Da Ippocrate a Giovanni Paolo II
Le preghiere del medico
di José María Simón Castellví
Presidente della Federazione internazionale
delle associazioni mediche cattoliche
Il giuramento di Ippocrate è un documento, noto non solo nel campo della medicina, che in alcune università i nuovi medici leggono solennemente durante una cerimonia al termine della carriera universitaria. Si tratta di un testo molto valido dal punto di vista dell'etica professionale, salvo in alcune versioni che in malafede eliminano la tutela della vita nascente: il non dover dare prodotti abortivi scompare o viene sostituito con una frase anodina, a discapito della professione o della verità storica.
Tuttavia l'invocazione di Apollo, Asclepio, Igea, Panacea e di altre divinità, nonostante sia suggestiva e non comporti un grande pericolo di politeismo in occidente, non mi convince del tutto. Il Signore è l'unico Dio. Ma esistono tre preghiere specifiche che il medico cristiano può recitare, e che richiamano prepotentemente la mia attenzione per la loro bellezza, devozione e dottrina.
La prima è un giuramento anonimo cristiano dei primi secoli, scritto in greco e conservato in un manoscritto vaticano medievale, ma il cui uso è attestato sin dal IV secolo. Il testo inizia con una benedizione a Dio, Padre, e continua affermando che il medico non macchierà la sua scienza, che a nessuno somministrerà un veleno anche se ne sarà richiesto, che non provocherà mai un aborto, che agirà secondo scienza e coscienza sempre a favore dei malati, in santità, evitando l'erotismo, custodendo il segreto ("come un segreto sacro"). La preghiera si conclude invocando l'aiuto di Dio e il rispetto degli uomini, con un monito: il medico non si salverà se giurerà il falso. Si tratta di uno stupendo compendio dei comandamenti e della legge naturale per l'esercizio della professione medica.
Un'altra preghiera che mi colpisce sempre è quella attribuita a Mosè Maimonide, il medico ebreo nato a Córdoba, in Spagna, nel XII secolo. In essa chiede a Dio che ci riempia di amore per l'arte medica e per tutte le creature, che ci allontani dalla sete di guadagno e dal desiderio di gloria, che ci dia forza per servire il povero e il ricco, l'amico e il nemico, il buono e il cattivo, che non ci faccia distrarre, che ci faccia apprezzare il progresso della medicina e che i pazienti abbiano fiducia in noi.
Contiene quindi alcune parole che suonano decisamente attuali, applicabili al campo medico e a quasi ogni altro ambito, e specialmente alla cosiddetta tv spazzatura: "Allontana dai miei pazienti i ciarlatani, l'esercito di parenti che danno mille consigli e portano molte volte alla morte. Se gli ignoranti mi scherniscono, concedimi, Signore, la corazza dell'amore della mia arte. Dammi pazienza dinanzi ai maleducati e agli appassionati". Si vede da queste espressioni che l'homo sapiens è lo stesso in ogni epoca.
Nella preghiera si chiedono anche forza di volontà e l'opportunità di ampliare sempre più le proprie conoscenze, cioè l'equivalente attuale della formazione permanente, tanto elogiata dalla comunità internazionale. Non posso non ricordare l'opera che per secoli gli ebrei sefarditi hanno realizzato per la diffusione della lingua spagnola e della medicina su base scientifica.
La terza grande preghiera del medico è quella che Giovanni Paolo II, prossimo alla beatificazione, scrisse il 29 giugno del 2000 ai medici cattolici, consegnata alla Federazione internazionale delle associazioni mediche cattoliche. Si tratta di un vero e proprio gioiello che in molti recitiamo spesso, in diverse lingue.
Papa Wojtyla inizia con un'invocazione al Signore Gesù, medico divino, che nella sua vita terrena ha prediletto quanti soffrono e ha affidato ai suoi discepoli il ministero della guarigione. Parla poi della nostra grande missione, del servizio quotidiano, dello strumento dell'amore di Dio. Ci chiede di saper scoprire negli altri il volto di Cristo. Parla della verità, della sapienza, della scienza, delle cause e dei rimedi, della verità e della vita: che l'annuncio, la testimonianza, l'impegno a favore di quanti hanno più bisogno, sull'esempio dei santi medici, ci aiutino a rinnovare le strutture sanitarie. Che Dio benedica il nostro studio, illumini la nostra ricerca e i nostri insegnamenti. E "che al termine del nostro pellegrinaggio terreno possiamo contemplare il tuo volto glorioso e provare la gioia dell'incontro con te nel tuo regno di gioia e di pace infinite".
(©L'Osservatore Romano - 23 gennaio 2011)
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