lunedì 2 maggio 2011

Il coraggio del Papa e la pazienza di Giovanni Paolo II (Izzo)

WOJTYLA: IL CORAGGIO DEL PAPA E LA PAZIENZA DI GIOVANNI PAOLO II

(AGI) - CdV, 1 mag.

(di Salvatore Izzo)

Benedetto XVI ha chiarito oggi le ragioni che lo hanno portato a sfidare i tanti profeti sventura che non volevano la beatificazione di Giovanni Paolo II in tempi rapidi (si opponevano sia i lefebvriani che Franzoni e "Noi siamo Chiesa", trovando peraltro sponde anche Oltretevere).
"Sei anni fa - ha detto nell'omelia pronunciata in piazza San Pietro e rivolta ad oltre un milione di fedeli - quando furono celebrate le esequie di Giovanni Paolo II, "gia' in quel giorno noi sentivamo aleggiare il profumo della sua santita', e il Popolo di Dio ha manifestato in molti modi la sua venerazione per Lui".
"Per questo - ha spiegato - ho voluto che, nel doveroso rispetto della normativa della Chiesa, la sua causa di beatificazione potesse procedere con discreta celerita'". Citando le parole gridate dal predecessore all'inizio del Pontificato, "Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo", ha ricordato che "quello che il neo-eletto Papa chiedeva a tutti, egli stesso lo ha fatto per primo: ha aperto a Cristo la societa', la cultura, i sistemi politici ed economici, invertendo con la forza di un gigante, forza che gli veniva da Dio, una tendenza che poteva sembrare irreversibile". Ma soprattutto Joseph Ratzinger ha confidato oggi che a convincerlo e' stata "la fede di questo Papa".
"Per 23 anni ho potuto stargli vicino e venerare sempre piu' la sua persona. Ringrazio Dio - ha detto - anche per la personale esperienza che mi ha concesso, di collaborare a lungo con il beato Papa Giovanni Paolo II. Gia' prima avevo avuto modo di conoscerlo e di stimarlo, ma dal 1982, quando mi chiamo' a Roma come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede". Dopo il rito, poi, il Papa teologo ha voluto essere il primo a venerare la bara del predecessore, salita in San Pietro dalle Grotte Vaticane, seguito dai cardinali e dalle delegazioni ufficiali, e poi dalla folla che ordinatamente gia' sfilando davanti al feretro. La gloria tributata oggi a Giovanni Paolo II non cancella tuttavia il fattio che all'inizio del Pontificato, verso di lui ci fossero "molte incomprensioni e diffidenze erano molte, soprattutto a livello di ceti dirigenti, anche ecclesiastici, mentre il popolo spontaneamente simpatizzava con lui", come ha ricordato il cardinale Camillo Ruini, gia' vicario del Papa e presidente della Cei, che e' stato il promotore della causa di beatificazione. Gradualmente "lo si e' capito e amato sempre di piu', fino a che e' diventato la persona piu' amata del mondo", ha detto Ruini. "Il nuovo Papa - ha spiegato lo storico Andrea Riccardi, autore di 'Giovanni Polo II. La biografia' ed oggi ospite di "A Sua Immagine", la trasmissione domenicale di Rai Uno, per commentare l'evento - era considerato troppo polacco, e dunque incapace di comprendere i raffinati equilibri della politica italiana e anche della Chiesa". Lui stesso si era definito un "extracomunitario", come disse scherzando.
In realta' non si voleva comprendere quanto fondate fossero le sue critiche. In ogni caso non e' realistica l'immagine "vincente" che ne viene offerta oggi dai media.
Quello di Wojtyla e' stato invece un pontificato "in salita", come quello di Paolo VI che lo ha preceduto e oggi quello di Benedetto XVI, l'allora card. Joseph Ratzinger che il Papa polacco ha descritto come "l'amico piu' fidato" nel suo ultimo libro ("Alzatevi, andiamo", edito da Rizzoli nel 2005). Provato ma non vinto dai colpi di pistola di Ali' Agca, da un tumore al colon e, verso la fine, dal Parkinson e dalle conseguenze di alcune brutte cadute, ma soprattutto dalle delusioni (negli ultimi tempi aveva ammesso che l'instabilita' seguita alla caduta del comunismo spinge alcuni a rimpiangere il triste equilibrio dei due blocchi), Giovanni Paolo II ha vissuto di certo un pontificato difficile. E segnato da molte incomprensioni. Nessun Papa prima di lui e' stato cosi' presente nei mass-media (Times lo incorono' "uomo dell'anno" nel '94), ma spesso il suo messaggio e' stato trasmesso in modo parziale e il suo rapporto con la gente non e' stato sempre facilitato dalla mediazione giornalistica.
Cosi' molti credevano di conoscere il pensiero del Papa ma lo avevano recepito solo indirettamente, magari attraverso le reazioni negative di qualche teologo contestatore. Il caso piu' evidente e' quello della enciclica sulla teologia morale, la "Veritatis Splendor", nella quale si cercavano riferimenti alla sessualita' mentre quella del Papa era una presentazione dei fondamenti delle norme, del perche', cioe', bisogna seguire la legge di Cristo. In fondo un po' tutte le sue quattordici encicliche hanno condiviso questa sorte: almeno a livello dell'opinione pubblica sono piu' note per le polemiche che hanno suscitato che per i loro contenuti. Ma questo non significa che le sue ferree prese di posizione non abbiano sortito effetti: sul tema della difesa della vita, ad esempio, non sono mancati riconoscimenti significativi, come il compromesso raggiunto alla Conferenza Internazionale del Cairo su "Popolazione e sviluppo" dopo che per mesi ogni Angelus domenicale era stato dedicato alla famiglia. All'interno della Chiesa, ovviamente, il discorso e' diverso. Eppure anche qui non sono mancate le incomprensioni: basti pensare alle tristi pagine costituite dallo scisma di Lefebvre (consumato dal vescovo francese nonostante il Papa avesse in buona parte riconosciuto le sue ragioni e concesso un indulto ai gruppi che volevano celebrare con il vecchio rito, poi vanificato dall'ordinazione illecita dei 4 vescovi della fraternita' San Pio X, il 30 giugno 1988). E, sull'altro versante, al manifesto dei 163 teologi antiromani che ampio spazio ha trovato anche in periodici cattolici molto diffusi, che fanno capo ad istituti religiosi.
Alle contestazioni molto forti delle femministe, anche cattoliche (la lettera apostolica "Mulieris Dignitatem" venne criticata per un marginale riferimento all'esclusione delle donne dal sacerdozio tralasciando l'esaltazione che il Pontefice ha fatto del "genio femminile"). Ma anche alle contestazioni dei gay, manifestate mentre Wojtyla testimoniava la necessita' di non discriminare i malati di Aids abbracciandoli in ospedale (a Phoenix il 14 settembre 1987 bacio' addirittura un piccolo malato).
Contestazioni mosse a un Papa che aveva fatto della difesa della dignita' umana l'elemento centrale della sua missione (in proposito va ricordato il ruolo avuto nella formulazione della "Gaudium et Spes" dall'allora ausiliare di Cracovia, che intervenne al Concilio per scongiurare i padri di ricordarsi "di avere sempre nella mente e nel cuore che la dignita' della persona umana va sempre difesa e sostenuta"). Ne' forse i media hanno dato il giusto rilievo, durante il suo Pontificato, alle aperture ecumeniche di questo Papa che per la prima volta nella storia ha convocato, il 27 ottobre dell'86 ad Assisi, i leader delle grandi religioni del mondo, per pregare insieme per la pace e, nel settembre '94, in occasione del viaggio a Zagabria ha coraggiosamente ripetuto la sua condanna di ogni giustificazione religiosa delle guerre sfidando l'incomprensione di un popolo cattolico che si riteneva vittima di un'ingiustificabile aggressione. Ma proprio gli ortodossi serbi verso i quali tendeva la mano lo hanno respinto (niente Belgrado e a Sarajevo e' potuto andare solo tre anni dopo, nell'aprile del '97), come in passato avevano fatto quelli russi. E non ha avuto buona stampa nemmeno da parte degli ebrei (pagine e pagine della rivista ebraica Shalom contro i suoi discorsi alle Udienze). Anche se questo Papa e' stato il primo che si e' recato in una Sinagoga, il 13 aprile '86 (e poi, il 30 dicembre '93, ha riconosciuto Israele). Lui che dell'antisemitismo fin da bambino aveva sentito il disgusto, quando non riuscirono ad impedirgli di essere amico degli ebrei nella natia Wadowice. Come nel suo intimo Karol Wojtyla abbia vissuto questi passaggi umanamente penosi non e' possibile sapere. Uomo coraggioso, mai si e' lasciato intimidire dalle reazioni talvolta scomposte dei suoi "avversari". A Berlino, il 23 giugno 1996, proprio nel momento che avrebbe dovuto segnare il culmine della sua gloria, la celebrazione alla Porta di Brandeburgo, fu accolto da fischi e un gruppetto di contestatori lancio' un barattolo di vernice rossa contro la "Papamobile". Ma lui lesse l'intero discorso senza fare una piega (ne' omettere un rigo, cosa che invece, sollevando non pochi "gialli" sulle possibili motivazioni politiche di quei tagli, ormai faceva abitualmente durante i viaggi, per non stancarsi troppo e soprattutto per non stancare chi doveva ascoltarlo). E sorrise benevolmente quando, in un clima reso surreale da quelle cosi' sonore contestazioni, Kohl rese omaggio al contributo determinante dato dal Papa alla caduta dei muri.

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1 commento:

A.R. ha detto...

A proposito del coraggio del santo Padre Benedetto, Raffaella, ho trovato quest'altra notizia in rete, che ancora non è apparsa sul bollettino ufficiale: http://www.cantualeantonianum.com/2011/05/non-ce-due-senza-tre-papa-benedetto.html