domenica 23 gennaio 2011

Il discorso del Papa ai giudici della Rota Romana sul matrimonio: un grande tesoro da custodire in pienezza (Marcelli)

IL PAPA AI GIUDICI DELLA ROTA ROMANA SUL MATRIMONIO

Un grande tesoro da custodire in pienezza

GIANFRANCO MARCELLI

Quante verità, quante raccomandazioni, quanti insegnamenti si trovano ogni giorno a dover trasmettere i sacerdoti cattolici che, nelle centinaia di migliaia di parrocchie sparse per i cinque continenti, accolgono le coppie di fidanzati desiderosi di presentarsi all’altare per contrarre matrimonio davanti a Dio e alla Chiesa. E quanti aspetti delle personalità, quante intenzioni manifestate con la parola e gli atteggiamenti, quante aspettative di vita e di felicità coltivati insieme devono sforzarsi di intuire e valutare, negli incontri che di solito conducono con i candidati alle nozze. Sempre per orientare e guidare. Certamente per istruire e, perché no, anche per ammonire sulla straordinaria importanza della scelta che i futuri sposi si accingono a compiere.
Diciamo la verità: non è un compito facile. Tanto meno oggi e tanto più in contesti sociali come quelli del nostro Occidente super secolarizzato, dove la corsa spasmodica all’affermazione del proprio io, e la coscienza affievolita del bene comune (cominciando proprio dal bene dell’altro o dell’altra), rendono sempre più arduo trasmettere un bagaglio di valori così radicali e impegnativi come quelli racchiusi nel matrimonio cristiano. A cominciare proprio dall’unicità e dall’indissolubilità.
Ebbene, ieri il Papa, incontrando come fa a ogni inizio d’anno i componenti del Tribunale della Rota Romana, è sembrato quasi caricare i pastori di un ulteriore onere: li ha invitati a non trascurare, nella loro missione, l’aspetto giuridico dell’unione coniugale, ossia l’assunzione, nel momento del fatidico 'sì', di un complesso di responsabilità e di doveri ai quali corrispondono precise statuizioni della legge canonica. Un aggravio solo apparente, in verità, perché già in passato, e più volte, Benedetto XVI ha ricordato che nel matrimonio «il diritto si intreccia davvero con la vita e l’amore». E ora di nuovo ha sottolineato che il cammino di preparazione alle nozze deve predisporre i coniugi a contrarre «un vincolo di giustizia e di amore». Ma allora: è forse tutta una questione di leggi e di carte bollate? E i preti devono per caso armarsi di codici e pandette, brandendoli minacciosamente davanti ai giovani che li interpellano? Nulla di tutto questo, ovviamente. Preparare alle nozze resta un’occasione impareggiabile di evangelizzazione e i corsi per i fidanzati non potranno mai ridursi a somministrazione di articoli e commi. Si tratta invece di sfruttare tutti i mezzi a disposizione per consegnare ai futuri sposi, nella sua integrità, il patrimonio racchiuso nel sacramento di cui la Chiesa non per caso li dichiara ministri. E del resto, quello della responsabilizzazione non è forse uno dei criteri che da sempre caratterizzano ogni funzione educativa? Non a caso, sempre nell’allocuzione di ieri, il Papa ha ricordato che «nessuno può vantare il diritto a una cerimonia nuziale». E che in astratto non esiste neppure un «diritto a sposarsi», a fronte del quale i pastori devono limitarsi a una pura verifica formale, che non guardi al «contenuto effettivo dell’unione» e non entri nella sfera delle convinzioni riguardo agli obblighi che vengono assunti. Perché poi, al diffondersi di tendenze lassiste, non può che fare riscontro la crescita delle crisi e delle rotture coniugali. Con annessa corsa proprio ai tribunali ecclesiastici per cercare incongrue scappatoie.
In ultima analisi, la preoccupazione del Santo Padre resta quella di alimentare la fede dei battezzati: nelle sue parole, di «aiutare la persona a porsi seriamente dinanzi alla verità su se stessa e sulla propria vocazione umana». E la pienezza della vita cristiana, si sa, sta nel riuscire a donarsi, a immagine di Colui che è sposo di tutti noi. In questo, il matrimonio è una chance di santificazione che vale la pena di offrire a tutto tondo, senza surrogati né sconti.

© Copyright Avvenire, 23 gennaio 2011

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