L'assemblea semestrale dell'Unione superiori generali
Teologia e futuro della vita consacrata
Il «nuovo» del concilio Vaticano II è il nuovo rapporto con il mondo. Partendo da questa convinzione l'Unione superiori generali (Usg) ha posto mano a un grande ripensamento della vita consacrata apostolica oggi. È convinzione diffusa che i religiosi e le suore siano la realtà che nella Chiesa si è lasciata maggiormente interrogare e trasformare dal concilio. Ancor più dal momento in cui la secolarizzazione crescente in Occidente aveva innescato un lungo periodo di crisi delle vocazioni e del significato stesso di consacrarsi a Dio dentro società sempre più chiuse in orizzonti materiali. Nei passati decenni era sembrato che la vita religiosa fosse ridimensionata e quasi resa superflua a fronte della vitalità esplosiva manifestata dai nuovi movimenti; ma poi è apparso con evidenza che la vita di coloro che seguono i consigli evangelici in povertà, castità e obbedienza a Dio «resterà fino alla fine del mondo il guardiano della totalità del Vangelo e in ogni epoca della Chiesa sarà tanto più viva quanto saranno vivi gli ordini attivi e contemplativi».
Questa certezza di Hans Urs von Balthasar -- mai abbandonata dagli stessi ordini e congregazioni, luce di speranza nei momenti delle crisi più dure -- ha trovato più volte il consenso convinto di Benedetto XVI. A più riprese, infatti, egli ha sostenuto che «le varie famiglie religiose, dalla vita monastica alle congregazioni religiose e alle società di vita apostolica, dagli istituti secolari alle nuove forme di consacrazione, hanno avuto la propria origine nella storia, ma la vita consacrata come tale ha avuto origine con il Signore stesso che scelse per sé questa forma di vita verginale, povera e obbediente. Per questo la vita consacrata non potrà mai mancare né morire nella Chiesa: fu voluta da Gesù stesso come porzione irremovibile della sua Chiesa».
I religiosi, tuttavia, vogliono meglio capire che cosa caratterizzi la loro vita comune entro una Chiesa che, rinnovata con il concilio, ora ha maggiore coscienza della testimonianza missionaria divenuta impegnativa anche per i laici cristiani. Un seminario teologico riunito a Roma (8-11 febbraio 2011) con la partecipazione di cinquanta persone provenienti da ogni continente (dieci superiori maggiori, dieci superiore maggiori, trenta teologi e teologhe) ha avviato una riflessione sull'identità della vita consacrata apostolica e la sua capacità di essere percepita dai contemporanei come scelta valida e attraente per la vita.
Su questo primo approfondimento si basa l'assemblea semestrale dell'Usg che si svolge a Roma (25- 27 maggio) alla quale prenderà parte anche suor Mary Lou Wirtz, delle suore francescane figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, presidente dell'Unione delle superiore generali e, per la prima volta, il nuovo prefetto del dicastero vaticano per la vita consacrata e le società di vita apostolica, l'arcivescovo Joao Braz de Aviz. Egli metterà il suo sigillo a conclusione dei lavori programmati per approfondire con relazioni e dibattiti proprio il tema «Identità e profezia - Teologia della vita consacrata», centrato su Dio. È proprio da questa realtà basilare della teologia e dal tipo di rapporto vitale che si stabilisce con essa che la vita consacrata può riprendere smalto e proporsi con tutto il suo fascino alle nuove generazioni. Partendo da Dio -- punto tipico della proposta culturale di Benedetto XVI nel suo dialogo con i contemporanei -- la vita consacrata può percepire tutti i passi conseguenti e necessari a una sua ritrovata spinta propulsiva.
La prospettiva da cui la vita consacrata si muove già da tempo e verso la quale intende muoversi più speditamente nel futuro iniziando da questa assemblea dell'Usg, è in realtà un'inversione di tendenza su un punto decisivo rispetto al passato. Siamo chiamati -- si è detto nel seminario teologico di febbraio -- a prenderci cura di questo mondo invece di morire a questo mondo. Soprattutto in occidente, il centro delle nostre risorse e delle nostre energie è stato nella Chiesa e non nel mondo, con risultati straordinari; ma adesso i bisogni sono cambiati e dobbiamo spostarci anche noi; la nostra missione è oggi nel mondo. Il rapporto tra vita consacrata e mondo si muove all'interno di quello tra Chiesa e mondo che il concilio ha cercato di collocare nel nuovo significato e aprendosi al primato della missione. Ma la missione non è principalmente un'attività della Chiesa; appartiene anzitutto a Dio.
Il primo soggetto con cui riprendere il colloquio esistenziale è, dunque, Dio, e apprezzare subito dopo la creazione come suo dono amorevole. L'impegno dei religiosi per Dio che ama il mondo non può più essere espresso tramite le strategie dell'isolamento, della distanza sociale, dell'elitarismo rispetto alla gente, ma deve animare le strategie dell'incarnazione. Essere religiosi oggi quindi è un modo specifico di essere cristiani. La vita religiosa è chiamata a essere «memoria vivente del modo di esistere e di agire di Gesù». Un compito non facile che l'assemblea dei superiori generali intende concretare passando dalla riflessione teorica a proposte operative. (c.d.c.)
(©L'Osservatore Romano 25 maggio 2011)
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