L'INTERVISTA
Amato: «Veloce nei tempi, ma senza sconti»
Al cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, non piace sentir parlare di «santi subito», ma di «santi sicuri».
Ed è per questo che ci tiene a sottolineare che anche nel caso di Giovanni Paolo II le norme procedurali che lo hanno portato alla soglia dell’onore degli altari sono state «rispettate scrupolosamente, anzi, se possibile, più scrupolosamente che in altri casi». Ciò detto è evidente, comunque, che papa Wojtyla potrà essere ascritto all’albo dei beati il prossimo 1° maggio ad appena sei anni dalla sua morte, il che comunque è un quasi record, paragonabile a quanto avvenne per Madre Teresa di Calcutta. Che però ha una sua spiegazione. Dovuta a due particolari «attenzioni», come le definisce il cardinale Amato, che sono state riservate alla causa di beatificazione del primo pontefice polacco della storia.
Eminenza, qual è stata la prima attenzione?
Il Santo Padre Benedetto XVI ha deciso che si derogasse dalla normativa vigente in base alla quale dovevano trascorrere cinque anni dalla morte del Servo di Dio. Si è trattato di una grande agevolazione grazie alla quale già nel 2007 si è potuto concludere la fase diocesana del processo.
E la seconda?
Questa Congregazione ha deciso di dare, per così dire, una «corsia preferenziale» a questa causa, senza metterla in lista di attesa. Ciò ha consentito un iter procedurale più spedito.
Perché?
La Congregazione ha tenuto conto del fatto che si trattava di una causa condivisa, che riceveva positive e continue sollecitazioni da tutto il mondo: da episcopati, da cardinali, da vescovi, da semplici fedeli. Senza contare le frequentissime segnalazioni di grazie attribuite a Giovanni Paolo II che sono continuate ad arrivarci. Detto questo però voglio ribadire che, aldilà delle «agevolazioni» nella tempistica, per quanto riguarda l’iter procedurale non c’è stato alcuno sconto. Anzi!
In che senso?
La grande figura di Giovanni Paolo II è stata scrutinata con grande rigore, sia per superare eventuali difficoltà e chiarire punti oscuri, sia per valutare bene il miracolo attribuito alla sua intercessione. Miracolo che è stato esaminato facendo riferimento agli specialisti del caso, sia francesi sia italiani, in modo da superare ogni perplessità e raggiungere la certezza morale del fatto.
Fra le eventuali difficoltà riguardo all’esercizio delle virtù eroiche c’è stata anche la vicenda di padre Marcial Maciel, il fondatore del Legionari di Cristo?
La Congregazione per la dottrina della fede ha ribadito che Giovanni Paolo II non era in nessun modo implicato nelle vicende riguardanti il lato oscuro della figura della personalità in questione.
Il miracolo ha presentato delle difficoltà particolari?
Nonostante una certa e forse eccessiva curiosità massmediatica, il miracolo è stato esaminato con estrema accuratezza dai medici sia in Francia che a Roma.
Ma la seconda agevolazione goduta dalla causa di Giovanni Paolo II, la Congregazione la riserva anche ad altri processi?
Posso dire che, anche se in gradi diversi a seconda dei casi, questa Congregazione cerca di dare priorità alle cause che vengono dai Paesi dell’est europeo che sono rimaste sotto il dominio comunista, a quelle che provengono dall’Africa, dall’Asia e dalle Americhe. Non è un caso che proprio da queste aree geografiche vengono ormai la metà dei partecipanti ai corsi per aspiranti postulatori.
Per quanto riguarda poi le cause riguardanti altri Pontefici, qual è la situazione?
Posso dire che questa Congregazione continua a ricevere molte e qualificate sollecitazioni in favore del venerabile Pio XII, tanto che proprio in questi giorni sto approfondendo questa causa. Del servo di Dio Giovanni Paolo I deve essere ancora compilata la positio. Per gli altri pontefici si segue l’iter adeguato che riguarda le virtù e i miracoli.
La scelta di pubblicare il decreto riguardante il miracolo attribuito a Giovanni Paolo II insieme ad altri decreti riguardanti altre cause ha un particolare significato?
No. Fa parte della normale amministrazione della Congregazione. Semmai il fatto che il Papa mi abbia ricevuto subito dopo la sessione ordinaria dei cardinali e dei vescovi della Congregazione che ha unanimemente approvato il miracolo e in anticipo, diciamo così, rispetto al normale ritmo delle udienze, sta a significare un ulteriore segno di attenzione da parte sua nei confronti di questa causa. E ovviamente, insieme a quello riguardante Giovanni Paolo II, abbiamo portato alla sua attenzione anche quelli riguardanti altre figure ugualmente esemplari per la Chiesa tutta. Tra le quali segnalo in particolare quelle di suor Antonia Maria Verna, fondatrice dell’Istituto della carità di Ivrea e Giuseppe Toniolo, professore universitario e attualissimo modello di cattolicesimo sociale.
Che significato ha il fatto che la cerimonia di beatificazione verrà presieduta proprio il 1° maggio in San Pietro da Benedetto XVI in persona?
La data non è stata decisa da questa Congregazione, ed è stata pubblicata contestualmente al decreto in via eccezionale. La scelta del 1° maggio è di facile interpretazione: in quel giorno, quest’anno, la Chiesa celebra la solennità della Divina Misericordia, introdotta proprio da Giovanni Paolo II. Immagino che il popolo polacco sarà particolarmente felice di questa scelta: sia perché fu la loro conterranea santa Faustina Kowalska la grande apostola della Divina Misericordia sia perché a maggio si celebra anche la loro festa nazionale. Che poi sia lo stesso Benedetto XVI a celebrare la cerimonia non può certo sorprendere conoscendo la grande e profonda stima e affetto reciproci che lo legava al suo predecessore.
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A colloquio con il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi
Celerità e rigore nella causa di beatificazione di Giovanni Paolo II
di Nicola Gori
Accuratezza, scrupolosità, professionalità: sono queste le modalità con le quali è stato condotto l'iter della causa di beatificazione di Giovanni Paolo II. Se da un lato, la sua beatificazione arriva a tempo di record, dall'altro non sono stati fatti sconti nelle procedure previste dalla normativa canonica. Si è trattato solo di una corsia preferenziale - concessa dallo stesso Benedetto xvi - che ha permesso di accelerare i tempi. Tra la morte di Giovanni Paolo II e la celebrazione di beatificazione del 1° maggio, infatti, passeranno sei anni e 29 giorni. Certamente, per il popolo di Dio la santità di Papa Wojtyla non è mai stata messa in discussione. E sono state proprio la fama di santità e la fama dei segni ad accompagnare e sostenere tutto l'iter processuale. È quanto spiega in questa intervista al nostro giornale il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.
Questa causa si è conclusa quasi a tempo di record. La rapidità non è andata a scapito del rigore e dell'accuratezza, non tanto procedurale, quanto nel possibile giudizio di un personaggio complesso?
È vero che la causa è stata molto veloce, però ha avuto due facilitazioni. La prima è stata il fatto che Benedetto xvi ha subito concesso la dispensa dai cinque anni di attesa prescritti. Quindi la causa ha avuto inizio quasi immediatamente dopo la morte di Giovanni Paolo II. La seconda è stata una sorta di corsia preferenziale: avendo avuto la deroga, la causa si è trovata senza una lista d'attesa davanti, per cui ha potuto procedere senza l'impedimento di altri procedimenti in corso. L'accuratezza, che è stata massima, si è sposata con una grande sollecitudine, una grande professionalità da parte della postulazione nel preparare la cosiddetta Positio sull'esercizio eroico delle virtù e sulla vita, e nel preparare anche le risposte a eventuali obiezioni. Tutto questo è stato eseguito con grande scrupolo dalla postulazione, per cui il 19 dicembre 2009 il Papa ha potuto firmare il decreto sulle virtù eroiche. Poi è iniziato l'esame del miracolo, che era già stato depositato in congregazione, anche se non si poteva procedere al suo esame senza aver prima assicurato il decreto sull'eroicità delle virtù. Il miracolo è stato studiato con grande attenzione, direi con pignoleria, anche perché su di esso c'era una grande pressione mediatica. I medici, sia francesi, sia italiani, non hanno in alcun modo affrettato i tempi e hanno sottoposto tutto a un attento approfondimento. Abbiamo lasciato la stessa libertà alla nostra consulta medica, affinché i periti potessero procedere secondo la loro coscienza e la loro scienza. Da parte sua, la postulazione ha sempre risposto tempestivamente alle nostre sollecitazioni. Non avendo davanti altre cause, abbiamo subito avuto accesso sia alla consulta medica, sia a quella dei teologi e sia all'ordinaria dei vescovi e dei cardinali. La celerità della causa non è stata a scapito né dell'accuratezza dell'iter procedurale, né della professionalità nel presentare il personaggio. Del resto, la fama di santità era talmente diffusa e accertata che il nostro compito è stato agevolato.
Il riconoscimento del miracolo è avvenuto in modo lineare o è stato contrastato?
È avvenuto in modo lineare, secondo le tappe e la dinamica di questi procedimenti. Sui pareri degli specialisti e degli scienziati della consulta medica la Congregazione non interviene, ma li rispetta del tutto. Dopo il via libera della consulta medica si è passati all'esame dei consultori teologi e poi, infine, dell'ordinaria dei cardinali e dei vescovi.
Qual è stato il miracolo?
Nello specifico si tratta della guarigione dal morbo di Parkinson della suora francese Marie Simon Pierre Normand, religiosa dell'Institut des petites soeurs des maternités catholiques. La malattia le fu diagnosticata nel 2001 dal medico curante e successivamente da altri specialisti. La suora ricevette le cure relative, che ovviamente più che guarirla ne attenuavano solo in parte i dolori. Alla notizia della scomparsa di Papa Wojtyla, suor Marie e le consorelle iniziarono a invocare la sua intercessione per la guarigione. Il 2 giugno 2005, stanca e oppressa dai dolori, la religiosa manifestò alla superiora l'intenzione di essere esonerata dal lavoro professionale di infermiera. La stessa superiora la invitò a confidare nell'intercessione di Giovanni Paolo II e a pregare. La suora passò una notte tranquilla. Al risveglio si sentì guarita. Erano scomparsi i dolori e non avvertiva alcun irrigidimento nelle articolazioni. Era il 3 giugno 2005, solennità del Sacro Cuore di Gesù. Suor Marie interruppe subit
o le cure e si recò dal medico curante il quale ne constatò la guarigione.
La religiosa miracolata era malata di Parkinson, la stessa malattia di Giovanni Paolo II. Che lettura teologica possiamo dare di questa coincidenza?
Anche io ho notato la correlazione. E la stessa suora l'ha fatto. Quando scomparve Giovanni Paolo II, suor Marie rimase molto scossa vedendo che era morto della sua stessa malattia. E pensò che forse il Papa defunto avrebbe potuto aiutarla conoscendo la gravità del male.
Durante il processo tutti i testimoni interpellati sono stati concordi nell'evidenziare le virtù di Karol Wojtyla o ci sono state voci dissonanti?
Per diritto, per prassi e anche secondo la nostra normativa, il postulatore deve interrogare sia i testi a favore, sia i testi contro. Da questo punto di vista, la postulazione ha fatto un buon lavoro per dissipare tutte le ombre. Come ho detto nella mia prolusione all'apertura dello Studium, il lavoro dei postulatori è estremamente serio e deve essere fatto in maniera scrupolosa, perché svolgono una forma particolare di collaborazione con il Papa nel suo magistero ordinario.
È la prima volta che un Pontefice beatifica un suo predecessore negli ultimi dieci secoli: che significato ha questa circostanza?
È un significato di continuità, non solo nel magistero, ma anche nella santificazione personale. Del resto, in questi ultimi due secoli abbiamo una serie di vescovi di Roma dei quali è stata riconosciuta la santità, sia pure in gradi diversi: Pio x, Pio xii, Giovanni xxiii, Paolo VI, Giovanni Paolo i. Pontefici che si sono passati il testimone non solo del magistero e della guida della Chiesa, ma anche dell'esempio nella santificazione.
Il sensum fidelium del popolo di Dio già aveva decretato la santità di Giovanni Paolo II. L'iter canonico della causa ha risentito di questa pressione?
Io non direi pressione: piuttosto, accompagnamento. Il sensum fidelium è quello che noi chiamiamo, in termine tecnico, la fama di santità e di segni, che è indispensabile per una causa. Un procedimento non può essere portato a termine se non c'è questo accompagnamento da parte dei fedeli, la fama di santità della figura del servo di Dio e la fama dei segni. In altre parole, il popolo ricorre al servo di Dio per avere delle grazie. E questo c'è stato. "Santo subito" è una cosa buona, ma deve essere "santo sicuro", perché la fretta non porta buoni frutti.
La beatificazione di Giovanni Paolo II mette fine alla ricerca storica sugli atti e sulla portata del suo pontificato?
No, assolutamente. Pensiamo a Gregorio VII, Pio V, Sisto V, Benedetto XIV. I loro pontificati sono sottoposti a una continua indagine e revisione storica. La storia non è mai conclusa. Gli atti di governo possono essere sempre studiati, arricchiti di altre interpretazioni. I teologi tengono conto di tutti i documenti, ma nel caso di Giovanni Paolo II non è stato trovato niente di problematico.
Cosa si può rispondere a quanti sollevano dubbi sull'opportunità di una beatificazione così rapida di un Pontefice?
Non si tratta di una beatificazione rapida. L'iter ha rispettato tutti i crismi del processo, così come vengono applicati anche alle altre cause. Le facilitazioni di cui parlavo prima hanno permesso questa accelerazione dell'iter. Credo che sia stato opportuno, perché l'ondata di commozione suscitata dentro e fuori la Chiesa per la morte di Giovanni Paolo II ha rivelato come il mondo guardasse a questo Papa con una simpatia e un amore straordinari. E sono convinto che egli meritasse questo sentimento.
C'è già un miracolo allo studio per la canonizzazione?
Ho raccomandato più volte al postulatore che per il nuovo miracolo non si verifichi la stessa sovraesposizione mediatica avvenuta per il miracolo della beatificazione. È necessario che tutto venga fatto con la riservatezza e la calma necessarie. Solo alla fine, quando l'accertamento è stato compiuto, è opportuno parlarne. Occorre evitare che i medici e i periti subiscano qualsiasi tipo di condizionamento.
Qual è l'esempio particolare di santità che Giovanni Paolo II ha lasciato alla Chiesa e alla società contemporanea?
Ha lasciato essenzialmente due atteggiamenti. Il primo è una grande fede nella presenza di Dio nella storia, perché l'incarnazione è efficace, vince il male: la grazia della presenza eucaristica del Signore supera tutte le barriere e i regimi antiumani. Karol Wojtyla ha vissuto i regimi nazista e comunista, e ha visto l'implosione e la distruzione di entrambi. Il secondo atteggiamento è il suo grande spirito missionario. I viaggi del Papa erano attività missionaria vera e propria. Raggiungeva i confini della terra per annunciare il Vangelo di Cristo. Lo considero un grande Pontefice missionario. E la Redemptoris missio è una straordinaria enciclica, ancora attuale.
Ha un ricordo personale di Giovanni Paolo II?
Aveva un grande senso dell'amicizia, del rispetto. Mi ha scelto come segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede. Sono stato ordinato vescovo da lui il 6 gennaio 2003: eravamo in dodici, gli ultimi a ricevere da Papa Wojtyla l'ordinazione episcopale. Lo incontravo ogni mese, da segretario della Dottrina della Fede, sollecitato dall'allora cardinale Ratzinger, che era il mio diretto superiore. E Giovanni Paolo II ascoltava a lungo, ascoltava sempre. L'ho conosciuto prima della mia nomina al dicastero, quando partecipavo alle consulte dei teologi su alcuni temi. Anche in queste riunioni la cosa che più mi colpiva era la sua capacità di ascolto. Noi parlavamo, lui ascoltava. E solo dopo, quando ci rivedevamo a pranzo, faceva le sue osservazioni. Era evidente la sua volontà di capire a fondo.
(©L'Osservatore Romano - 16 gennaio 2011)
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5 commenti:
Su Avvenire cartaceo c'è un'intervista a Don Stanislao in cui il cardinale afferma che il suo primo gesto è stato di scrivere una lettera di ringraziamento per Papa Benedetto.
Lo riporta anche l'Asca:"l'arcivescovo di Cracovia, ''a nome di tutta la diocesi cosi' come a nome di tutta la Polonia'', ha anche ringraziato Benedetto XVI."
http://www.asca.it/news-WOJTYLA__DALLA_POLONIA_ALL_ITALIA__LA_GIOIA_PER_LA_BEATIFICAZIONE-981893-POL-.html
Ecco, queste interviste del card. Amato le ho trovate assai utili. Come si vede l'agevolazione è stata nei tempi ma non nella sostanza. Bene anche gli avvertimenti per il fututo al postulatore che è stato un pò troppo "loquace" nel corso del processo di beatificazione.
Antonio
Da Avvenire di Sabato 15-1. Il cardinal Dziwisz afferma di aver chiesto ai medici del Policlinico, prima che il Papa morisse, un'ampolla contenente il suo sangue, che diventerà una reliquia preziosa che potrà essere venerata nel santuario che si sta costruendo a Cracovia.
Io non voglio commentare, e, probabilmente il problema sta in me e nella mia fede non in Dziwisz. Volevo solo comunicare lo sconcerto che la cosa mi suscita. Probabilmente i miei sentimenti si sbagliano, ma tant'è.
Ecco qui, Fabiola:
http://paparatzinger4-blograffaella.blogspot.com/2011/01/il-cardinale-di-cracovia-felice-ed.html
Nemmeno io commento!
Queste cose non le capisco, forse perche' non ho abbastanza fede.
R.
è cosa che sconvolge un pò questo culto delle reliquie, dei resti corporali. Si dice che quel che conta è l'anima, non è la vita terrena, e poi si glorifica la corporeità in una sorta di pseudoidolatria. E devo dire che da medico sarei sconcertata di fronte ad una simile richiesta e, personalmente rifiuterei. Mi sconvolge un pò vedere Benedetto XVI, il papa della fede e ragione, coinvolto in questo genere di culto. Forse anche a me a questo punto difetta la fede, e il culto dei santi
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