Quel tabù dell’Occidente verso le chiese minacciate
di Mario Mauro*
Per i cristiani in diverse zone del mondo il periodo che tradizionalmente dovrebbe essere uno dei più gioiosi di tutto l’anno, il Natale, ha coinciso negli ultimi anni con una terrificante escalation di violenza, terrore e morte. Nel mirino c’è proprio il cristianesimo o l’intero Occidente? La risposta è tanto semplice quanto inquietante: cristianesimo e Occidente, per i gruppi fondamentalisti che stanno dilaniando le comunità cristiane di mezzo mondo, rappresentano il nemico da distruggere. Caratteristica del fondamentalismo è prendere Dio come pretesto come progetto di potere. Spesso i cristiani sono ostaggi e fatti oggetto di vessazioni e persecuzioni, magari in quei paesi dove sono «nulla» dal punto di vista della consistenza sociale. In tanti Paesi il cristianesimo viene confuso volutamente con l’Occidente proprio per aumentare l’audience e le possibilità di successo per meglio conseguire quel progetto di potere.
Da lungo tempo sottolineiamo l’urgenza di questa situazione che va al di là delle circostanze politiche di ogni singolo Stato che richiede di essere affrontato nel suo complesso. Occuparsi della libertà religiosa dei cristiani nel mondo non significa semplicemente difendere gli interessi di una categoria. La libertà religiosa costituisce un oggettivo fattore di riconoscimento del rispetto dei diritti dell’uomo. Le violenze subite dai cristiani nel mondo rappresentano infatti una ferita e una sfida alla dignità della persona.
L’indifferenza dell’Europa verso il fattore cristiano è minaccia per la stabilità delle aree di crisi. La paura o, peggio, il disprezzo laicista per la presenza cristiana altro non è che presagio di un futuro incerto per il nostro stesso mondo occidentale.
Qualche settimana fa durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, ho purtroppo dovuto constatare personalmente che un certo imbarazzo nell’affrontare l’argomento continua a pervadere la comunità internazionale.
Il Governo italiano ha già dimostrato a più riprese di avere colto l’emergenza in atto, ad esempio in sede di Consiglio europeo già alla fine del 2009 ottenendo l'inserimento nelle conclusioni del consiglio di una dichiarazione sulla libertà religiosa. Altro successo si è verificato con l'appello contro la sentenza della Corte europea di Strasburgo che voleva proibire l'esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici. Altro esempio è stato l’approvazione da parte del parlamento europeo, su mia proposta, di una risoluzione comune su «Iral - in particolare la pena di morte (compreso il caso di Tareq Aziz) e gli attacchi contro le comunità cristiane».
Oggi l’azione del Governo italiano deve farsi sempre più incisiva e puntuale in difesa della libertà religiosa, soprattutto delle comunità cristiane. Dobbiamo assumere un ruolo di leadership in seno all’Unione europea, ma anche all’interno delle relazioni diplomatiche con il resto del Mondo. Una leadership tesa non a creare tensioni con i Paesi islamici, ma al contrario ad evitare che i più esposti tra questi Paesi vengano risucchiati nel vortice del fondamentalismo.
*Presidente dei deputati Pdl al parlamento europeo
© Copyright Il Giornale, 3 gennaio 2011 consultabile online anche qui.
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