Jeff King: «Persecuzioni "nascoste": media spesso responsabili»
Lorenzo Fazzini
Dal 2002 presiede una delle più importanti organizzazioni non governative interessate alla questione della libertà religiosa nel mondo. International Christian Concern è un’associazione americana con sede a Washington, in prima linea nella difesa, denuncia e solidarietà per i cristiani perseguitati nel mondo. Dal suo osservatorio Jeff King, che guida questa ong sorta nel 1995, già dipendente di una banca e ora dedito a tutelare «tutti i cristiani, al di là delle diverse appartenenze», sottolinea con forza la sua adesione al discorso pronunciato ieri da Benedetto XVI al corpo diplomatico: «Il Papa ha ragione nel dire che la libertà religiosa fa progredire la pace. Dove il diritto di credere viene garantito, anche i diritti umani trovano un miglioramento concreto».
Dottor King, come accoglie il discorso del Pontefice in cui centrale risulta il tema della piena libertà di credere?
È una cosa meravigliosa che il Papa continui a sottolineare l’importanza della libertà religiosa. Negli ultimi anni, ha fatto molte dichiarazioni sulla persecuzione anti-cristiana e ha anche chiamato in causa un certo tipo di islam come origine di questa situazione. La sua voce e il suo giudizio sono di un’importanza senza paragoni a livello mondiale per sollevare la questione.
Il Papa denuncia che le discriminazioni contro i cristiani, registrate in varie parti del mondo, rimangono spesso sottaciute o considerate «meno gravi» di altre. Dal suo punto di osservazione concorda con questa affermazione?
Assolutamente sì.
I media occidentali, per qualsivoglia ragione, tendono a ignorare anche i più gravi fatti di persecuzione. E se capita che gli stessi mass media raccontino questi fatti, lo fanno utilizzando quel tipico modello che interpreta tali vicende anti-cristiane come "violenze settarie", cioè inter-religiose, e non come rivolte contro i cristiani. Due gli esempi più lampanti: gli assalti nello Stato delll’Orissa, in India, nell’autunno del 2009, e quanto successo tra il 1998 e il 2003 in Indonesia.
Nel suo discorso Benedetto XVI segnala alcune situazioni particolari dove – nel corso dell’ultimo anno – la libertà religiosa ha avuto alcuni miglioramenti, ad esempio Vietnam e Cuba. Nel vostro recente rapporto sulle persecuzioni anti-cristiane del 2010, segnalate che sono i Paesi islamici a destare le maggiori preoccupazioni.
Se guardiamo ai Paesi a guida politica comunista, eccetto la Corea del Nord, vediamo che Cuba, Vietnam e Cina (in senso largo) stanno migliorando il loro atteggiamento sul fronte della libertà religiosa. Dall’altro lato, purtroppo, assistiamo a un continuo peggioramento della persecuzione verso i cristiani nei Paesi a maggioranza islamica: lo riscontriamo in Pakistan, in Iraq e in Egitto. Da al-Qaeda, poi, è arrivato a tutti i fondamentalisti l’ordine di colpire i cristiani nell’intero Medio Oriente.
Il Papa afferma inoltre, rovesciando un luogo comune, che la religione è motivo di progresso per un popolo, e non di arretramento. Perché dunque la libertà religiosa non viene promossa e "spiegata" come un diritto umano?
La libertà religiosa è il diritto umano fondamentale. Rappresenta quel diritto che sta alla base degli altri e che comprende i diritti di coscienza, di credo, di parola... Quando si contribuisce e si sostiene la libertà religiosa, si fa qualcosa che permette alla causa dei diritti umani di avanzare su un piano più generale. Spesso gli esseri umani tendono ad essere timorosi verso gli stranieri, diffidenti e pronti a condannare chiunque sia diverso. I governi devono dunque assumersi la responsabilità di appoggiare e proteggere le minoranze religiose che si trovano all’interno dei propri territori e garantire la loro effettiva libertà di credo. Se questo viene assicurato, allora migliorerà pure la situazione dei diritti umani in quei Paesi.
© Copyright Avvenire, 11 gennaio 2011 consultabile online anche qui.
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