Cultura e Società: Fede e ragione nel Discorso di Ratisbona
Nel Palazzo apostolico Lateranense il primo dei tre appuntamenti promossi dall'Ufficio diocesano per la pastorale universitaria su "I grandi Discorsi di Benedetto XVI"
di Daniele Piccini
La dialettica tra fede e ragione, analizzata da Papa Benedetto XVI nel Discorso all’Università di Regensburg del settembre 2006, è stata al centro del primo dei tre incontri che l’Ufficio diocesano per la pastorale universitaria intende dedicare a “I grandi Discorsi di Benedetto XVI” presso il Palazzo apostolico Lateranense.
Il rettore della Pontificia Università Lateranense, il vescovo Enrico Dal Covolo, ha parlato de “La questione religiosa tra pagani e cristiani” mostrando come questi ultimi si avvalessero di strumenti filosofici per affrontare quel discorso sul divino che la religio dei pagani impostava ancora su basi mitiche: «La fede cristiana ha fatto la sua scelta netta contro gli dei della religione per il Dio dei filosofi, vale a dire contro il mito della consuetudine, per la verità dell’essere. Fin dalle sue prime origini il cristianesimo ha coniugato la questione di Dio con la verità dell’essere, lungo un dialogo inesausto tra ragione e fede: dove, in maniera coerente, la ragione stessa rende disponibile al mistero e "si dilata"».
Francesco D’Agostino, professore di Filosofia del diritto a Tor Vergata, ha colto nel Discorso di Regensburg il monito di Papa Benedetto XVI alla scienza di non «smarrirsi nello scientismo riduttivistico». L’avvertimento rivolto da Benedetto XVI alla scienza di «difendersi da se stessa», non vuole affatto ridimensionare le metodologie scientifiche. «Gli scienziati - ha concluso D’Agostino - non devono fare passi indietro. La scienza è vera, ma insufficiente nei confronti della realtà. Questo allargamento di "visione" attraverso aspetti metafisici, esistenziali, estetici, ha delle ripercussioni etiche. È giusto obbedire alla verità delle cose. Non da schiavi però. Ma come figli che obbediscono al padre. Non possiamo conoscere le cose se non le amiamo».
Giorgio Israel, professore di matematica all’Università La Sapienza di Roma, ha dimostrato l’intima solidarietà tra il razionalismo greco e le tre religioni monoteistiche, rappresentate culturalmente e storicamente da Maimonide, San Tommaso e Averroè. Un connubio che resiste fino all’epoca moderna. «L’affermazione di Galileo, che il mondo sia matematico - ha spiegato Israel - è proprio il frutto del sodalizio teologico tra religione e scienza. Il principio di Galilei è stato però estremizzato e frainteso fino a farle significare che non solo il mondo fisico, ma ogni aspetto del mondo sia matematico, con ciò inaugurando quel riduzionismo positivistico e quella "limitazione autodecretata della ragione" denunciati dal Pontefice». La difesa migliore dal relativismo, ha concluso Israel, consiste nell’ammettere «una razionalità e un’idea di oggettività più ampie di quelle suggerite dai canoni scientifici, dentro i quali non c’è spazio per l’idea di Dio».
Il cardinale vicario Agostino Vallini, sottolineando la soddisfazione del Pontefice nell’apprendere di questi incontri "filosofici" presso il Palazzo apostolico, ha ricordato infine come «i martiri cristiani, morendo, avessero difeso proprio la sfera della coscienza individuale, contro le imposizioni della religio». Il prossimo incontro, di giovedì 27 gennaio, riguarderà il Discorso tenuto nel 2008 da Benedetto XVI al Collége de Bernardins, dedicato a “La cultura europea: origine e prospettive”.
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