martedì 11 gennaio 2011

Quello di Joseph Ratzinger può considerarsi il Papato dei diritti umani, della tutela dei credenti di ogni religione contro la violenza e la sopraffazione (Cardia)

Regresso da fermare

Ciò che a tutti è dovuto

Carlo Cardia

Il fondamento della pace è il diritto di libertà religiosa per tutti gli uomini, e questo diritto è il primo dei diritti universali perché riguarda «la dimensione costitutiva dell’uomo, cioè la sua relazione con il Creatore».
Benedetto XVI ha inviato al mondo questo messaggio parlando ieri al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Siamo di fronte a un momento importante del magistero del Papa, che assume il carattere universale proprio della funzione petrina in virtù della quale si rivolge a tutti gli uomini, senza confini di geografia, cultura, religione. Il Papa parla con partecipazione delle sofferenze che i cristiani hanno subito lo scorso anno in diversi Paesi, in Iraq e in Egitto dove la violenza ha seminato morte, dolore, smarrimento, senza neanche fermarsi di fronte ai fedeli raccolti in preghiera nel tempio. Il martirio torna a coronare la fedeltà dei credenti alla parola di Dio, ma, ricorda il Papa, il mondo regredisce, colpisce coloro che «sono cittadini originali e autentici, leali alla loro patria e fedeli a tutti i loro doveri nazionali».
La libertà religiosa subisce tante altre limitazioni. In Cina il regime impone associazioni patriottiche separate da Roma; in Medio Oriente la violenza affiora di continuo, spesso è garantita solo la libertà di culto, a volte neanche questa, perché la diffusione del messaggio evangelico è ostacolata, frenata, messa a rischio; nel Sud-Est asiatico riemergono violenza e discriminazioni per coloro che non sono della religione di maggioranza. Nella seconda parte del discorso, Benedetto XVI guarda all’Occidente e disvela altri limiti, più sottili e sofisticati, frapposti alla libertà della fede. Registriamo una strisciante emarginazione della religione, atti precisi che violano la coscienza dei fedeli, e provocano un risultato pesante realizzando «una sorta di scala nella gravità dell’intolleranza verso le religioni».
Noi europei conosciamo bene quest’ultimo fenomeno, perché da tempo si tollerano offese, ingiurie, perfino oscenità, verso la religione cristiana e le sue figure più sacre, come non avviene per altre religioni, mentre le persecuzioni e il martirio di tanti cristiani crea assuefazione, abitudine, quasi indifferenza. Ma in Europa si vogliono eliminare anche i simboli religiosi dagli spazi pubblici, si nascondono festività e ricorrenze che fanno parte della nostra secolare tradizione, si introducono corsi di educazione sessuale o civile che contrastano con gli orientamenti formativi della famiglia, senza riconoscere ai ragazzi neanche il diritto di esserne esentati. In alcuni Paesi è limitato il diritto di obiezione di coscienza in materia di aborto, famiglia, affidamento dei minori.
Benedetto XVI non nasconde nessuna situazione di sofferenza, e lo fa mandando un messaggio di speranza e di incoraggiamento a coloro che lavorano per superare le persecuzioni, la discriminazione, l’emarginazione. La religione non è nemica all’uomo, non costituisce un problema sociale, non porta turbamento o conflitto. La religione lavora per il bene dell’uomo, educa le nuove generazioni a una moralità positiva per i giovani e per la società che dovranno costruire, e per questo motivo una società che difende la libertà religiosa tutela sé stessa e il proprio futuro. L’intervento del Papa induce, poi, a una riflessione più ampia.
Con la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1948 si riteneva che la libertà religiosa, insieme ad altri diritti umani, potesse considerarsi acquisita a un patrimonio normativo e culturale dell’umanità, mentre oggi si deve registrare un regresso perché essa è negata in molte parti del mondo, in altre subisce limitazioni, in Europa addirittura la religione è vista con diffidenza, è emarginata, si offuscano le radici storiche e culturali che sono alla base della formazione dell’Occidente. Benedetto XVI sente che l’Occidente è debole e incerto sui propri valori ideali, pone la libertà religiosa al centro dell’azione internazionale della Santa Sede, richiama le autorità nazionali e internazionali a considerare la libertà della fede al vertice dei diritti universali, da tutelarsi in ogni parte della terra. Anche perciò, il papato di Joseph Ratzinger può considerarsi il papato dei diritti umani, della tutela dei credenti di ogni religione contro la violenza e la sopraffazione.

© Copyright Avvenire, 11 gennaio 2011 consultabile online anche qui.

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