Rapporti con Berlusconi, la svolta imposta dal Papa e dalle parrocchie
di Claudio Sardo
ROMA - Nessuno poteva pensare che prese di posizione così dure da parte dei cardinali Bertone e Bagnasco non fossero condivise dal Papa. Eppure quelle parole pronunciate ieri mattina da Benedetto XVI hanno sorpreso e, al tempo stesso, marcato nettamente una soglia. È raro un intervento del Papa (per quanto mediato dal suo linguaggio universalista) con un riferimento così chiaro a una vicenda politica interna. Anzi ad un premier che fino a pochi mesi fa vantava «il miglior rapporto con la Chiesa nella storia della Repubblica italiana». Non è cambiato tutto all’improvviso. C’erano già stati segnali, messaggi allarmati, richiami alla «sobrietà» e alla «coerenza dei comportamenti» al tempo di Noemi e dei primi tam tam sui festini.
Ma il clamore e i contenuti di questa inchiesta hanno rotto l’argine, modificato quell’equilibrio costruito nel tempo dalla realpolitik. Del resto i vescovi hanno avvertito lo sconcerto, il disgusto e la preoccupazione che veniva dalla base cattolica, dalle parrocchie, dalle associazioni. La Gerarchia ha avuto la percezione che il silenzio o una risposta debole avrebbero messo a rischio innanzitutto la coerenza e la credibilità del messaggio della Chiesa.
Ieri Berlusconi ha provato a minimizzare: ha detto in consiglio dei ministri che il monito di Bertone era rivolto a tutti e non solo a lui. I cattolici Pdl, firmatari della lettera in suo sostegno, hanno invitato a non piegare e «strumentalizzare» le parole dei vescovi contro il Cavaliere. In realtà, il premier sa di mantenere un appiglio: per quanto pesante per lui sia la «condanna» morale, è chiaro che i rapporti formali tra governo italiano e Santa Sede sono al riparo da tempeste. E conta anche di avere altre buone frecce per il suo arco: il Pdl può garantire l’approvazione alla Camera di una legge sul testamento biologico gradita alla Chiesa (riprenderà l’iter a fine febbraio, ndr); il governo ha già corretto il decreto sul federalismo municipale in modo da assicurare l’esenzione dalla nuova tassa Imu ai beni ecclesiastici; in ogni caso sulle questioni eticamente sensibili il centrodestra è in grado di garantire equilibri più favorevoli alla sensibilità cattolica.
Il messaggio di questi giorni, però, è che la Chiesa non può farsi schiacciare in una posizione subalterna. O meglio, lo scambio era possibile finché l’«incoerenza» non ha varcato limiti etici di evidente rilievo pubblico. Il cardinale Bagnasco dirà la sua lunedì al Consiglio permanente della Cei. La diplomazia di Palazzo Chigi (che ha in Gianni Letta la figura più accreditata e stimata Oltre Tevere) ha cercato anche nei giorni scorsi di attutire l’impatto della riprovazione ecclesiale. Il risultato non è stato positivo. Ora tenta di ammorbidire la prevedibile denuncia di «degrado morale» che farà Bagnasco. Ma il presidente della Cei andrà dal Papa prima di leggere lunedì la sua prolusione e quelle parole avranno dunque un valore molto forte, anche per il dosaggio che sarà trovato tra i temi della biopolitica, i temi economico-sociali, l’allarme sulla moralità e la legalità.
Prima del 14 dicembre dai vertici episcopali arrivò un segnale favorevole al governo Berlusconi: meglio evitare la crisi al buio. La Chiesa italiana non vedeva all’orizzonte un’alternativa credibile e persino il passaggio all’opposizione di Fini (considerato ormai ”laicista”) accresceva le ostilità. Ora la sensazione è che parole così pesanti abbiano cambiato il quadro. Anche chi nella Chiesa preferisce una prevalenza del centrodestra, e ha insistito in queste settimane per l’ingresso dell’Udc nel governo al fine di favorire un dopo-Berlusconi guidato da cattolici, ora pensa che il «cambio» vada accelerato. L’impressione è che se la guida del governo passasse a Giulio Tremonti o allo stesso Gianni Letta non
mancherebbe certo la benedizione del Vaticano. Ma l’impressione è anche di un maggiore incoraggiamento ai centristi.
Intanto, però, Berlusconi è intenzionato a resistere e a dare battaglia. È un Berlusconi pronto ad andare alle elezioni pur di non mollare agli avversari o anche solo ad un successore interno. Pronto pure a sopportare il peso delle parole del Papa, che ovviamente cercherà di ridurre nel tempo, usando gli argomenti della politica e della diplomazia a sua disposizione.
Ieri Berlusconi non è andato al funerale dell’alpino Luca Sanna. Un cambio di programma dell’ultimo minuto. In occasione delle ultime esequie di militari uccisi in Afghanistan, il premier partecipò e fece la comunione. Chissà che tra le ragioni della sua assenza ieri non ci sia anche quella di evitare una polemica su una questione così personale, ma al tempo stesso così sensibile per la Chiesa e per la sua immagine presso i credenti.
© Copyright Il Messaggero, 22 gennaio 2011
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