mercoledì 5 gennaio 2011

Comunione ai divorziati risposati. Le giuste precisazioni di Andrea Tornielli e la sofferenza di Benedetto XVI

Carissimi amici, si nota una grande confusione quando si parla di separati, divorziati e divorziati risposati. Non e' mai chiara la differenza fra gli uni e gli altri e soprattutto chi e' ammesso alla Comunione. Addirittura c'e' chi pensa che i divorziati siano fuori dalla Chiesa (falso ed assurdo!).
Diciamo che i soliti preti televisivi contribuiscono, e non poco, a generare confusione e spesso si ha la sensazione che nemmeno loro conoscano le regole. Ci sono poi alcuni presentatori (piu' le donne degli uomini) che diffondono il loro verbo via etere e sono sicuri che il sacerdote li caccerebbe vedendoli davanti all'altare. C'e' poi chi e' convinto che la Comunione sia una sorta di diritto sindacale da rivendicare.
L'articolo di Tornielli chiarisce molti punti
.
R.

Il dramma dei divorziati esclusi dalla comunione

di Andrea Tornielli

Quando Silvio Berlusconi si accosta alla comunione, magari sotto l’occhio di qualche telecamera, la polemica è assicurata. Il Cavaliere lo ha fatto anche due giorni fa, durante i funerali di Matteo Miotto, l’alpino ucciso in Afghanistan, e L’Unità di ieri l’ha notato, seppur sommessamente, con un trafiletto, nel quale si leggeva: «Alla fine il premier con un guizzo va davanti al sacerdote che gli dà l’ostia, nonostante sia divorziato e quindi, per la Chiesa, “macchiato dal peccato”».
Una polemica ben più grande era stata sollevata nell’aprile 2010, in occasione dei funerali di Raimondo Vianello. Anche quella volta Berlusconi fece la comunione e il filmato che lo ritrae mentre riceve la particola è ancora scaricabile sul sito di Famiglia Cristiana. Il settimanale dei Paolini scrisse delle proteste di numerosissimi lettori i quali chiedevano «come mai un noto divorziato risposato» potesse accedere ai sacramenti e fece commentare l’accaduto al teologo don Silvano Sirboni. Quest’ultimo, pur lamentando la spettacolarizzazione del gesto, riconobbe, a norma di diritto canonico, che stava alla coscienza del fedele giudicare se avesse o no le disposizioni interiori richieste per fare la comunione, spiegando che non spettava al sacerdote impedire il gesto, «a meno che la persona in questione non sia scomunicata o interdetta con pubblica sentenza».
Il teologo precisò pure che «dal punto di vista formale, cioè secondo un’interpretazione strettamente giuridica delle norme canoniche che riguardano la situazione coniugale», a Berlusconi era «concesso di accostarsi alla mensa eucaristica», in quanto sì divorziato e in attesa di un secondo divorzio, «ma giuridicamente è al momento un semplice separato e non convivente».
Al di là delle chiarificazioni, resta invece aperto il problema. Un problema che non riguarda soltanto alcuni leader politici con più di un matrimonio alle spalle, ma centinaia di migliaia di persone, le quali vorrebbero accostarsi al sacramento dell’eucaristia ma non possono farlo perché vivono in situazioni irregolari.
Talvolta si rischiano generalizzazioni, come quella di pensare che i divorziati siano in quanto tali esclusi dalla comunione. Non è vero. Lo sono soltanto i divorziati che essendosi sposati in chiesa la prima volta, hanno contratto dopo la separazione un nuovo matrimonio civile oppure convivono stabilmente con un nuovo compagno o compagna.
Pur essendo la prassi dell’esclusione molto antica, ancora nei primi anni Settanta, la Congregazione per la dottrina della fede ammetteva la «probata praxis in foro interno», cioè l’ammissione ai sacramenti per scelta di coscienza approvata dal confessore. Le rigorose norme attuali risalgono all’esortazione apostolica «Familiaris Consortio», di Giovanni Paolo II (1981) e sono state ribadite da Benedetto XVI nella «Sacramentum Caritatis» (2007). Papa Ratzinger, che più di una volta ha mostrato attenzione al problema, raccogliendo le indicazioni emerse dal Sinodo dei vescovi definisce «situazioni dolorose» quelle «in cui si trovano non pochi fedeli che, dopo aver celebrato il sacramento del matrimonio, hanno divorziato e contratto nuove nozze». Un problema pastorale «spinoso e complesso, una vera piaga dell’odierno contesto sociale che intacca in misura crescente gli stessi ambienti cattolici». Ma ribadisce la prassi della Chiesa, «fondata sulla Sacra Scrittura», di non ammettere ai sacramenti i divorziati risposati. Ratzinger invita comunque i divorziati risposati, «nonostante la loro situazione», ad appartenere alla Chiesa, «che li segue con speciale attenzione, nel desiderio che coltivino, per quanto possibile, uno stile cristiano di vita attraverso la partecipazione» alla messa.
Poco dopo l’elezione, nel luglio 2005, dialogando con i sacerdoti in Valle d’Aosta, Benedetto XVI ammise che «il problema» sul quale «nessuno di noi ha una ricetta fatta», è «molto difficile e deve essere ancora approfondito»: «Da una parte dobbiamo rispettare l’inscindibilità del sacramento» del matrimonio e dall’altra si deve fare sentire «che amiamo queste persone che soffrono anche per noi. E noi dobbiamo anche soffrire con loro».

© Copyright Il Giornale, 5 gennaio 2011 consultabile online anche qui.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

la questione è semplicissima: chi è in istato di peccato mortale non può comunicarsi perchè questo sarebbe un altro grave peccato e pure un sacrilegio.
E questo indipendentemente dal fatto di essere divorziato risposato oppure un semplice celibe/nubile o regolarmente coniugato che ha commesso un peccato mortale di altro genere.

Il divorziato risposato/a o il pubblico concubino/a oltre al peccato mortale aggiunge il fatto di rendere manifesto pubblicamente tale peccato.

Sulle situazioni poi che possono diminuire la colpa soggettiva, fino anche a poterla eliminare del tutto, son cose che si devono valutare nel confessionale, non sui giornali.

Resta evidente una carenza grave, gravissima: la formazione dottrinale che non viene più data, e spesso la confusione dottrinale seminata dagli stessi preti (uno rifiuta di dar la comunione e un' altro la concede).

Ma la regola è sempre la stessa, per tutti: chi è in peccato mortale commette un sacrilegio se si accosta ai Sacramenti.

Non dimentichiamo che l'Eucaristia può avere un doppio effetto: di vita o di morte. Se la si riceve in istato di grazia può produrre frutti di vita eterna, se la si riceve in istato di peccato mortale può produrre effetti di morte eterna.

Chiarezza, ci vuole estrema chiarezza su cosa sono i Sacramenti, sulle disposizioni per riceverli e sugli effetti che possono produrre se ricevuti bene o se ricevuti male.

Il mio parroco ha suggerito a due divorziati risposati di andare a comunicarsi in un'altra parrocchia, dove nessuno conosce la loro situazione irregolare!!!

Io ho detto a questi miei amici: se voi andate a comunicarvi i un'altra parrocchia, sicuramente i fedeli, e lo stesso prete, non saprebbero che siete in stato di peccato; ma Dio lo sa, sia che vi comunichiate nella vostra parrocchia, sia che lo facciate in un'altra, foss' anche dall'altro capo del mondo.
Hanno capito, e non hanno seguito il consiglio del parroco, ma hanno seguito il mio.

Miserere nostri Domine, miserere nostri!

Raffaella ha detto...

Secondo me e' importante che i divorziati risposati si sentano amati ed accolti ed e' altrettanto importante, come dice Anonimo, che non si semini confusione.
Ci sono molti preti "furbi" (l'aggettivo non e' quello adatto) che si fanno belli presso il prossimo o i media causando un danno enorme alla Chiesa.
Siamo sempre li': sono gli stessi sacerdoti che aiutano chi ha interesse (il potere, di qualunque genere) a dividere il mondo in buoni e cattivi.
Pessimo servizio.
Leggere il libro del card. Piacenza.
R.

Maria R. ha detto...

Credo che la situazione dei risposati divorziati sia di accoglienza solo fin tanto che si cerchi di portarli alla verità e quindi all'adozione di un comportamento moralmente corretto nella loro storia delicata, specialmente qualora abbiano anche messo al mondo dei figli con i nuovi compagni.
Diversamente, o si sentiranno sempre degli "appestati" (cosa non vera) o, viceversa, si sentiranno degli incompresi nella loro concezione di un Dio Amore che perdona tutti anche quando vivono come non dovrebbero.
L'Amore vero lo si sente quando lo si corrisponde nella giusta maniera, non a modo nostro.

Quindi,il primo passo è l'accoglienza, come dici tu, ma con la fermezza successiva nel dire anche dei no, davanti alla cocciutaggine di alcuni.
Certo, se tutti i sacerdoti ne fossero capaci, allora l'opera sarebbe più facile, altrimenti, si crea quella fuga di parrocchia in parrocchia di cui scriveva l'anonimo.

Buona giornata a tutti

Anonimo ha detto...

In modo più generale, penso che molti si sentano quasi "obbligati" a prendere la comunione perchè tale è la pressione sociale: tutti i banchi si svuotano e se qualcuno rimane al suo posto ci si chiede di quale genocidio sia responsabile.

Si dovrebbe responsabilizzare i fedeli di fronte all'atto di comunicarsi e rivalorizzare la confessione e sottolineare la delicatezza di chi decide di non farlo e rimettere in auge la comunione spirituale.

SdC

stefania db ha detto...

Quando il sacerdote prega prima di comunicarsi e distribuire la comunione chiede al Signore che "non si amotivo di condanna", ma dire (mi riferisco al primo anonimo che scrive) che l'Eucaristia produce morte eterna, mi sembra quasi una bestemmia. Non cominciamo a scrivere pure qui eresie, per piacere

sam ha detto...

Scusate... la Chiesa propone anche un'altra via - è scritta ben chiara nella Familiaris Consortio - che è quella di rimanere pure risposati o conviventi, se ci sono motivi di umana carità per cui sarebbe peggio dividersi, ma solo nella perfetta castità, vivendo come fratello e sorella e ricevendo la Comunione fuori dalla propria Parrocchia, "remoto scandalo".
Purtroppo la Chiesa stessa ci crede talmente poco a questa possibilità, che i preti (e anche i vaticanisti a quanto pare)nemmeno te lo dicono che c'è e quando io, dopo grandi dubbi, combattimenti e approfondimenti, ho preso la decisione di obbedire (e sia lodato e ringraziato in ogni momento Dio per questo!), più di un prete mi ha chiesto se ero diventata matta... :-)
C'è poca fede, ragazzi, tutto qua! Nulla è impossibile a Dio e se un cristiano capisce davvero cos'è la Comunione, conosce davvero Chi è la Comunione, a cosa non rinuncerebbe per Essa?!
Resta il fatto che, anche se io non tornerei indietro per tutto l'oro del mondo, continuo a sperare che la Chiesa trovi una soluzione di riammissione ai Sacramenti anche per i tanti che non hanno il coraggio di scelte di consacrazione così radicale. Magari si potrebbe approfondire sul piano teologico in che modo hanno risolto il problema gli ortodossi, anche perchè, se ci si vuole riunire con loro, questo sarà uno degli aspetti da chiarire.

saveriope ha detto...

Ho letto i numerosi e diversi punti di vista. Sono un divorziato e risposato, con figli avuti con la mia nuova compagna. Sono sempre stato cattolico praticante e il mio divorzio (mi sono sposato che avevo vent'anni !!) è stato per me un'enorme trauma per diversi motivi. Ancora oggi ho una ferita aperta ma non mi pento assolutamente del divorzio. Entrambi vivevamo male ed è stato certamente un grave errore di gioventù essersi sposati così giovani.
Ovviamente ho vissuto e vivo un patos religioso che mi ha fatto molto riflettere su cosa significhi veramente essere cattolici cristiani e credere in Dio e quale è oggi il significato e il compito della Chiesa. Ho la massima sensibilità per chi soffre, per gli afflitti e i poveri, vorrei aiuitare il mondo, sento il messaggio d'amore di Gesù come anche mio, amo e rispetto la mia nuova compagna e per me la famiglia è la prima cosa al mondo. Leggendo alcuni pareri sull'argomento "comunione ai divorziati" (poco chiari a dir vero e a volte discordanti) della Chiesa, e di alcuni preti che addirittura hanno scritto che la Comunione per noi divorziati avrebbe un significato di"morte eterna" !!, avverto una certa discriminazione , avverto che tutto è relativizzato al fatto di aver o meno rapporti sessuali con la nuova compagna ! Non ci si domanda se la persona è un vero fedele e per vero fedele intendo una persona veramente sensibile al messaggio di amore e carità di Cristo, piuttosto si guarda quasi asetticamente se il fedele "rispetta rigorosamente" delle regole che probalbilmente ai giorni d'oggi andrebbero riviste e corrette. Perchè un divorziato-risposato che vive dell'amore della nuova famiglia, che rispetta il prossimo e che prega con il cuore ogni giorno non dovrebbe poter prendere la comunione? oppure nascondersi alla comunità ?
Ma la Chiesa probabilmente non ha idea della vastità di quest'argomento. Milioni di persone , di brave persone, "segnate e discriminate" nell'esercizio della propria fede ?!!!?!
Personalmente vado ogni domenica alla messa e prendo la comunione. Ho il mio dialogo intimo con Dio e penso che accetti quello che sento dentro di me.
Un caro saluto a tutti.