Su segnalazione di Eufemia leggiamo:
L’Europa non difende i cristiani
Angelo Scelzo
L’eccidio dei copti davanti alla cattedrale di Alessandria d’Egitto ha aperto gli occhi ma, in tutta evidenza, non ancora il cuore della vecchia Europa di fronte alle condizioni delle sparute comunità cristiane d’Oriente. Quella copta, evangelizzata dall’apostolo Marco, è peraltro la più numerosa, essendo l’unica a poter contare su percentuali a due cifre, tra il dieci e il dodici per cento, nel Paese dal quale prendono anche il nome e che, al tramonto dell’era Mubarak, sta vivendo momenti di grande tensione e di altrettanta forte instabilità. Di voci in difesa di minoranze che sempre più stanno sperimentando il martirio, dall’occidente cristiano si sono levate davvero poche; ed è significativo che anche quella più forte e autorevole - di papa Benedetto - si sia trovata a fronteggiare la preoccupante reazione del grande Imam di Al Azhar, Ahmed al-Tayyeb, un leader colto e moderato, protagonista di numerosi dibattiti a livello internazionale. Se dal vertice della massima istituzione culturale islamica, si è arrivati a bollare come «ingerenza» le parole di pace, oltre che di solidarietà e vicinanza, pronunciate dal Papa all’Angelus, c’è da chiedersi se sia del tutto estraneo, anche in sortite come questa, il clima di generale indifferenza che l'Europa (un tempo) cristiana ostenta nei confronti delle comunità orientali. L’accorato appello del Papa, che ha fatto della libertà religiosa uno dei punti-chiave del pontificato, è servito a scuotere le coscienze e, contemporaneamente, a innestare un meccanismo mediatico per il quale il tema delle persecuzioni contro i cristiani d’Oriente è uscito da un cono d’ombra lungo e ostinato.
Nei territori di minute comunità che hanno visto nascere il cristianesimo, si continua a morire nel silenzio. Le conseguenze della Guerra del Golfo e la trappola dello «scontro tra civiltà» dopo l’attentato dell’11 settembre hanno ulteriormente avvelenato il terreno. In Iraq, come ha ricordato papa Benedetto, le case dei cristiani vengono sistematicamente circondate da bombe per indurli a lasciare il Paese. Fanatismo e terrorismo stanno stringendo sempre più uno sciagurato patto di alleanza nella convinzione di poter colpire gli «avamposti» del potere e della civiltà occidentale. È la beffa più atroce tra tutte. Perché di quella civiltà essi rappresentano, semmai, il vuoto dei memoria che drammaticamente prolunga anche una dimenticanza di sé, delle proprie radici, della propria appartenenza culturale. L’Europa si è fatta assente, anche in questa occasione, perché ciò che sempre più le viene a mancare è la presenza a se stessa. Senza un tale requisito diventa difficile perfino organizzare una qualche forma di reazione che dia conto, quantomeno, della condanna di così efferati episodi di violenza. Stavolta è stato il nostro Paese a mobilitarsi nella giusta misura e a sollecitare un - seppur tardivo - intervento del Consiglio d’Europa. È stato importante il passo della presidenza del Consiglio come, su un piano diverso, non è rimasto inascoltato l’appello del Tg2 rivolto proprio all’Europa perché si impegni di più in difesa delle minoranze cristiane d’Oriente. Ma l'Italia da sola non basta: né si può pensare che tale ruolo in qualche modo le spetti per la presenza del Papa sul proprio territorio. L’eccidio di Alessandria d’Egitto ha portato allo scoperto una realtà ancora più vasta: al silenzio delle istituzioni europee, occorre aggiungere - con l’eccezione della Merkel - quello delle Cancellerie europee, per le quali la «questione cristiana» sembra essere un impiccio dal quale liberarsi pagando meno dazio possibile. Per il cristianesimo non è certo la via istituzionale quella più importante per la propria missione; ma è certo che essa appare sempre più preclusa sotto latitudini un tempo accoglienti e familiari. E va fatta ancora un’osservazione: anche a livello di opinione pubblica le sorti dei cristiani d’Oriente non riescono a superare la soglia di un moderatissimo interesse. È un segno che riporta alle condizioni religiose e culturali del vecchio Continente; e richiama una delle iniziative più recenti di papa Benedetto: l’istituzione di uno specifico organismo vaticano dedicato alla «promozione della Nuova Evangelizzazione». «L’Europa cristiana» rischia di diventare un vecchio modo di dire. E su questa linea va segnalato il rilancio, a 25 anni dalla celebrazione, del Summit delle Religioni ad Assisi. C’è sempre bisogno di riprendere le fila di un dialogo che troppo spesso vie a trovarsi di fronte non solo all’inciampo di odi e di violenze, ma a insormontabili barriere di indifferenza.
© Copyright Il Mattino, 4 gennaio 2011
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