che coinvolge l'uomo nella sua intera esistenza, in aperta antitesi con il culto parziale, allora dominante.
Anche a riguardo al senso da attribuire alla morte di croce di Gesù, avvenuta per la redenzione e per l'espiazione dei peccati, il Papa appare deciso nel consegnarci un interpretazione che sbaraglia le contestazioni attuali in ordine alla contrapposizione del Padre misericordioso e il Padre crudele assetato di giustizia, alla contrapposizione tra autonomia e libertà di Cristo e il suo ruolo di capo espiatorio.
Misericordia e giustizia sono le facce diverse della stessa alleanza in essere tra Dio e il suo popolo.
Un alleanza che è innanzitutto da ritenersi un dono, più che un trattato, che si è perpetrato nella lunga storia narrata nell'Antico testamento da Abramo, a Mosè, a quanto esplicitato dai profeti, all'alleanza con Davide, alla nuova alleanza narrata da Geremia e approfondita nei libri sapienziali, che trova il suo compimento nella definitiva e nuova alleanza rappresentata in Gesù Cristo come ultimo dono di Dio, un alleanza che si muove nella storia e che impegna costantemente i cristiani.
Anche per quanto attiene la questione della Risurrezione di Gesù, Ratzinger appare determinato a ribadire che è proprio nel kerigma-annuncio che Cristo è risorto dai morti il fondamento di tutta la fede cristiana. È da questo avvenimento che scaturisce la decisione dei primi apostoli, dispersi dopo la morte di Gesù, a iniziare un cammino nuovo che trascenda alla mera constatazione di una presenza corporale del Risorto.
Nelle appassionate pagine di Gesù di Nazareth sono contenute riflessioni, interpretazioni e conclusioni che certamente faranno discutere esperti conoscitori degli studi approntati nei confronti di Gesù, che in una sterminata bibliografia hanno analizzato aspetti dei più disparati e diversi di questo personaggio spartiacque, ma nel segno dell'umiltà e nella consapevolezza di ricoprire il ruolo di Pastore universale della Chiesa, Ratzinger non vuole né accendere polemiche né tanto meno minimizzare gli stessi contributi.
La verità della Scrittura deve essere intesa in senso dinamico: essa non concerne tanto le singole affermazioni, quanto la rivelazione di Dio nella sua globalità e in quanto storia salvifica. Non si possono valutare i testi antichi partendo semplicemente dalla nostra mentalità, ma è indispensabile quello sforzo interpretativo che tenga presente il contesto in cui le pagine della Scrittura sono nate, i generi letterari in esse impiegati, i condizionamenti che hanno inciso sui diversi autori. Il lettore deve, dunque, avere quella sapienza e quella capacità per poter discernere ciò che è importante da ciò che è marginale, il filo rosso della rivelazione dall'involucro che la custodisce. In questo senso il ruolo di biblisti ed esegeti può essere fondamentale.
Essendo stata scritta per la Chiesa, la Sacra scrittura non può essere letta ed interpretata personalmente e in modo disgiunto dalla Chiesa. Agli uomini di oggi è chiaro l'invito ad un accostarsi personalmente ai libri sacri, ma con quella medesima fede con cui li interpreta la Chiesa.
Pare di intravedere in questo saggio di Papa Benedetto XVI una preoccupazione impellente: consegnare a noi uomini del terzo millennio una concreta e fondata possibilità di riscoprire un personaggio storico umano e divino come quello di Gesù.
Avviare il popolo ad una lettura personale e intima della Sacra scrittura non rappresenta una facile impresa, come dimostra l'esperienza la Bibbia che risulta essere, certamente, un libro presente nella stragrande maggioranza delle nostre case, ma non è letta. Un libro, quello di Ratzinger, che certamente non sostituisce questo portentoso scrigno, ma pone le premesse indispensabili per una sua lettura fruttuosa.

© Copyright L'Avanti, 15 maggio 2011 consultabile online anche qui.

1 commento:

laura ha detto...

A me non sembra affatto semplice. Se non si conosce un po' di esegesi e n osi ha una buona conoscenza della Sacra Scrittura, molte passi son poco comprendsisibili. Che poi sia bellissimo e scritto per tutti, è un altro discorso. Non credo che tutti quelli che l'hanno comprato siamo riusciti a leggerlo tutto e a capirlo davvero. Il Santo Padre usa un linguaggio semplice, perchè possiede in modo chiarissimo i concetti di cui parla e scrive, ma non tutti hanno la preparazione adeguata. la definizione di "vangelo per il popolo" è quanto ma inadeguata e riduttiva