domenica 15 maggio 2011

Il Papa sostiene la Chiesa Cattolica in Libia: no alla violenza, sì al dialogo (Izzo)

PAPA: CON CHIESA LIBIA, NO A VIOLENZA SI' A DIALOGO

(AGI) - CdV, 15 mag.

(di Salvatore Izzo)

Benedetto XVI non si discosta dalla condanna dei suoi predecessori alla guerra e ribadisce che anche nel caso della Libia la violenza non e' la soluzione dei problemi. In realta' sono due mesi che lo ripete, affermando fin dall'indomani dell'attacco dei "volenterosi" che bisognava proteggere la popolazione civile. Ma c'e' stato chi non ha voluto capirlo e con spericolate analisi ha pensato di individuare una divaricazione - che non c'era e non c'e' - tra la posizione della Santa Sede e quella del vicario apostolico di Tripoli, monsignor Giovanni Innocenzo Martinelli, al quale, infatti, l'agenzia vaticana Fides ha dato ogni giorno la parola. Ed oggi il Papa non solo ha rinnovato il suo "pressante appello" per la Libia, affinche', ha detto, "la via del negoziato e del dialogo prevalga su quella della violenza con l'aiuto degli Organismi internazionali che si stanno adoperando nella ricerca di una soluzione alla crisi". Ma ha anche voluto testimoniare pubblicamente la sua solidarieta' alla Chiesa Cattolica presente in Libia e molto impegnata - attraverso proprio il vescovo francescano Martinelli - a favore della pace. "Assicuro - ha scandito - la mia orante e commossa partecipazione all'impegno con cui la Chiesa locale assiste la popolazione, in particolare tramite le persone consacrate presenti negli ospedali".
Benedetto XVI in particolare ha fatto sua la denuncia di monsignor Martinelli sulle vittime civili, confidando di "seguire con grande apprensione il drammatico conflitto armato che, in Libia, ha causato un elevato numero di vittime e di sofferenze, soprattutto fra la popolazione civile".
Fermo restando il diritto alla legittima difesa e quello all'ingerenza umanitaria, ma come interposizione tra i belligeranti e non sotto forma di bombardamenti che davvero mirati non si rivelano mai, la condanna della Chiesa contro l'uso della violenza come strada per risolvere i problemi vale sempre e per ogni situazione. Ed e' quel "mai piu' la guerra" gridato da Papa Wojtyla per tentare di fermare i due attacchi all'Iraq e gli eccidi in Bosnia, e prima da lui da Giovanni XXIII quando nel 1962 riusci' a scongiurare una nuova guerra mondiale dopo la crisi della Baia dei porci, e ancor prima da Pio XI e da Benedetto XV contro i due conflitti mondiali. Una posizione dunque ormai tradizionale della Chiesa, che assolutamente non puo' essere letta come una scelta di campo a favore di un regime, tanto piu' se dittatoriale e a sua volta violento, come lo e' stato ieri quello di Saddam Hussein e oggi lo e' quello di Gheddafi. Tanto che una analoga condanna della violenza Papa Ratzinger ha ritenuto di pronunciarla oggi anche per la Siria, dove, ha detto senza fare sconti al figlio di Assad, che sembra aver ereditato anche la spietatezza dello storico dittatore di Damasco, "e' urgente ripristinare una convivenza improntata alla concordia e all'unita'".
"Chiedo a Dio - ha affermato in proposito il Pontefice - che non ci siano ulteriori spargimenti di sangue in quella Patria di grandi religioni e civilta', ed invito le Autorita' e tutti i cittadini a non risparmiare alcuno sforzo nella ricerca del bene comune e nell'accoglienza delle legittime aspirazioni a un futuro di pace e di stabilita'".
Per una coincidenza che si rivela tuttavia provvidenziale, queste ferme e coraggiose parole il Papa teologo le ha fatte precedere dalla meditazione rivolta ai 50 mila fedeli presenti in piazza San Pietro per il Regina Caeli, un commento all'odierna Giornata delle Vocazioni, nel quale ha ricordato che "il rapporto tra Cristo Pastore e il suo gregge e' un rapporto talmente stretto che nessuno potra' mai rapire le pecore dalla sua mano. Esse, infatti, sono unite a Lui da un vincolo d'amore e di reciproca conoscenza, che garantisce loro il dono incommensurabile della vita eterna". "In questa domenica viene dunque spontaneo - ha aggiunto - ricordare a Dio i Pastori della Chiesa, e coloro che si stanno formando per diventare Pastori. Vi invito pertanto a una speciale preghiera per i vescovi, compreso il vescovo di Roma, per i parroci, per tutti coloro che hanno responsabilita' nella guida del gregge di Cristo, affinche' siano fedeli e saggi nel compiere il loro ministero".
In questo contesto, Joseph Ratzinger ha ricordato la beatificazione Giovanni Paolo II e la sua "risonanza mondiale" ed ha citato anche "altri testimoni esemplari di Cristo, molto meno noti, che la Chiesa addita con gioia alla venerazione dei fedeli", come don Georg Hafner, un sacerdote diocesano tedesco, morto martire nel campo di concentramento di Dachau e beatificato oggi. Alla vigilia dell'attacco all'Iraq, il 16 marzo 2003, Papa Wojtyla aveva confidato di sentirsi un sopravvissuto alla catastrofe della guerra scatenata da Hitler nel '39 e di avvertire dunque come un dovere il tentativo di aprire gli occhi al mondo riguardo al male che qualunque guerra rappresenta.
E proprio mercoledi' scorso anche Benedetto XVI aveva ricordato come le due guerre mondiali siano state una sconfitta per l'umanita' intera. "L'esperienza del secolo scorso, con le due tragiche Guerre mondiali - aveva detto all'Udienza Generale - ha messo in crisi quel progresso che la ragione autonoma, l'uomo senza Dio sembrava poter garantire". "Anche in questo tempo nel quale la voce del Signore rischia di essere sommersa in mezzo a tante altre voci", gli uomini, ha ripetuto oggi, "hanno sempre bisogno di Dio e ci sara' sempre bisogno di Pastori che annunciano la sua Parola". Proprio quello che Benedetto XVI fa da sei anni senza lasciarsi condizionare da nessun potere mondano.

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