L’appello del Papa: aprite le porte agli immigrati
Trecentocinquantamila fedeli hanno accolto ieri il Papa al Parco San Giuliano.
GIACOMO GALEAZZI
INVIATO A VENEZIA
No alla paura degli immigrati, sì all’accoglienza degli stranieri e dei lontani. La Serenissima «ci parla di una civiltà della pace, fondata sul mutuo rispetto, sulla reciproca conoscenza, sulle relazioni di amicizia».
Una lunga storia e un ricco patrimonio spirituale e artistico capace di «aiutare gli uomini a credere in un futuro migliore e a costruirlo».
Il Papa propone il modello-Venezia alla Chiesa e al mondo mentre una folla al di sopra di ogni previsione - ben trecentocinquantamila fedeli - trasforma la laguna in una distesa bianca e gialla, i colori del Vaticano.
Nell’unica pausa tra messe e incontri, il Pontefice compie un tour di 10 minuti lungo il Canal Grande: sono quattro campioni della Regata Storica a portarlo a bordo della «Dogaressa», la gondola extralarge (un tempo del Doge) sulla quale nel 1985 salì Karol Wojtyla. Da allora nessuno l’ha più usata. Nel giorno in cui in Egitto riesplode la violenza tra musulmani e copti, si leva la preghiera papale in molte lingue per la pace e la riconciliazione, rafforzata dal monito anti-xenofobia: «I cristiani non devono chiudersi di fronte al diverso ma dialogare con la modernità». Nel viaggio a Nordest (uno dei più significativi del pontificato per vastità di temi affrontati: dal mandato affidato nella società italiana ai movimenti e alla nuova leva di politici cattolici fino agli scenari geopolitici orienteoccidente,nord-sud) Benedetto XVI analizza il rapporto tra identità cristiana e «slancio missionario, comunione, solidarietà, condivisione». Un accorato appello all’accoglienza, a non chiudere le porte all’immigrazione, a riscoprire le radici cristiane.
Il problema dell’ingiustizia, della sopraffazione, la paura degli altri, degli estranei e dei lontani (che «giungono nelle nostre terre e sembrano attentare a ciò che noi siamo») portano i cristiani di oggi a dire con tristezza: «Noi speravamo che Dio ci liberasse da ciò». Invece occorre «rendere conto della speranza cristiana dell’uomo moderno, sopraffatto da inquietanti problematiche che pongono in crisi i fondamenti del suo agire». Il cristianesimo «rischia di svuotarsi della sua verità, di diventare un orizzonte che solo superficialmente abbraccia la vita». Il Pontefice quindi esorta a «scegliere la logica della comunione tra di noi, della solidarietà e della condivisione», a ritrovare «slancio missionario, fervore apostolico, dinamismo pastorale». Ai vescovi del Triveneto il Papa riconosce il merito di «cercare di comprendere le ragioni del cuore dell’uomo moderno» e di «sostenere con la presenza questa opera» attraverso un «intenso programma pastorale». L’autentica realizzazione dell'uomo e la sua vera gioia «non si trovano nel potere, nel successo, nel denaro, ma soltanto in Dio». La Chiesa è tenuta ad «andare oltre, ad aiutare l’uomo a superare gli ostacoli dell’individualismo, del relativismo», perciò non deve lasciarsi «trarre verso il basso dalle mancanze che possono segnare le comunità cristiane». Mai «cedere alle tentazioni della cultura edonistica ed ai richiami del consumismo». Bisogna rinsaldare l’unità spirituale «alla luce del fenomeno dell’immigrazione e delle nuove circostanze geopolitiche in atto». L’armonico e integrale sviluppo dell’uomo e della società in cui vive richiede il superamento delle divisioni che vanificano «le concrete aspirazioni alla giustizia e alla pace». A Venezia, crocevia di idee, Ratzinger offre la sua fede «global» come «conversione alla vita comunitaria».
© Copyright La Stampa, 9 maggio 2011 consultabile online anche qui.
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1 commento:
OT
Mons. Filoni a Propaganda Fide.
http://2.andreatornielli.it/?p=1642
Alessia
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