sabato 15 gennaio 2011

Vian: «Ratzinger sa bene quanto Wojtyla ha influito non solo sui cattolici. E' entrato nella valutazione non tanto il suo pontificato o le eventuali ombre quanto lo straordinario profilo personale e spirituale dell’uomo» (Scaramuzzi)

«Ratzinger sa bene quanto ha influito non solo sui cattolici»

Iacopo Scaramuzzi

— ROMA —

NEGLI ultimi dieci secoli nessun Papa ha beatificato il suo immediato predecessore. Professor Giovanni Maria Vian, perché Ratzinger ha preso questa decisione eccezionale?

«Ratzinger ha conosciuto bene Karol Wojtyla. Per un quarto di secolo è stato suo collaboratore e testimone dell’incidenza che Giovanni Paolo II ha avuto non solo sui cattolici. Come altri Papi della storia, poi, Wojtyla era oggetto di devozione popolare già in vita».

Perché il processo di beatificazione di Wojtyla, partito a spron battuto, era sembrato a un certo punto arenarsi?

«Credo che le frenate siano state un’impressione mediatica, una percezione di chi lo avrebbe voluto santo subito. In realtà, dopo la dispensa iniziale, il processo si è svolto in modo normale, senza accelerazioni né frenate».

Nel corso dell’ultimo anno alcuni scandali risalenti al pontificato di Wojtyla sono sembrate gettare un’ombra sulla sua figura…

«Con la beatificazione la Chiesa mostra la santità personale di un Servo di Dio. Nel caso di un Papa come Wojtyla è entrato nella valutazione non tanto il suo pontificato o le eventuali ombre quanto lo straordinario profilo personale e spirituale dell’uomo».

Una beatificazione così veloce non rischia di non avere il giusto distacco storico?

«La beatificazione riguarda la figura complessiva di Karol Wojtyla, compresi gli anni precedenti al pontificato. Ci vorranno decenni per una vera valutazione, che comunque già comincia con ottimi storici come il francese Bernard Lecomte».

Ratzinger ha evidenti differenze di stile e di governo rispetto a Wojtyla, ma ne riprende intuizioni come la convocazione per il prossimo ottobre di un vertice interreligioso ad Assisi. Che rapporto avevano?

«Wojtyla ha voluto Ratzinger a Roma quattro anni dopo essere stato eletto Papa e non lo ha lasciato più. Ne aveva una stima enorme. Nessun atto dottrinale del pontificato di Giovanni Paolo II è avvenuto senza l’avallo di Ratzinger. Da questo punto di vista c’è una continuità fortissima. Poi sono due uomini di formazioni molto diversa, un filosofo e un mistico, Wojtyla, un teologo, Ratzinger».

E con le altre religioni?

«Con l’islam in particolare, la linea tra i due è la stessa: collaborare per togliere spazio ai violenti. Gli accenti, certo, sono diversi: le visioni di Wojtyla erano più mistiche e politiche. Ratzinger, che è molto meno politico, punta però ai risultati concreti».

© Copyright Quotidiano Nazionale, 15 gennaio 2011 consultabile online anche qui.

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