Su segnalazione di Alessia leggiamo:
La chiesa vara la sua linea sulla pedofilia, e non è l’intolleranza zero
di Paolo Rodari
Un anno esatto da ieri. Questo è il tempo che il Vaticano ha concesso alle conferenze episcopali del mondo perché presentino alla Congregazione per la dottrina della fede le linee guida adottate per fare fronte allo scandalo degli abusi sessuali commessi dai preti.
La bussola per preparare tali linee guida è una lettera circolare che ieri il prefetto dell’ex Sant’Uffizio, il cardinale statunitense William Joseph Levada – il testo respira anche del lavoro del segretario della Congregazione, Luis F. Ladaria, e del promotore di giustizia Charles Scicluna – ha indirizzato a tutti i vescovi.
Lo scopo è uno: far sì che i vescovi sanciscano nero su bianco le norme da attuare nei casi di pedofilia basandosi su orientamenti comuni che, dunque, riflettono le idee e le convinzioni del Vaticano.
Insomma, il tentativo è scongiurare che si ripetano casi come quello di padre Lawrence C. Murphy, il pedofilo americano che dopo aver abusato di diversi minori in una scuola del Wisconsin non venne rimosso per la negligenza dell’allora arcivescovo di Milwaukee, Rembert Weakland.
Dalla lettera di Levada, si comprende che la Santa Sede vuole che i vescovi non disattendano due cose: l’attenzione prioritaria alle vittime e la cooperazione con le autorità civili.
L’attenzione alle vittime è quanto Benedetto XVI ha messo in campo nel corso del 2010. Nei suoi viaggi non ha mai rinunciato a incontrare coloro che sono stati abusati sessualmente dai preti.
Nella lettera che il Papa ha scritto ai cattolici d’Irlanda è arrivato a dire: “Avete sofferto tremendamente e io ne sono veramente dispiaciuto. So che nulla può cancellare il male che avete sopportato. E’ stata tradita la vostra fiducia, e la vostra dignità è stata violata”.
La Santa Sede sa che l’abuso sessuale di minori non solo è un delitto canonico ma è anche un crimine perseguito dall’autorità civile. Per questo si chiede “collaborazione” con le autorità seppure i rapporti con esse siano differenti a seconda dei paesi.
Certo, “collaborazione” non significa “obbligo”. Il Vaticano non parla di “obbligo” di denuncia. I vescovi, insomma, a meno che le leggi dello stato non lo chiedano espressamente, non sono obbligati a denunciare. E’ questa, infatti, la linea che il Vaticano vuole perseguire: massima trasparenza, nessuna reticenza coi molestatori, ma il tutto senza “pregiudicare il foro interno sacramentale”.
C’è molta attenzione anche ai sacerdoti nel testo di Levada. Segno che non è di questo Papa la caccia alle streghe. Così come non appartiene al suo gergo lo slogan – da Ratzinger peraltro mai pronunciato – della “tolleranza zero”. “Il chierico accusato” scrive Levada “gode della presunzione di innocenza, fino a prova contraria, anche se il vescovo può cautelativamente limitarne l’esercizio del ministero, in attesa che le accuse siano chiarite. Se del caso, si faccia di tutto per ristabilire la buona fama del chierico che sia stato accusato ingiustamente”.
Pubblicato sul Foglio matedì 17 maggio 2011
© Copyright Il Foglio, 17 maggio 2011 consultabile online anche qui, sul blog di Rodari.
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