Ricercatezze editoriali della seconda parte del «Gesù di Nazaret» di Benedetto XVI
Un libro è anche la sua copertina
Pubblichiamo ampi stralci della relazione tenuta dal direttore dell'Archivio «Julien Ries» dell'Università Cattolica del Sacro Cuore in occasione della presentazione del libro di Joseph Ratzinger - Benedetto XVI Gesù di Nazaret. Dall'ingresso a Gerusalemme fino alla risurrezione.
di Silvano Petrosino
«Non ho bisogno di dire espressamente che questo libro non è in alcun modo un atto magisteriale, ma è unicamente espressione della mia ricerca personale, del “volto del Signore” (cfr. Salmi, 27,8). Perciò ognuno è libero di contraddirmi».
Come scriveva nel 2007, anche nella premessa del volume Gesù di Nazaret. Dall'ingresso a Gerusalemme fino alla risurrezione Papa Benedetto XVI ha voluto ribadire, in altri termini ma con uguale chiarezza, tale concetto. Anche per questo il riferimento di copertina al nome proprio dell'Autore è da intendersi non solo in relazione al testo prodotto (in verità ogni testo è scritto da un autore, o da un insieme di autori, che ha, o che hanno, un nome proprio), ma anche e soprattutto in relazione al fatto che tale testo intende essere espressione di una «ricerca personale».
In copertina si leggono innanzitutto, in alto, i nomi dell'Autore: Joseph Ratzinger e, al di sotto, Benedetto XVI. In questa edizione della Libreria Editrice Vaticana (Lev) il corpo tipografico del carattere dei due nomi è quasi lo stesso, mentre nella copertina del precedente volume uscito per i tipi della Rizzoli (Milano, 2007) per il nome «Benedetto XVI» fu scelto un carattere decisamente più grande di quello di «Joseph Ratzinger». La scelta della Lev risulta essere più adeguata soprattutto perché coglie con maggior precisione l'esplicita intenzione dell'Autore.
Da questo punto di vista la firma «Joseph Ratzinger» agisce come una sorta di catalizzatore o di sollecitatore di quel confronto personale con il lettore che «Benedetto XVI», se fosse stato posto da solo, avrebbe forse rischiato di inibire.
Vi è poi il titolo: Gesù di Nazaret, con il sottotitolo Dall'ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione. Evidentemente si sarebbero potuti scegliere altri titoli; ad esempio: Il Messia, oppure Il Figlio di Dio. Ratzinger ha invece preferito in un certo senso il meno altisonante Gesù di Nazaret. Questi due tratti paratestuali, il nome/nomi dell'Autore e il titolo, sono chiari riflessi dell'intento profondo all'origine di queste pagine.
Cosa ha voluto scrivere l'Autore? È egli stesso a dichiararlo nella premessa di questo secondo volume: «non ho voluto scrivere una “Vita di Gesù”» (p. 7) e «non ho tentato di scrivere una cristologia» (p. 8). Ma allora cosa?
«Nella premessa alla Prima Parte -- scrive Ratzinger riferendosi al volume del 2007 -- avevo detto che il mio desiderio era di illustrare “figura e messaggio di Gesù”. Forse sarebbe stata cosa buona porre queste due parole -- figura e messaggio -- come sottotitolo al libro, per chiarirne l'intenzione di fondo. Esagerando un po', si potrebbe dire che io volevo trovare il Gesù reale, a partire dal quale, soltanto, diventa possibile qualcosa come una “cristologia dal basso”» (p. 8).
In verità tale «esagerazione» è il movente stesso e la vera posta in gioco dei due volumi pubblicati. Nel testo del 2007 lo si era scritto con estrema chiarezza: «ho voluto fare il tentativo di presentare il Gesù dei Vangeli come il Gesù reale, come il “Gesù storico” in senso vero e proprio. Io sono convinto, e spero se ne possa rendere conto anche il lettore, che questa figura è molto più logica e dal punto di vista storico anche più comprensibile delle ricostruzioni con le quali ci siamo dovuti confrontare negli ultimi decenni. Io ritengo che proprio questo Gesù -- quello dei Vangeli -- sia una figura storicamente sensata e convincente» (p. 18).
L'«esagerazione» riguarda, se così mi posso esprimere, il passaggio da «storico» a «reale». In verità non è affatto difficile comprendere in che senso la qualifica di «storico» non necessariamente significhi «vivo, vitale»: gran parte degli eventi storici appartengono infatti a un passato, fosse anche glorioso e magnifico, che è inesorabilmente passato, sono eventi storici conclusi, morti. Rispetto a questo «storico» l'Autore avanza l'esigenza del «reale»; oltre allo «storico» egli cerca di procedere verso il «reale».
E infatti che cosa significa parlare di Gesù come di «una figura storicamente sensata e convincente»? Che lo «storico» sia «sensato e convincente» significa ch'esso è ancora, qui e ora, in grado di coinvolgere e trasformare la vita dei singoli, significa ch'esso è esistenzialmente convincente: «Il “Gesù storico”, come appare nella corrente principale dell'esegesi critica sulla base dei suoi presupposti ermeneutici, è troppo insignificante nel suo contenuto per aver potuto esercitare una grande efficacia storica; è troppo ambientato nel passato per rendere possibile un rapporto personale con lui» (pp. 8-9). A tale riguardo il lessico utilizzato dall'Autore è significativamente quello dell'«incontro» e del «rapporto personale»: «reale» vuol dire «incontrabile», ancora incontrabile nelle concrete condizioni e secondo le determinate misure dell'oggi.
Questo tema è più volte ripetuto: «ho cercato di sviluppare uno sguardo sul Gesù dei Vangeli e un ascolto di lui che potesse diventare un incontro spero tuttavia che mi sia stato dato di avvicinarmi alla figura del nostro Signore in un modo che possa essere utile a tutti i lettori che voglio incontrare Gesù e credergli» (p. 9).
Si tratta dunque di sollecitare un incontro, di togliere tutti quegli ostacoli, veri o presunti che siano, che possano impedire un autentico e dunque libero incontro personale. Di Gesù di Nazaret bisogna discutere, non bisogna smettere di discutere, e bisogna discuterne non solo in quanto personaggio storico ma, per l'appunto, soprattutto come una figura reale: ecco perché, scrive l'Autore che è lo stesso Benedetto XVI, «ognuno è libero di contraddirmi».
Mi permetto un'ultima osservazione sulla fascetta che accompagna questa seconda parte della ricerca su Gesù di Nazaret. Dal punto di vista editoriale la scelta di una fascetta è sempre complessa e molto impegnativa, tuttavia in questo caso essa si dimostra una scelta quanto mai opportuna. Si tratta di rendere fin dall'inizio evidente, dal paratesto che precede il testo ma che così ne fa anche parte, quel passaggio «esagerato» da «storico» a «reale» già sottolineato. Se infatti, in quanto personaggio storico Gesù di Nazaret è certamente morto, in quanto figura reale egli è anche risorto, è vivo, dunque ancora oggi personalmente incontrabile.
Tra i molti passaggi che si potrebbero citare al riguardo, mi limito a evidenziare solo due punti; commentando la risposta di Gesù al buon ladrone si osserva: «La risposta di Gesù va oltre la richiesta. Al posto di un futuro indeterminato pone il suo “oggi”: “Oggi sarai con me nel paradiso” (Luca, 23, 43)» (p. 237). Più oltre l'Autore afferma: «Per questo, nella nostra ricerca sulla figura di Gesù, la resurrezione è il punto decisivo. Se Gesù sia soltanto esistito nel passato o invece esista anche nel presente -- ciò dipende dalla risurrezione. Nel “sì” o “no” a questo interrogativo non ci si pronuncia su un singolo avvenimento accanto ad altri, ma sulla figura di Gesù in quanto tale» (p. 270).
La fascetta riporta: "Il Signore è veramente risorto. Egli è il Vivente".
(©L'Osservatore Romano 20 maggio 2011)
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