Il Papa all’udienza generale parla di Santa Caterina da Genova: il Purgatorio non è un luogo ma un fuoco interiore
Santa Caterina da Genova, una laica vissuta a cavallo tra la metà del 15.mo secolo e il primo decennio del 16.mo, è stata questa mattina al centro dell’udienza generale di Benedetto XVI in Aula Paolo VI. Il Papa si è soffermato in particolare sulla descrizione che la Santa fece del Purgatorio, da lei indicato come una condizione interiore dell’anima che risale gradualmente all’originaria purezza divina. Al termine dell’udienza, Benedetto XVI ha ribadito che l’epoca attuale mette in luce per i cristiani “l’urgenza” di annunciare il Vangelo “con la loro vita”. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Non un luogo di tormenti sottoterra, ma un fuoco interiore che purifica l’anima. Cinquecento anni fa, così una donna genovese – che di mestiere faceva la direttrice del più grande ospedale cittadino dell’epoca – descrisse il Purgatorio. Nessuna scena apocalittica, come sarebbe stata più in tono con la sensibilità del tempo, ma l’immagine semplice e moderna di una fiamma che, consumando il peccato, riporta l’interiorità di un essere umano alla primitiva lucentezza. Ai novemila fedeli assiepati in Aula Paolo VI, Benedetto XVI ha riproposto la visione per cui la Santa di Genova passò alla storia, inquadrandola all’interno della sua vita di moglie e persona socialmente in vista, tentata da un decennio di mondanità che produce solo “vuoto” e “amarezza”, fino ad approdare all’incontro cruciale con Gesù, il 20 marzo 1473, durante una confessione bruscamente interrotta:
“Inginocchiatasi davanti al sacerdote, ‘ricevette - come ella stessa scrive - una ferita al cuore, d’un immenso amor de Dio’, con una visione così chiara delle sue miserie e dei suoi difetti e, allo stesso tempo, della bontà di Dio, che quasi ne svenne. Fu toccata nel cuore da questa conoscenza di se stessa, della vita vuota che conduceva e della bontà di Dio. Da questa esperienza nacque la decisione che orientò tutta la sua vita, espressa nelle parole: ‘Non più mondo, non più peccati’”.
Parte da qui, ha proseguito il Papa, la “vita di purificazione” di Caterina, segnata da un “costante dolore” per il peso del peccato, da un profondo contatto con Cristo nella preghiera e dall’acuta percezione della bontà di Dio. In questa esperienza di progressiva “unione mistica” – più tardi raccolta e descritta in un libro dal suo confessore – la futura Santa matura la sua percezione del Purgatorio. Una visione “originale”, ha riconosciuto il Pontefice, che pure non si configura come una vera e propria “rivelazione”:
“Il primo tratto originale riguarda il ‘luogo’ della purificazione delle anime. Nel suo tempo lo si raffigurava principalmente con il ricorso ad immagini legate allo spazio: si pensava a un certo spazio, dove si troverebbe il Purgatorio. In Caterina, invece, il Purgatorio non è presentato come un elemento del paesaggio delle viscere della terra: è un fuoco non esteriore, ma interiore. Questo è il Purgatorio, un fuoco interiore”.
In questa immagine e nei pensieri con i quali Caterina l’accompagna si condensa, ha considerato Benedetto XVI, il raffronto tra il “profondo dolore” patito per le sue personali miserie e l’“infinito amore di Dio” che l’ha perdonata. Anche questo influisce sull’immagine che la Santa genovese ha del Purgatorio:
“Non si parte, infatti, dall’aldilà per raccontare i tormenti del Purgatorio - come era in uso a quel tempo e forse ancora oggi - e poi indicare la via per la purificazione o la conversione, ma la nostra Santa parte dall’esperienza propria interiore della sua vita in cammino verso l’eternità (…) L’anima è consapevole dell’immenso amore e della perfetta giustizia di Dio e, di conseguenza, soffre per non aver risposto in modo corretto e perfetto a tale amore, e proprio l’amore stesso a Dio diventa fiamma, l’amore stesso la purifica dalle sue scorie di peccato”.
La spiritualità dei Caterina da Genova, ha osservato il Papa, si nutre di fonti teologiche antiche, come spesso accade nei Santi che sviluppano un intenso rapporto con il soprannaturale attraverso le letture sacre. Una costante che ha fatto soggiungere al Pontefice:
“I Santi, nella loro esperienza di unione con Dio, raggiungono un sapere’ così profondo dei misteri divini, nel quale amore e conoscenza si compenetrano, da essere di aiuto agli stessi teologi nel loro impegno di studio, di intelligentia fidei, di intelligentia dei misteri della fede, di approfondimento reale dei misteri, per esempio di che cosa è il Purgatorio”.
Attorno alla donna, immersa con grande disponibilità nei suoi doveri di responsabile d’ospedale, si coagulano negli anni entusiasmo e seguaci. Dio e il nosocomio, ha affermato il Papa, diventano i “poli” che riempiono totalmente la sua vita. Ma una vita tutt’altro che persa dietro e dentro fantasticherie interiori:
“Cari amici, non dobbiamo mai dimenticare che quanto più amiamo Dio e siamo costanti nella preghiera, tanto più riusciremo ad amare veramente chi ci sta intorno, chi ci sta vicino, perché saremo capaci di vedere in ogni persona il volto del Signore, che ama senza limiti e distinzioni. La mistica non crea distanza dall’altro, non crea una vita astratta, ma piuttosto avvicina all’altro, perché si inizia a vedere e ad agire con gli occhi, con il cuore di Dio”.
Proprio la particolare dedizione della Santa genovese verso gli ammalati ha suggerito al Papa un pensiero conclusivo:
“Il servizio umile, fedele e generoso, che la Santa prestò per tutta la sua vita nell’ospedale di Pammatone, poi, è un luminoso esempio di carità per tutti e un incoraggiamento specialmente per le donne che danno un contributo fondamentale alla società e alla Chiesa con la loro preziosa opera, arricchita dalla loro sensibilità e dall’attenzione verso i più poveri e i più bisognosi”.
E ai malati, così come ai giovani e ai nuovi sposi, Benedetto XVI ha poi affidato una sua premura al termine dell’udienza generale e dei saluti nelle altre lingue. “Le vicende di questa nostra epoca – ha detto – mettono ben in luce quanto sia urgente per i cristiani annunciare il Vangelo con la vita”. Siate dunque, ha concluso…
“…seminatori di speranza e di gioia (…) a beneficio della Chiesa e del mondo”.
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