Pedofilia: Irlanda, lettera '97 Vaticano divide i cattolici
Londra. "Pistola fumante" o un semplice imbarazzante fiasco di pubbliche relazioni nei giorni della visita apostolica ordinata dal Vaticano per sanare le ferite provocate dallo scandalo della pedofilia in Irlanda? Divide il mondo cattolico la lettera che nel 1997 l’allora nunzio apostolico, arcivescovo Luciano Storero, scrisse ai vescovi irlandesi chiedendo di non denunciare tutti i casi di molestie sessuali di preti su minori perché facendolo avrebbero violato le leggi canoniche.
Secondo Jeff Anderson, il legale americano che sta cercando di portare il papa in tribunale come corresponsabile per le vicende legate a un caso di pedofilia in Oregon, il resto di Storero rafforza la sua azione legale: "La lettera sconfessa le affermazioni delle gerarchie della chiesa secondo cui il Vaticano non faceva parte di un complotto per sopprimere le prove delle molestie sessuali dei preti cattolici", ha dichiarato Anderson che di recente ha aperto un ufficio in Gran Bretagna. Ed è sempre Anderson che parla di "smoking gun" a proposito della lettera circolata nei giorni scorsi sui media irlandesi in cui Storero avvertiva i vescovi che la congregazione del clero a Roma aveva stabilito che la politica della chiesa irlandese della "denuncia obbligatoria” di tutti i casi di pedofilia era contraria al diritto canonico.
Il nunzio spiegava che questa politica era solo un "documento di studio", non una normativa approvata dalla Santa Sede, e invitava a seguire "meticolosamente" il diritto canonico che richiedeva che le accuse venissero affrontate all'interno della chiesa. Immediata la reazione delle associazioni delle vittime della pedofilia in Irlanda: secondo Colm O'Gorman, responsabile di Amnesty International irlandese, "è il Vaticano alla radice del problema: ecco la prova che ogni pretesa che non davano consapevolmente e deliberatamente istruzioni ai vescovi di non denunciare i preti è manifestamente ridicola".
La lettera fu scritta poco dopo la prima ondata di scandali sugli abusi dei preti in Irlanda, una vicenda così clamorosa che nel 1994 fece cadere il governo di Dublino. Il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha replicato che la posizione espressa dall’arcivescovo è quella che la congregazione del clero aveva assunto prima del 2001 quando papa Giovanni Paolo II cambiò le regole in seguito alla deflagrazione di casi negli Stati Uniti. "Si riferisce a una situazione che abbiamo superato", ha detto padre Lombardi al “New York Times”. E anche per Jeffrey Lena, l’avvocato del Vaticano, la lettera è stata "profondamente fraintesa" perché il suo scopo primario era di assicurare che i vescovi usassero le regolari procedure canoniche per punire i preti, in modo che queste punizioni non potessero essere invalidate per vizio di forma. "Non c’è alcuna ragione di interpretarla come un ordine ai vescovi di snobbare la legge civile sulle denunce", ha detto Lena.
© Copyright (ANSA)
Fa un enorme piacere che nel 2011 le agenzie ed i giornali abbiano finalmente imparato che esiste un motu proprio del 2001 firmato da Giovanni Paolo II. Peccato che fino a pochi mesi fa la lettera "De delictis gravioribus", derivata dal documento papale e da esso non separabile in alcun modo, sia stata additata come responsabile di tutti i mali del mondo solo perche' firmata dall'allora cardinale Ratzinger.
Nessuno, nemmeno in Vaticano (se non con gravissimo ritardo), si degno' di spiegare la ratio di quei documenti.
Ora viene citato solo il motu proprio e non la lettera del card. Ratzinger perche' in questo momento fa comodo indurre il lettore a pensare che l'allora Prefetto della CDF non fosse solo di fronte al fenomeno della pedofilia. Come dire: quando c'e' da esaltare un certo documento, il merito va diviso e quando c'e' da prendere a pesci in faccia qualcuno la preda prediletta e' Benedetto XVI.
Complimenti!
R.
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3 commenti:
Peccato non dicano che fu il card. Ratzinger a spingere affinché GPII emanasse il Motu Proprio.
Alessia
Smoking gun? No. But damaging? Yes.
http://www.catholicculture.org/commentary/otn.cfm?id=760
....The RTE program reports, accurately, that Pope Benedict XVI has emerged as a powerful force for just such a reform. But he will be successful only if Church leaders face the problem squarely, and resist the old ingrained temptation to deny the existence of the problem".
Vatican letter to Irish bishops on abuse: ’smoking gun’?
http://www.commonwealmagazine.org/blog/?p=11783
Ambedue, Lawler e Gibson, concordano che malgrado questa lettre non sia uno "smoking gun" danneggia la Chiesa.
Alessia
La lettera incrinìminata si limita a ricordare ai vescovi che le procedure da seguire devono essere quelle canoniche per non correre il rischio di farsi invalidare il processo in caso di appello affermando poi che la Congregazione per il clero satva studiando delle norme. Certo la denuncia obbligatoria del colpevole alle autorità civili viene sconsigliata per "motivi di natura canonica e morale" ma questa posizione della Congregazione per il Clero sotto Castrillon Hoyos non è nuova basta ricordare la famosa lettera da lui inviata al vescovo francese che non volle denunziare un proprio prete. A prescindere da ciò l'invito a seguire le procedure allora previste, il motu proprio del 2001 e la lettera de delictis gravioribus era ancora al di la dal venire, mi sembra solo un indicazione di buon senso e garantismo giuridico, sia per l'accusato che ha sempre diritto al giusto processo sia per le vittime che rischiano di trovarsi un colpevole liberato per inosservanza della procedura di legge. Sergio Meligrana.
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