Il Papa in Vaticano incontra il mondo
Ecco la nuova geografia del Corpo diplomatico
Gianni Cardinale
DA ROMA
Domani Benedetto XVI riceve in solenne udienza il corpo diplomatico accreditato in Vaticano. E tiene un atteso discorso, che quest’anno - presumibilmente - avrà come filo conduttore il tema della libertà religiosa, non privo di riferimenti concreti a determinate situazioni in cui questa libertà è ancora una chimera. È questo il momento dell’anno in cui risalta più solennemente il ruolo della Chiesa cattolica nello scenario «geopolitico » mondiale. Ruolo che, in base al sempre crescente numero di Paesi che vogliono intrattenere rapporti diplomatici con la Santa Sede, sembra continuare a suscitare un notevole interesse nella comunità internazionale. Basti ricordare che, come disvelato nei famosi cablogrammi diffusi da Wikileaks, l’ambasciata Usa in Vaticano in vista della visita del presidente Obama sottolineava come la Santa Sede fosse ormai seconda solo agli States per numero di Paesi con cui intrattiene rapporti diplomatici.
Eppure nel 1900 questi Paesi erano appena una ventina. Ma nel 1978 ammontavano già a 84. Nel 2005 erano 174. E con Benedetto XVI sono diventati 178. Nel 2006 infatti sono stati allacciati i rapporti col neonato Montenegro, nel 2007 con gli Emirati arabi uniti, nel 2008 col Botswana, il 9 dicembre 2009 infine è stata la volta della Federazione russa con cui c’erano già relazioni di natura speciale, come quelle che continuano a sussistere con l’Olp. La Santa Sede ha poi legami diplomatici con l’Unione europea e il Sovrano militare ordine di Malta, e mantiene osservatori permanenti presso le principali organizzazioni internazionali governative, come, ad esempio, l’Onu (nelle sedi di New York e Ginevra), il Consiglio d’Europa, la Fao, l’Unesco, il Wto e, inoltre, presso la Lega degli Stati arabi e l’Organizzazione dell’unità africana. Dell’Osce, poi, è membro fondatore.
Tra i Paesi con cui la Santa Sede ha rapporti diplomatici c’è anche la Cina-Taiwan dove però dal 1979 non risiede più un nunzio, ma solo un semplice «incaricato d’affari ad interim». E questo in attesa di poter trasferire finalmente - quando sarà possibile - la nunziatura a Pechino. Nel frattempo comunque un diplomatico vaticano risiede stabilmente nella cosiddetta «missione di studio» ad Hong Kong, pur figurando formalmente «consigliere culturale» nella nunziatura delle Filippine.
La Cina popolare infatti è il più grande tra i Paesi che non hanno rapporti diplomatici con la Santa Sede. Ma non è il solo. A parte il Kosovo - il cui inevitabile riconoscimento avverrà quando il suo status internazionale sarà meno controverso - , la Santa Sede non intrattiene ancora relazioni con sedici Stati, perlopiù asiatici, in buona parte a maggioranza islamica. In nove di questi Paesi non è presente nessun inviato vaticano (Afghanistan, Arabia Saudita, Bhutan, Cina popolare, Corea del Nord, Maldive, Oman, Tuvalu e Vietnam). Mentre sono in carica dei delegati apostolici (rappresentanti pontifici presso le comunità cattoliche locali ma non presso i governi) in altri sette Paesi: tre africani (Comore, Mauritania e Somalia) e quattro asiatici (Brunei, Laos, Malaysia, Myanmar). Con alcuni di questi Paesi comunque la Santa Sede ha già dei contatti. Con il Vietnam sono iniziate formalmente le trattative per arrivare a pieni rapporti diplomatici e, a questo fine, è prevista la nomina di un rappresentante vaticano non residenziale ad Hanoi (sarà il titolare della nuova nunziatura con sede a Singapore di prossima erezione).
Attualmente sono una ottantina i Paesi che hanno un ambasciatore residente a Roma. Gli altri sono rappresentati in genere da diplomatici residenti in altre capitali europee. È noto infatti che la Santa Sede non accetta ambasciatori accreditati anche presso il Quirinale. Un ulteriore segnale del crescente interesse diplomatico per la Santa Sede è testimoniato dal fatto che con papa Ratzinger sono diventati «residenti» gli ambasciatori di Australia e Camerun, di Timor Est e del Benin. Lo diventerà a breve anche quello della Guinea Conakry. Computando i due nuovi nunzi nominati ieri cui quanto prima verrà ufficializzata la destinazione sono ad oggi operativi in giro per il mondo 105 nunzi apostolici, alcuni dei quali «coprono » più Paesi. Appena più della metà (53) sono italiani, una percentuale inferiore rispetto al passato (nel 1961 provenivano dallo Stivale 48 nunzi su 58, l’83%; nel 1978 erano 55 su 75, il 73%). E questo trend è destinato a crescere visto che, ad esempio, con Benedetto XVI sono stati elevati all’episcopato 34 nunzi di prima nomina di cui «solo» tredici italiani (il 38%). Ancora dal Belpaese comunque vengono i rappresentanti pontifici in Paesi ecclesiasticamente e/o politicamente importanti come Francia, Spagna, Gran Bretagna, Polonia, Stati Uniti, Argentina, Brasile, Colombia, Israele-Gerusalemme e Palestina, e la stessa Italia. Gli altri nunzi provengono perlopiù dal resto dell’Europa (27, di cui sei spagnoli; cinque polacchi e francesi; tre svizzeri), ma anche dall’Asia (13, di cui sei dall’India e quattro dalle Filippine), dal Nord America (sei, tutti statunitensi), dall’Africa (quattro) e dall’America latina (due).
Da segnalare infine il particolare interesse diplomatico, oltre che pastorale, che il pontificato Benedetto XVI dedica all’Africa. In questo continente infatti la rete delle nunziature è stata rafforzata con due nuove sedi: in Burkina Faso nel 2007 e in Liberia nel 2008. Nel 2010 poi sono stati nominati tre «incaricati d’affari» stabilmente residenti in altri tre Paesi africani: Ciad, Gabon e Malawi. Senza contare la costruzione ex novo di un edificio adibito a nunziatura in Tripoli, possibile dopo il via libera di Gheddafi.
© Copyright Avvenire, 9 gennaio 2011
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1 commento:
I diplomatici sono non poco ammaccati dopo Assange...ma servono ancora.
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