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6 commenti:
Vi è il "cortile dei gentili" e vi anche per taluni giornalisti "il cortile delle pettegole".
Credo che non si arriverà mai ad una riconciliazione tra S. Sede e San Pio X. Le distanze tra le 2 posizioni dottrinali sono troppo grandi, direi incolmabili. Probabilmente - secondo il motto latino "in medium stat veritas" entrambe le parti hanno le loro colpe. L'applicazione pratica del Vaticano II, a causa di una certa ambiguità lessicale del linguaggio della Chiesa (prassi peraltro molto frequente), nella liturgia, nella morale, nella dottrina, talvolta anche nella teologia, è stata troppo lasciata all'estemporaneità di alcuni cardinali, di diversi vescovi, di non pochi preti, con i risultati che tutti, se non vogliamo fare come gli sgtruzzi, osserviamo.
Mons.Lefebvre ed i suoi seguaci si sono "incancreniti" in atteggiamenti e pregiudizi religiosi, su dottrina e liturgia, forse rispettabili, ma spesso anacronistici, o per lo meno che tali potessero sembrare agli occhi del mondo (e della Chiesa) moderni.
Non ho mai apprezzato granché, come pastore milanese, il Card. Martini, ma devo dire, in onestà di giudizio, che lo stesso, chiedendo più volte, un nuovo concilio ecumenico, ha probabilmente compreso che questi nostri turbolenti tempi (con qualche prete concililiare che, ad esempio, suona nelle bande musicali e si fa amante e figli) una nuova ampia ed aapaprofondita riflessione su teologia, dottrina, morae, liturgia.
richiederebbero
se voleva un nuovo concilio ecumenico,non si doveva tirare indietro,visto che era uno dei papabili più accreditati,è facile scaricare oneri su chi il coraggio di accettare il magistero petrino l'ha avuto e lo sta portando avanti coraggiosamente,checchè se ne dica.
Non di riconciliazione si deve parlare ma di transazione alla base della quale sussistono recipoche concessioni: il problema non è teologico ma giuridico.
E' incontestato, infatti, che da ambo le parti vi siano criticità.
Per un verso vi è stata l'esaltazione (a scapito di fede e tradizione)del Vaticano 2 quando, in realtà, esso non ha alcun rilievo sotto il profilo giuscanonistico (vedasi Petrocelli). il Santo Padre del resto ne ha chiarito la portata, a più riprese, qualificandolo documento di politica ecclesiale rilevante sul piano pastorale ma non dogmatico.
Così pure vi è stata l'opposizione di molti vescovi al Motu proprio "Summorum Pontificum cura" con conseguente disobbedinza al Pontefice su materia grave (la "lex orandi")(v. can. 750 codice di diritto canonico).
Per l'altro verso vi è stata, da alcuni esponenti della FSSPX, non tanto una rigidità di contenuti in materia di fede ma spesso una egocentrica e irrispettosa ostentazione degli stessi.
I problemi ordinamentali della FSSPX sembrano, però, risolvibili:
1) Prelatura personale indipendente dai vescovi diocesani;
2)articolazione territoriale disciplinata dall'ordinamento interno della Prelatura;
3)designazione dei vertici da parte di un organo collegiale della Prelatura con ratifica pontificia quale provvedimento, di regola,solo ricognitivo;
4)previsione (generale) del mandato pontificio per la nomina di eventuali vescovi.
mi permetto rettificare un errore materiale di cui mi scuso. il canone è il 741 del codice di diritto canonico.
Leggo l'ennesimo articolo di Gennari che stigmatizza la possibilità di accordo.
Le medesime parole infuocate le ha usate in occasione della promulgazione del Motu Proprio sul messale romano.
Egli in questa occasione accusa addirittura ambienti della Chiesa circa la contrarietà al concilio.
Vale la pena di ricordagli il vecchio proverbio inglese: "alle volte corre la lepre alle volte corre il cane".
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