VATICANO
Papa: Dio non è avversario o nemico dell’uomo, cerchiamo la sua benedizione
Benedetto XVI spiega il senso della lotta di Giacobbe con lo sconosciuto. “''Tutta la nostra vita è come questa lunga notte di lotta e di preghiera, da consumare nel desiderio e nella richiesta di una benedizione di Dio”. E alla fine del combattimento spirituale c’è la richiesta di un nome nuovo, il cui significato è conversione e perdono.
Città del Vaticano (AsiaNews)
La vita del credente è simile all’episodio biblico della lotta di Giacobbe con Dio al guado dello Yabboq.
Così Benedetto XVI ha illustrato il senso del brano del Genesi scelto per l’udienza generale di oggi. ''Tutta la nostra vita è come questa lunga notte di lotta e di preghiera, da consumare nel desiderio e nella richiesta di una benedizione di Dio che non può essere strappata o vinta contando sulle nostre forze, ma deve essere ricevuta con umiltà da Lui, come dono gratuito che permette, infine, di riconoscere il volto del Signore''.
"Dio non è nemico o avversario" dell'uomo, che "vince proprio quando giunge a consegnarsi nelle mani misericordiose di Dio", ha ricordato Benedetto XVI nella sua catechesi tenuta oggi in piazza San Pietro di fronte a circa quindicimila pellegrini, fra cui anche alcuni soldati Usa feriti.
Il brano scelto da papa Ratzinger non è di facile interpretazione, e ''le spiegazioni che l'esegesi biblica può dare riguardo a questo brano sono molteplici''; ma ''quando questi elementi vengono assunti dagli autori sacri e inglobati nel racconto biblico, essi cambiano di significato e il testo si apre a dimensioni più ampie''.
Benedetto XVI ha spiegato che ''l'episodio della lotta allo Yabboq si offre così al credente come testo paradigmatico in cui il popolo di Israele parla della propria origine e delinea i tratti di una particolare relazione tra Dio e l'uomo''. Di conseguenza “la tradizione spirituale della Chiesa ha visto in questo racconto il simbolo della preghiera come combattimento della fede e vittoria della perseveranza''.
Il testo biblico “ci parla della lunga notte della ricerca di Dio, della lotta per conoscerne il nome e vederne il volto; è la notte della preghiera che con tenacia e perseveranza chiede a Dio la benedizione e un nome nuovo, una nuova realtà frutto di conversione e di perdono”. Per questo motivo, ha aggiunto Benedetto XVI, la lotta di Giacobbe diventa ”un punto di riferimento per capire la relazione con Dio che nella preghiera trova la sua massima espressione. La preghiera richiede fiducia, vicinanza, quasi in un corpo a corpo simbolico non con un Dio avversario e nemico, ma con un Signore benedicente che rimane sempre misterioso, che appare irraggiungibile”. Conclude così il Pontefice: “E se l'oggetto del desiderio è il rapporto con Dio, la sua benedizione e il suo amore, allora la lotta non potrà che culminare nel dono di se stessi a Dio, nel riconoscere la propria debolezza, che vince proprio quando giunge a consegnarsi nelle mani misericordiose di Dio''.
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