«Pedofilia, ora basta tolleranza»
di Luigi Accattoli
[17 maggio 2011]
Lettera circolare sugli abusi sessuali del clero pubblicata ieri dalla Congregazione per la dottrina della fede - e inviata alle conferenze episcopali di tutto il mondo perché ne traggano un direttorio per l'applicazione ai singoli paesi - completa il risanamento normativo della terribile materia portato avanti con tenacia da Papa Benedetto.
A metà luglio dell'anno scorso erano state riformate le procedure vaticane ma restava da realizzare un'analoga revisione delle "linee guida"a cui si ispirano i vescovi locali - "linee guida"che il nuovo corso vaticano aveva reso obsolete.
Completata l'opera - gli episcopati avranno un anno di tempo per recepire le norme dell'anno scorso e le indicazioni pubblicate ieri - risulta ancora più chiaro il marchio personale impresso dal Papa teologo all'intera materia con queste revisioni e con il suo esempio personale: rigore nella ricerca della giustizia e nell'espiazione delle colpe, collaborazione con le autorità civili, rinnovato scrupolo nella selezione dei candidati al sacerdozio e a ogni ufficio o responsabilità ecclesiale.
Un giorno forse quest'opera verrà posta tra quelle centrali del Pontificato di Benedetto XVI. I media l'anno scorso avevano giustamente segnalato - fra le novità delle "Norme sui delitti più gravi" pubblicate in luglio - le procedure snellite, l'apertura dei tribunali ecclesiastici ai laici, la possibilità di procedere "per de- reto extragiudiziale" e quella di presentare al Papa i casi più gravi per la dimissione dallo stato clericale, il passaggio del termine della prescrizione da dieci a venti anni con possibilità di deroga oltre tale periodo.Significative anche l'equiparazione ai minori delle persone con limitato uso di ragione e l'introduzione di una nuova fattispecie: la pedopornografia. La circolare di ieri integra e aiuta a comprendere le norme dell'anno scorso. In particolare le completa per quanto riguarda la collaborazione con le autorità civili, la "cura"delle vittime e dei colpevoli, la selezione dei candidati.
Sulla questione della collaborazione con le autorità civili la "Guida" pubblicata nell'aprile dell'anno scorso sul Sito della Santa Sede affermava che "va sempre dato seguito alle disposizioni della legge civile per quanto riguarda il deferimento di crimini alle autorità preposte". Vale a dire che non essendovi un quadro giuridico uniforme, nell'insieme dei paesi dov'è presente la Chiesa cattolica, non si possono dare direttive univoche ma solo dei criteri da affidare all'elaborazione dei singoli episcopati. La circolare di ieri richiama quella norma e ricorda che "l'abuso sessuale di minori non è solo un delitto canonico, ma anche un crimine perseguito dall'autorità civile"ed è dunque "importante cooperare con esse nell'ambito delle rispettive competenze". A questo punto viene affermato un criterio di grande rilievo pratico: «Questa collaborazione non riguarda solo i casi di abusi commessi dai chierici, ma riguarda anche quei casi di abuso che coinvolgono il personale religioso o laico che opera nelle strutture ecclesiastiche ». Se l'abusatore di un bambino non è il parroco, ma - poniamo - un catechista, il vescovo è tenuto comunque a prestare la sua "collaborazione" con la polizia e con la magistratura. C'è poi - nella circolare - un inciso che aiuta a intendere l'intricata materia: le "linee guida" delle conferenze episcopali dovranno «tener conto della legislazione del Paese della Conferenza, in particolare per quanto attiene all'eventuale obbligo di avvisare le autorità civili». La circolare cioè definisce "importante"la collaborazione con le autorità civili ma non obbliga i vescovi a denunciare il sospettato di abusi a meno che la legge del Paese non preveda quest'obbligo.
Negli Stati Uniti quest'obbligo c'è ma - per esempio - non c'è in Italia. La prassi consigliata dalla Santa Sede, in questi ultimi anni, per i Paesi nei quali non vi è l'obbligo di legge della denuncia, è stata quella di invitare le vittime a sporgere loro la denuncia alle autorità civili.
In concreto: a un vescovo italiano si presenta una famiglia che accusa un prete di aver abusato di un suo figlio; il vescovo non va dal magistrato o dai carabinieri a denunciare il prete, ma invita la famiglia a farlo.
Nei confronti delle vittime e dei loro familiari, la circolare invita a imitare l'esempio dato dal Papa con i tanti incontri - nei diversi Paesi - con gli "abusati" e stabilisce tassativamente che «la Chiesa, nella persona del Vescovo o di un suo delegato, deve mostrarsi pronta ad ascoltare le vittime ed i loro familiari e ad impegnarsi per la loro assistenza spirituale e psicologica».
Sulla necessità di curare meglio la formazione dei seminaristi si afferma che "una diligenza particolare" dev'essere riservata al "doveroso scambio d'informazioni" in merito a quei candidati al sacerdozio o alla vita religiosa che si trasferiscono da un seminario all'altro". Ultimamente le cronache hanno parlato di un diacono di Orvieto suicida per essergli stata negata l'ordinazione al sacerdozio - a motivo di dubbi sulla sua capacità di autocontrollo sessuale - il quale era passato successivamente per tre seminari. Si avverte naturalmente che "il chierico accusato gode della presunzione di innocenza", fino a prova contraria, anche se il vescovo "può cautelativamente limitarne l'esercizio del ministero, in attesa che le accuse siano chiarite".
Per cogliere la portata delle riforme introdotte da Benedetto XVI con le norme dell'anno scorso e con questa circolare non è sufficiente analizzare le innovazioni ma occorre un minimo di inquadramento storico dell'emergenza del dramma della pedofilia lungo gli ultimi quarant'anni e della reazione della Chiesa a esso, nonché del ruolo personale svolto da Ratzinger cardinale e Papa.
Per l'inquadramento storico, va tenuto presente che data dagli anni Settanta del secolo scorso l'avvio dell'indagine sociale e medica sul fenomeno della pedofilia. I primi documenti da parte di episcopati cattolici sono degli inizi degli anni Ottanta e vengono dal Canada e dagli Usa, cioè dagli stessi Paesi dove prese corpo quella nuova attenzione. I tribunali hanno preso a dare seguito alle denunce e sono esplosi i primi scandali nazionali a carico del clero cattolico del Nord America e dell'Irlanda. In risposta a questa evoluzione la Santa Sede rese più rigorose le norme e le procedure, prima in riferimento agli Usa (1994) e poi all'Irlanda (1996): con due successivi "indulti"- cioè deroghe dal Codice canonico - ai vescovi di questi Paesi fu portato da 16 a 18 anni il limite di età per l'abuso a carico di un minore e si fissò la decorrenza del decennio per la prescrizione dal compimento del 18° anno della vittima e non dalla data del reato. Nel 2001 questo nuovo rigore fu esteso a tutti i Paesi e l'intera materia fu affidata alla Congregazione per la Dottrina.
Il ruolo personale del cardinale Ratzinger prende corpo a partire da questa data ed è decisivo per intendere le ultime innovazioni.
Esse erano state - nella sostanza - tutte già acquisite sotto forma di "facoltà speciali" richieste dal cardinale Ratzinger e concesse da Papa Wojtyla, in particolare negli anni 2003 e 2004. Divenuto Papa nel 2005 egli si preoccupò che quelle "facoltà"non avessero a decadere e le confermò a soli quindici giorni dall'elezione. Infine la riforma contenuta nelle "nuove norme" dell'anno scorso e specificata dalla circolare di ieri.
Quanto compiuto sabato a Genova dal cardinale Angelo Bagnasco in risposta all'arresto di un suo parroco - con accuse di abusi sessuali e droga - può essere visto come esemplificazione del comportamento dettato a tutti i vescovi del mondo da Papa Benedetto: il cardinale ha "sospeso"il parroco dalle sue funzioni, è andato nella sua parrocchia a parlare ai fedeli, ha espresso "fiducia nella magistratura", ha parlato con "sgomento e vergogna"di quanto accaduto e si è detto "vicino" alle persone "colpite".
C'è tutto quanto oggi ha specificato - a nome del Papa - il cardinale Levada.
© Copyright Liberal, 17 maggio 2011 consultabile online anche qui.
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