lunedì 23 maggio 2011

Oggi il card. Bagnasco affronterà il tema delle «linee guida» antipedofilia imposte da Benedetto XVI. Dopo la svolta voluta da Ratzinger, i panni sporchi non si lavano più in famiglia (Vecchi)

«Sportelli» antipedofilia aperti in tutte le diocesi

di Gian Guido Vecchi

Non sono passati molti anni da quando la Cei, il 21 maggio 2002, disse che la pedofilia nel clero italiano era «un fenomeno talmente minoritario che non merita un’attenzione specifica»: escluso ogni «monitoraggio».
Ma le cose cambiano: oggi pomeriggio il cardinale Angelo Bagnasco aprirà l’assemblea generale dei vescovi italiani e affronterà anche il tema delle «linee guida» antipedofilia che Benedetto XVI, attraverso l’ex Sant’Uffizio, ha chiesto di definire «entro maggio 2012» a tutte le chiese nazionali.
E la Cei ha cominciato da tempo a studiare le nuove regole, un gruppo di lavoro è all’opera da mesi, l’idea è presentare le linee guida già quest’anno. La Santa Sede ha insistito sulla responsabilità dei vescovi nel raccogliere le segnalazioni e «il dovere di dare risposte adeguate».
Così la Cei si sta muovendo per avere, anzitutto, una sorta di banca dati, il «monitoraggio» escluso nove anni fa. Alle domande dei giornalisti, l’anno scorso, il vescovo Mariano Crociata, segretario generale della Cei, rispose solo che risultava «un centinaio di procedimenti canonici nell’ultimo decennio», senza dettagli.
Le segnalazioni andavano dai singoli vescovi all’ex Sant’Uffizio, si dice, e quindi mancava il quadro generale.
Ma ora la «lettera circolare» della Santa Sede dà indicazioni precise. Ogni vescovo deve assicurare «la protezione dei bambini e dei giovani» e «ambienti sicuri», si suggeriscono «organi consultivi di sorveglianza e di discernimento dei singoli casi».
La strada è quella già tracciata dalla Chiesa in Germania: in ogni diocesi il vescovo nomina uno o più incaricati «a cui rivolgersi in caso di sospetti di abusi sessuali su minori». Una soluzione già sperimentata dalla diocesi di Bolzano, dove il vescovo Karl Golser ha nominato come referente il vicario Josef Matzneller, creando una struttura apposita. Del resto i principi da seguire sono chiari: ascolto e accoglienza di vittime e familiari, programmi di prevenzione, educazione dei seminaristi e «formazione permanente» del clero, trasparenza e «cooperazione con le autorità civili» perché «l’abuso di minori non è solo un delitto canonico ma anche un crimine».
Dopo la svolta voluta da Ratzinger, i panni sporchi non si lavano più in famiglia.
Il caso del fiorentino don Lelio Cantini — vent’anni di abusi su minori fino agli anni 90, parroco fino al 2005, spretato nel 2008 — resta esemplare: «Le autorità religiose non hanno ritenuto doveroso ricorrere alla competente giustizia penale» hanno scritto i pm nella richiesta d’archiviazione. I reati erano ormai prescritti.
Nella chiesa di don Seppia, il parroco di Sestri Ponente accusato di pedofilia, è stata trasmessa ieri la benedizione di Benedetto XVI ai fedeli che il cardinale Bagnasco aveva chiesto al Papa nell’udienza di lunedì scorso. La Santa Sede ha elogiato la «competenza e tempestività» dell’arcivescovo di Genova nell’affrontare la situazione. Ieri il presidente della Cei era in piazza San Pietro con centinaia di ragazzi della diocesi che hanno ricevuto la cresima. Ed è tornato a parlare di don Seppia: «Un grande dolore, un episodio drammatico. Oggi la presenza di tanti nostri ragazzi, insieme a tanti sacerdoti, è un po’ come l’olio sulle ferite».

© Copyright Corriere della sera, 23 maggio 2011 consultabile online anche qui.

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