Cresce la preoccupazione per le violenze contro cristiani nel mondo
Sale la preoccupazione nel mondo per la sorte dei cristiani discriminati e perseguitati, oggetto di vessazioni ed attacchi personali in cosi tanti Paesi, in Africa e in Asia, in Paesi arabi e non solo, dove i fedeli di Cristo sono minoranze più o meno esigue. L’argomento è stato al centro del colloquio ieri mattina in Vaticano tra il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, ed il ministro italiano degli Esteri Frattini. Il porporato ed il capo della Farnesina hanno infatti affrontato durante oltre un’ora di conversazione temi di scottante attualità, quali la situazione europea nel contesto internazionale, in rapporto alla crisi in Nord Africa e Medio Oriente e alle persecuzioni dei cristiani e la possibilità di operare in loro in difesa. Su questi argomenti Roberta Gisotti ha raccolto l’opinione di Bernardo Cervellera, direttore dell'agenzia AsiaNews:
D. - Padre Cervellera, crescono gli episodi di violenze anche estreme con uccisioni e ferimenti di cristiani e distruzioni di chiese in diversi Paesi. Lo stesso segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon stamane si è detto "preoccupato" per i recenti scontri tra copti e musulmani in Egitto. Allora, cosa impone la coscienza verso questi fratelli nella sofferenza e cosa dovrebbe imporre la politica per prevenire tali atti?
R. – Io credo che per noi cristiani sia importante solidarizzare con questi nostri fratelli e sorelle, che vengono perseguitati e colpiti, Solidarizzare vuol dire pregare, vuol dire impegnarsi per garantire la libertà religiosa nei loro Paesi, aiutandoli a stare in questi luoghi, e garantire loro una piena cittadinanza alla pari con gli altri cittadini, con le altre personalità, con gli altri gruppi, perché sono un importante strumento di progresso, di sviluppo e di intelligenza per questi Paesi, penso soprattutto ai Paesi arabi come l’Egitto o altri Paesi del Medio Oriente come l’Iraq, ma anche il Pakistan... Nello stesso tempo, io trovo che siano gli stessi Stati mondiali che devono preoccuparsi perché la libertà religiosa non sia soltanto un principio stilato dall’Onu, ma sia affermata nelle Costituzioni e nella pratica dei Paesi della comunità internazionale.
D. – Ci si chiede se per troppi anni si sia sottaciuto il mancato rispetto della libertà religiosa in tanti Paesi, che è poi la cartina di tornasole del rispetto dei diritti umani in generale?
R. – Sì, questo è successo perché l’Occidente, in particolare, è divenuto più materialista e quindi si è interessato soprattutto agli aspetti economici, strettamente economici, mercantilistici nei rapporti con altri Paesi, e non ha esaltato invece altri tipi di rapporti culturali, l’aiuto e il confronto e il dialogo sui valori ultimi delle culture dell’Occidente e dell’Oriente. In questo modo è venuto a mancare un interlocutore che esalti i diritti dell’uomo, che una volta erano la bandiera dell’Occidente, e adesso sono diventati soltanto una postilla a tutti i contratti commerciali che vengono firmati.
D. – Allo stato attuale, dov’è il punto di equilibrio tra un interventismo eccessivo in tante situazioni di conflitto che abbiamo oggi nel mondo in difesa dei cristiani, che potrebbe però nuocere ulteriormente, e un atteggiamento di sostanziale ignavia verso queste persecuzioni, di cui molti accusano anche l’Europa ?
R. – Credo che il punto di equilibrio sia il fatto che bisogna garantire la libertà religiosa non soltanto ai cristiani o salvaguardare i cristiani come una minoranza - penso all’Egitto, al Pakistan, all’Iraq o ad altri Paesi - ma garantire la libertà religiosa in questi Paesi per tutte le comunità religiose. Pensiamo al Pakistan, dove vengono perseguitati non soltanto i cristiani, ma anche i sikh, anche gli sciiti e i sunniti tra di loro, e anche i buddisti … Tenendo conto che la libertà religiosa è quella che produce più sviluppo e più progresso in un Paese; premere per questo, quindi, non è cercare dei privilegi per i cristiani, ma cercare semplicemente che le società si evolvano con il contributo di tutti. In questo, però, ripeto, il problema è che molto spesso l’Europa, tendendo semplicemente a mercanteggiare le materie prime e i prodotti dell’industria con questi Paesi, dimentica invece l’elemento etico di questi contratti e dimentica che anche l’economia rischia di essere distrutta se nascono conflitti di tipo religioso. (bf)
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