«Contro l’estremismo educazione e dialogo»
Il cardinale dei copti cattolici Naguib: l’Egitto ritrovi l’unità
L’odio per chi è diverso si combatte cominciando dai giovani
DI PAOLO VIANA
Di fronte ai morti, nella sua Alessandria, ha invocato «armonia» per l’Egitto. Nella notte del Natale ortodosso ha incontrato il patriarca Shenouda III per ribadire che «ci sentiamo una sola Chiesa» e che «i loro martiri fanno parte della nostra famiglia». Una settimana dopo la strage, il cardinale Antonios Naguib, patriarca di Alessandria dei copti cattolici, resta convinto che, come ha detto il Sinodo per il Medio Oriente, la convivenza pacifica tra cristiani e musulmani «rientra nel piano provvidenziale di Dio», ma che le grandi religioni debbano «cambiare linguaggio» e impegnarsi in una grande opera di «educazione» dei propri fedeli «alla reciproca accettazione, al mutuo rispetto e a una concertata azione per il bene comune».
Questo Natale è stato macchiato di sangue come il primo, segnato dalla strage degli innocenti. Chi è, oggi, Erode?
È corretto paragonare la tragedia sanguinosa di Alessandria alla strage del primo Natale: le vittime sono sempre degli innocenti, indifesi e pacifici. Spesso «chi fa il male odia la luce e non viene alla luce, perché non siano svelate le sue opere» (Giov. 3, 20-21). Non sbaglieremmo a cercare Erode nelle organizzazioni estremiste, come al-Qaeda, tuttavia un attentato simile non sarebbe stato possibile senza 'alleati' all’interno del Paese. Ci stanno lavorando le autorità egiziane.
L’Occidente è sufficientemente attento alle violenze anticristiane?
L’Occidente non presta grande attenzione alla situazione dei cristiani in Medio Oriente, che peraltro è differente da un Paese all’altro. Talvolta si tratta di vera e propria persecuzione, come in Iraq; altrove, è impossibile la pratica religiosa, come in Arabia Saudita; oppure è molto difficile avere un luogo di culto, come in altri Paesi del Golfo Persico, mentre in Libano, Siria e Giordania c’è libertà di culto.
Qual è la situazione in Egitto?
Possiamo praticare la nostra religione dentro i luoghi di culto e nelle nostre istituzioni, ma nella società egiziana c’è una mentalità che allontana i cristiani dai posti di responsabilità. È vero che siamo solo il 10%, ma questa percentuale non lo giustifica. Sottolineo che in seguito al triste evento di Alessandria molti opinionisti, quasi tutti musulmani, hanno invitato a prendere seriamente in considerazione questo fatto; ed è un passo importante.
All’indomani dell’attentato, lei ha chiesto di «cambiare ciò che è di ostacolo all’armonia». Cosa possono fare i leader religiosi?
Ci sono fattori concreti che possono migliorare o peggiorare la situazione. In Egitto bisogna fare uno sforzo serio per cambiare il linguaggio religioso e tutti i leader ne hanno parlato con preoccupazione, a partire dal Grande Imam di al-Azhar, al-Tayyeb. Dobbiamo rieducare i nostri fedeli al senso della reciproca accettazione, del mutuo rispetto, e di una concertata azione per il bene comune. Il confessionalismo ha chiuso molti cuori e molte porte. È importante formare all’apertura di cuore, di mente e di azione, come ci invita a fare il Sinodo per il Medio Oriente.
Come pensate di strappare i giovani alle sirene dell’estremismo?
Dopo Alessandria abbiamo assistito ad una esplosione di rabbia nei giovani che ha oltrepassato i limiti razionali. In Oriente siamo passionali e si può capire una reazione spontanea di fronte alla macabra visione della strage. Infatti le autorità ne hanno tenuto conto. Ma resta il fatto che dobbiamo accompagnare i fedeli, fin da bambini, sulla via della razionalità e del dialogo con chi è diverso: questo è un impegno di lungo periodo che però dobbiamo assumerci a vari livelli, nel catechismo, nelle prediche, nelle riunioni dei gruppi, nelle attività educative, come pure nello sport. Anche la formazione continua del clero è importante, a cominciare dal seminario.
È sufficiente l’impegno delle grandi religioni a riportare 'armonia' in Egitto o servono delle riforme politiche?
Il giornale al-Ahram oggi scriveva: «L’unità nazionale è la base dello Stato. Essa non passa attraverso simboli e slogan, ma con un’azione politica che ricade su tutte le forze che credono in uno Stato civile. Questo passo è indispensabile. La prossima ondata di riforme politiche necessita una consultazione, un largo dialogo nazionale tra tutti i partiti politici e le correnti di pensiero. Lo scopo è la partecipazione e la presentazione di idee di riforma, da parte dalle varie istanze politiche, tramite gruppi di discussione e di lavoro, sereni e consapevoli, in modo che non si facciano eccezioni e non si escluda nessun problema ». Questo sintetizza ciò di qui abbiamo realmente bisogno.
© Copyright Avvenire, 9 gennaio 2011
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1 commento:
Libertà? Non sanno cosa sia(possiamo pregare dentro i nostri luoghi di culto non fuori) in realtà sono sottoposti da secoli a un duro servaggio...
Un monito per tutti noi. Chiudiamo le porte finché siamo in tempo...
In Egitto furono i cristiani che le spalancarono all'invasore islamico senza combattere per odio contro gli imperatori romani.
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