martedì 4 gennaio 2011

La libertà religiosa porta alla pace. Il commento di Francesco Paolo Casavola

Cristiani e Islam

LA LIBERTÀ RELIGIOSA PORTA ALLA PACE

di FRANCESCO PAOLO CASAVOLA

L’ATTENTATO di Capodanno sulla porta della cattedrale copta di Alessandria d’Egitto, mentre vi si celebrava il culto, con oltre venti morti e cento feriti, gli scontri dei giorni seguenti tra polizia e dimostranti cristiani, rivelano all’opinione pubblica occidentale realtà taciute o malconosciute.
Il grido di dolore e di riprovazione di Benedetto XVI per l’offesa a Dio e all’umanità è stato giudicato dall’Iman dell’università islamica de Il Cairo indebita ingerenza. Due punti di vista che giova esplorare.
Il capo della chiesa cattolica esprime la visione universalistica della religione cristiana destinata alla intera famiglia umana, promotrice della pace tra tutti i popoli e dell’amore, della misericordia, della fraternità tra tutti gli individui.
Il suo contraddittore sembra servirsi di una categoria concettuale propria degli Stati, che presidiano la loro sovranità con la frontiera della non ingerenza nei propri affari interni. Non c’è da stupirsene. L’islamismo ha conservato fin dalle sue origini la vocazione a legare in una identità unitaria religione e statualità. Nessuno Stato in Occidente oserebbe più dichiararsi regno o repubblica cristiana.
La laicità dello Stato è una conquista solo parzialmente dovuta al razionalismo della modernità europea, da sempre lievitata nell’evangelica distinzione tra Cesare e Dio. Non c’è traccia di questa distanza dialettica nell’Islam.
Ne è conseguita una struttura compatta di società, in cui cittadinanza e fede religiosa sono una sola identità. L’apostasia è insieme scomunica e perdita dei diritti civili. L’assenza di una istituzione ecclesiastica come sono le chiese nel cristianesimo agevola tendenze teocratiche e fondamentaliste.
Le declinazioni teologiche di Sciiti e Sunniti danno luogo a due professioni distinte di identità collettive, conflittuali al loro interno, ma solidali verso l’esterno. Malgrado il Corano sia ispirato da un Dio di misericordia, la politicizzazione dell’Islam, manifesta nell’ingresso della citazione della guerra santa nei capitoli del Libro sacro ascrivibili all’insediamento del Profeta in Medina, dopo la Mecca, ne fa, per alcuni gruppi estremisti, una religione anacronisticamente guerriera. Tutte le religioni nelle loro originarie missioni di protezione di tribù, etnie, popoli e nazioni hanno alimentato conflitti.
Ma in esse sono alfine prevalse ragioni di pace e di reciproca tolleranza. Anche i cristiani ripudiano le loro crociate.
E tuttavia l’avanzamento della storia e della condizione umana non sembra avere impedito l’appello alla guerra santa in fondamentalisti islamici contro l’Occidente, e l’accensione di un terrorismo globalizzato. La risposta militare degli Stati Uniti e dell’Onu è asimmetrica rispetto a guerriglieri e terroristi.
È oggetto oggi di ripensamenti. La guerra del Golfo del 1991, contro un Iraq formalmente Stato non islamico, ha complicato il quadro geopolitico della regione. Ma gli eventi che si vanno verificando in altri Paesi a danno di comunità cristiane sembrano innescare persecuzioni religiose oltre le strategie di attacco politico all’Occidente.
Occorre dunque rivendicare il diritto umano alla libertà religiosa con passi diplomatici e movimenti culturali in grado di esercitare pressioni sui singoli Stati islamici, sui loro governi e classi dirigenti, sugli intellettuali, sulle donne, sui giovani, sugli uomini dell’economia, dalla finanza all’industria ai commerci, sugli scienziati e tecnologi.
Viviamo una stagione del mondo in cui tutti abbiamo bisogno di tutti. Non c’è popolo islamico che possa isolarsi dal resto del mondo, dal progresso della storia che investe il mondo. Rivoluzioni anche religiose hanno messo al passo popoli rimasti fermi per secoli.
Perché non sperare che la via della libertà religiosa possa condurre ad una pacifica e più civile convivenza di popoli e persone? L’Europa può ottenere molto in questo impegno, gareggiando con la diversa scelta americana, entrambe tuttavia volte alla comune irrinunciabile causa della pace.

© Copyright Il Messaggero, 4 gennaio 2011

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